nomadi_digitali 

I racconti di chi ha cambiato vita ✌

Attraversare l'oceano su un mercantile a vela? Possibile!

Giro del mondo a emissioni zero

barca_a_velaL’inverno scorso per proseguire il mio viaggio intorno al globo mi sono ritrovata alle Canarie a fare barca-stop, sperando qualcuno mi portasse dall’altro lato dell’oceano. 

L'arcipelago spagnolo è il luogo ideale per cercare un passaggio: da novembre a febbraio è una tappa quasi obbligatoria per tutti i vascelli diretti verso ponente. Il posto giusto al momento giusto insomma; nel giro di pochi giorni sono riuscita nella mia impresa, entrando a far parte dell’equipaggio dell’Avontuur!

Imparare a veleggiare

Per la seconda volta in vita mia, ci stavo mettendo i piedi sopra...sulla barca a vela!

Proprio così, prima di iniziare il viaggio, non ero mai salita su un'imbarcazione di questo tipo. Il primo passaggio mi ha portato dal Sud dell’Inghilterra fino a Tenerife, attraversando il canale inglese a forza nove e soffrendo il mal di mare per tre giorni consecutivi. 

La traversata atlantica sarebbe stata la mia seconda esperienza in mare. Non avevo un gran curriculum per essere presa a bordo; ma credo che, rmanendo positivi e non rinunciando ai propri sogni, tutto sia possibile. Così, dopo aver bussato alla porta di ogni imbarcazione del porto, mi sono imbattuta nell’Avontuur.

L’Avontuur. 

darinkaNon è una barca a vela qualunque, ma un mercantile di 44 metri e oltre cent’anni.

Un’imbarcazione grande, che nonavrebbe potuto, come le altre, rifiutare la mia bici a bordo per questioni di spazio. 

Li ho contattati inizialmente via email, sapendo che cercavano equipaggio pagante. 

Sul poster che avevano affisso alla marina chiedevano 3.500 euro e io tutti quei soldi non li avevo. Così ho proposto, per ottenere un posto a bordo, di  realizzare un video pubblicitario della traversata più 500 euro per compensare le spese della mia presenza. 

Nell’email successiva scesero a 2.000 ma io rimasi ferma alla mia unica offerta possibile. Il giorno prima della partenza, dato che avevano ancora un posto vuoto da riempire, mi confermano che avrei potuto salire a bordo. 

Difficile esprimervi la gioia di quel momento! 

Inforco la bici e vado a festeggiare nel mio ristorante di pesce preferito, una piccola cooperativa di pescatori sulla spiaggia della Teresitas, con una bella bottiglia di vino bianco. «L’ultima cena sulla terra ferma» sospiro tra me e me ammirando il mare, la mia futura casa per le prossime settimane. Con la pancia e l’anima piene, ritorno verso il porto e mi presento al resto dell’equipaggio che, gentilmente, mi indica il letto. 

Siamo quindici in totale, di cui altri nove sono “trainee” (apprendisti), come me. 

L’età varia dai 19 ai 65 anni e sono quasi tutti tedeschi (a parte un paio di olandesi, un australiano e un americano). Mi parlano del progetto e li ascolto a bocca aperta. 

Un uomo di nome Cornelious, un sognatore che per tanti anni ha lavorato nell’industria del petrolio, un bel giorno decide di cambiare vita e fare la rivoluzione contro i colossi per cui aveva lavorato fino a poco prima. 

Una rivoluzione intelligente, una retromarcia pulita. 

Decide che è arrivato il momento di salpare grazie a un mezzo di trasporto eco-sostenibile e, con tutti i suoi risparmi, compra l’Avontuur.  Una vecchia imbarcazione nata come mercantile, tornata a galla per continuare a svolgere il suo compito originale. Grazie all’aiuto di centocinquanta volontari provenienti da tutto il mondo, viene completamente ristrutturata, pronta per partire per il suo primo viaggio transatlantico.

La lunga traversata

avontuur-2L’indomani abbandoniamo le coste spagnole. Il nostro viaggio non sarà dei più facili: a bordo ci attendono una montagna di problemi tecnici, tanto da non poter usare nè elettricità nè acqua dolce per lavarci. 

Il mio video, non potendo caricare le batterie della videocamera, non verrà mai realizzato.  Due settimane intere rimaniamo completamente immobili in mezzo all’Atlantico non essendoci nemmeno un soffio di vento. 

Il capitano, piuttosto inesperto e poco gradevole, crea un'atmosfera di scontento tra la ciurma. 

Le cinque settimane in mare aperto sembrano non finire mai, tra turni interminabili a prendere la ruggine a martellate sul ponte e le vele vuote che sbattono di continuo. 

Essere in mezzo all’Atlantico e vederlo più calmo del mio Lago Maggiore è un'esperienza a volte esasperante e a volte surreale. Soprattutto quando, nelle notti senza luna, il plancton s’illumina al nostro passaggio e le stelle si riflettono sullo specchio creato dalla superficie del mare liscio come l’olio.

Il vulcano La Pelée (Caraibi) fa capolino all’orizzonte. 

Terra! Per quanto sia stata dura, la felicità di questo momento ha ripagato ogni frustrazione.

Ce l’abbiamo fatta!

 Interessati a prendere parte a una delle prossime spedizioni dell’Avontuur? Il capitano non è più lo stesso e i problemi tecnici dovrebbero essere stati risolti! 

Sul sito potete visualizzare i viaggi futuri e mandare la vostra richiesta a https://timbercoast.com/ . 

Oppure su https://fairtransport.eu/ potete trovare altre imbarcazioni a vela sulle quali diventare aspiranti marinai!

di Darinka Montico 

Blogger, traveller e autrice di libri

Un piccolo video messaggio dalla nostra travel blogger!

 

Walkaboutitalia: l'Italia a piedi, senza soldi, raccogliendo sogni»

 

Mondonauta»

mondonauta L'Italia a piedi senza soldi

 

 

 

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Mollo tutto, scopro l'India e ora insegno meditazione ai manager

Da Verona all'Himalaya

 

dario-calvarusoIn che momento capiamo qual è il nostro destino? La vocazione della vita, il momento di fermarsi e dire «Ho trovato il mio posto nel mondo»? O, al contrario, quando percepiamo la necessità di cambiare, di rivoluzionare  la nostra quotidianità? Chiamatemi ottimista ma credo che, prima o poi, questa consapevolezza arrivi per tutti.

 

Per alcuni questo passaggio avviene a trent'anni, per altri a cinquanta. Per Dario Calvaruso, trentanovenne veronese, la chiamata è arrivata quando ne aveva appena ventuno. L'Italia, nonostanti i pochi decenni di vita, gli stava già troppo stretta. Così lascia tutto: terra d'origine, famiglia, ufficio...e si trasferisce in India.

 

Quindici anni da asceta

draio-calvaruso-6«Ho abbandonato il lavoro, venduto la macchina e sono partito. Avevo bisogno di scoprire me stesso, quello che volevo davvero dalla vita».

Dario trascorre in India quindici anni da spirito libero: senza proprietà nè fissa dimora, vivendo in caverne sull'Himalaya a 4000 metri d'altezza.

«Ho conosciuto maestri zen e sono loro che mi hanno insegnato le basi della meditazione, lo yoga e l’ayurveda (medicina tradizionale indiana). Mi sono curato da uno stile di vita malsano. Vivevo come un monaco con quel poco che mi serviva per sopravvivere».

Dopo aver costruito il suo bagaglio, il giovane veronese decide che è arrivato il momento di trasmettere le sue conoscenze  A poco a poco si fa pubblicità e comincia a raggruppare la prima cerchia di studenti. «Venivano da me e poi portavano amici,familiari. È stato tutto così spontaneo. Ero uno straniero che insegnava discipline che erano appannaggio di maestri indiani. Forse questo attirava».

 

Meditazioni aziendali

dario-calvaruso-10La fame del giovane asceta europeo cresce:  viaggia in India e Sri Lanka per workshop e seminari. Per un periodo torna anche in Italia ma non trova ancora una volta il proprio posto. Così riparte destinazione Hong Kong. Obiettivo? Aprire un centro yoga.

Nel Sud -Est asiatico dar vita ad un'azienda non è difficile come in Italia. Così Dario decide di mettersi in proprio; la famiglia lo aiuta per un primo finanziamento.

Così inaugura Holistic Wellness, centro yoga che utilizza "una filosofia dinamica e sistematica. che considera tutte le dimensioni dell'individuo: fisica, emotiva, psicologica, socio-culturale , ambientale e spitituale" mescolando discipline antiche e moderne come ayurveda, Counseling, Yoga, Fitness, Alimentazione, Nuat Boran massaggi thailandesi).

«Mi sono accorto che da me venivano molti manager, per ridurre stress e dolore fisico. Da lì l’idea di portare lo yoga direttamente nelle aziende, estendendo i benefici ai dipendenti». L'idea di portare yoga e meditazione in un contesto professionale è quella che gli ha portato più fortuna. Oggi Dario collabora con privati multinazionali ed enti (come la Camera di Commercio di italiana a Hong Kong e Macao).

Il prezzo per un suo workshop di 90 minuti? Dai 600 ai 3500 euro, 130 per un corso privato. «Lavoro dalle 10 alle 22. Mi sveglio presto al mattino e faccio meditazione. Per ora mi diverto tanto a fare questo lavoro. Per il futuro non so. Anche questa esperienza si esaurirà. E m’inventerò qualcos’altro per essere felice».

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di Irene Caltabiano

 

 

 

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Mr Polenta, come l'oro del Nord è approdato in Tahilandia

La motivazione? 

mr-polentaIl gioco non vale la candela: troppo lavoro e poche soddisfazioni, sia economiche che personali.

La storia di Marco Cantamessa, quarantasettenne bergamasco, è quella di tanti italiani che, stanchi della vita nel Bel Paese, cercano fortuna altrove. Magari spinti in un primo momento da ragioni di cuore.

Marco, precedentemente impiegato nell'azienda di famiglia, ha scelto Pattaya, località fra le più ambite del Sud Est asiatico. Lombardo doc e abituato al clima freddo, si innamora di spiagge e mare cristallino, incontrando persino l’amore: Nok, la donna che lo spinge a viaggiare verso quelle terre esotiche due volte l’anno.

Comincia così a farsi strada l’idea di rimanere lì stabilmente, magari aprendo un’attività commerciale nel campo della gastronomia. Ma su cosa puntare in un luogo dove ci sono già almeno 200 ristoranti italiani? 

Qualcosa di nuovo e originale: Marco ama la polenta, che l’anziana mamma prepara due volte a settimana. Impossibile rimanere senza. Così se la montagna non va da Maometto…Maometto apre una polenteria.

La polenta incontra la tradizione

polenta-7«Ho realizzato che la pannocchia è alla base della cucina locale e allora perché non provare a proporre il mais in altra forma?». In Tailandia inoltre, come per quasi tutti gli italiani all'estero, vige l'effetto "nostalgia del buon cibo"; in Asia infatti vivono molti pensionati che rimpiangono i piatti della cucina nazionale, costituendo una fetta di mercato già assicurata.

Dalla classica a quella accompagnata da cinghiale e capriolo, oppure con Edamer o fontina, l’oro giallo comincia a poco a poco a conquistare anche i palati tailandesi, soprattutto il gusto maschile.

 

I clienti più entusiasti al momento sono però i turisti, inglesi e francesi, che magari hanno provato quella prelibatezza in Italia. «Anche se il più felice è stato un bresciano, che varcata la soglia del locale ha urlato “Finalmente posso mangiarmi la polenta!».

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Per andare incontro al gusto locale Nok (che nel frattempo è diventata l’ex compagna) prepara anche piatti appositamente per i locali. La sua presenza è stata fondamentale perchè in Thailandia è impossibile per uno straniero avere un'attività propria. La vendita infatti deve essere sempre gestita da un locale.

Leggi anche: Il mio Laos

 Sulle tavole tailandesi infatti non può mai mancare il riso, che per loro è fondamentale (come per noi il pane). Anche pranzo e cena si fanno più tardi rispetto all'Italia e invece dei tre canonici al giorno se ne fanno almeno cinque ma mai abbondanti. «Ecco perché credo che terrò aperto dalle 11 a.m a mezzanotte, sette giorni su sette. Stavamo pensando di introdurre la pasta, con i classici sughi di ragù di cinghiale e capriolo».

Altro elemento da considerare? La polenta va consumata calda e in Thailandia non si va mai sotto i venti gradi. «Punto dunque su due strategie: qualità, servendomi di farine importate dall’Italia, ed effetto novità» dice Marco.

Vantaggi e svantaggi della Thailandia

Inizialmente Cantamessa cerca di importare le materie prime da solo, ma la cosa si rivela più complicata del previsto, per cui si affida a importatori professionisti. La burocrazia infatti è complicatissima come quella italiana. Per questo decide di farsi aiutare fin dall’inizio da un commercialista italiano di Bangkok. «Così sono riuscito a evitare tante truffe che magari hanno spezzato i sogni di tanti connazionali».

Per i farang, come i tailandesi denominano gli stranieri, esiste il divieto di svolgere qualsiasi attività manuale. Inoltre se si sceglie un visto annuale di soggiorno, si dovranno spendere più soldi per ottenerlo e subire controlli più rigidi sulla gestione dell’attività.

Leggi anche: Cos'ha da offrire la Thailandia a un farang?

Insieme alle difficoltà però ci sono altrettanti punti a favore. Le tasse in Tailandia sono al 20% e l’Iva è del 7%, valori che consentono di condurre un’esistenza agiata senza ammazzarsi di lavoro. Le persone, inoltre, sono molto più rilassate.«Mi ha conquistato il loro modo di vivere: forse influisce il fatto che la popolazione sia per lo più buddhista, ma la gente è serena, sempre conciliante. I ritmi di vita non sono frenetici, a differenza di come siamo abituati noi in Lombardia».

L'idea dunque, partita come bizzarra, non lo era poi così tanto dal momento che i risultati  stanno arrivando poco alla volta. Anche se i flussi turistici sono cambiati: sempre meno europei e più cinesi  e indiani.

Thailandia si o Thailandia no insomma? Prima di trasferirsi è sempre meglio soppesare costi e benefici. «Rispetto all’Italia, qui si vive con molto meno stress e molta più sicurezza. La qualità della vita è più alta. Bergamo non mi manca e nemmeno l’Europa: se dovessi lasciare la Thailandia mi sposterei in un altro Paese asiatico, magari la Cambogia».

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Irene Caltabiano

 

 

 
 

 

 

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