Il mercato si caratterizza sempre più per una pioggia di prodotti offerti. Cibo, abbigliamento, tempo libero: il cosiddetto imbarazzo della scelta rischia di rovesciarsi in una condanna, per chi si trova davanti allo scaffale di un negozio e deve scegliere cosa comprare. La scelta si gioca spesso in una manciata di secondi, e questo ha contribuito ad amplificare considerevolmente la fame di informazioni da parte del consumatore. Scelta consapevole sembra diventato il motto.
Dal canto loro, le imprese hanno fatto di necessità virtù: per essere competitive hanno infatti dovuto adeguarsi al doppio imperativo dell’esaustività e dell’appetibilità. Bollini, loghi e tabelle nutrizionali si sono così moltiplicati, dapprima soprattutto per dimostrare la propria diversità dai concorrenti, e successivamente per soddisfare il bisogno di storytelling insito nell’animo umano, che si è rivelato anche leva particolarmente utile in termini di marketing. Quale mezzo più efficace e immediato per far giungere un messaggio al consumatore, se non la confezione stessa del prodotto?
Le etichette costituiscono quindi un patrimonio informativo prezioso, e consentono di ricostruire i diversi target di consumatori evidenziando i fattori che orientano le loro scelte. Ma come mettere a frutto l’enorme mole di dati a disposizione sulle varie confezioni? Il lavoro, certosino e complesso, viene svolto oggi dall’Osservatorio Immagino, nato dalla collaborazione tra GS1 Italy e Nielsen.
Qual è il metodo adottato dall’Osservatorio Immagino?
Questo attinge alle informazioni presenti sulle etichette di un campione dei circa 80mila prodotti di largo consumo digitalizzati da Immagino di GS1 Italy; tra gli elementi presi in considerazione, gli ingredienti, le tabelle dei valori nutritivi, eventuali certificazioni e le istruzioni di utilizzo. Tali dati sono stati incrociati con i risultati delle indagini condotte da Nielsen in riferimento a consumi, vendite e fruizione dei media (Tv- Internet).
Osservatorio Immagino evidenzia quindi in che modo le informazioni raccolte dagli utenti determinano i risultati di mercato, fornisce spunti utili a ottimizzare questa relazione in ambo le direzioni, e individua le tendenze di consumo emergenti.
I numeri dello studio
La prima indagine è stata condotta sui dati dello scorso anno relativi a circa 60mila prodotti di largo consumo che hanno generato 30 miliardi di euro di vendite, pari al 74% del totale proveniente da ipermercati e supermercati. GS1 Italy e Nielsen mirano ad ampliare gradualmente il campione esaminato.
L’identikit dei consumi
Tra gli elementi messi in luce dall’Osservatorio Immagino si rileva l’impiego crescente di prodotti free from: quelli senza glutine, senza sale, e senza grassi saturi, ad esempio, hanno registrato i risultati più incoraggianti. Domanda e offerta sono infatti andate di pari passo, a differenza degli alimenti senza olio di palma o a basso contenuto calorico, che hanno ottenuto risultati tiepidi sul piano dei consumi.
Contestualmente, sono risultati particolarmente apprezzati i prodotti arricchiti: sono tornati di moda quelli integrali, che si sono rivelati i best performer dell’anno, grazie a un aumento delle vendite del 23% circa.
Parallelamente a quanto accade nella società, hanno assunto un rilievo crescente i consumatori vegani, e quelli costretti a convivere con intolleranze alimentari. Le persone mature sono poi quelle più affezionate alla tradizione, come dimostra il massiccio impiego di prodotti DOP.
Insomma, l’Osservatorio Immagino registra un bisogno diffuso di salute e benessere, accompagnato da una consapevolezza sempre più estesa dell’importanza di uno stile di vita sostenibile. Ciò spiega perché, per quanto riguarda i prodotti legati alla cura della persona, quelli cruelty free, made in Italy o contenenti noce di cocco, calendula e soia riscuotono un apprezzamento crescente.
In quanto consumatori, esercitiamo un’attrazione indiscussa sulle aziende. Tuttavia, l’attenzione di queste rimane, sostanzialmente, focalizzata sui numeri raggiunti. Il quanto risulta decisamente più importante del come: veg e bio piacciono, perciò bisogna spingere, sfruttare il più possibile la nuova nicchia di mercato. Poco o nulla si fa invece per combattere i prezzi spesso proibitivi, che rendono tali prodotti degni di un’élite. Così, resta incollata addosso la sgradevole sensazione di essere minuziosamente profilati per essere spremuti come limoni, nell’ottica di replicare la “sorte” del maiale”. Ovvero, quello di cui non si butta via niente.
Il mercato si caratterizza sempre più per una pioggia di prodotti offerti
Cibo, abbigliamento, tempo libero: il cosiddetto imbarazzo della scelta rischia di rovesciarsi in una condanna, per chi si trova davanti allo scaffale di un negozio e deve scegliere cosa comprare. La scelta si gioca spesso in una manciata di secondi, e questo ha contribuito ad amplificare considerevolmente la fame di informazioni da parte del consumatore. Scelta consapevole sembra diventato il motto.
Dal canto loro, le imprese hanno fatto di necessità virtù: per essere competitive hanno infatti dovuto adeguarsi al doppio imperativo dell’esaustività e dell’appetibilità. Bollini, loghi e tabelle nutrizionali si sono così moltiplicati, dapprima soprattutto per dimostrare la propria diversità dai concorrenti, e successivamente per soddisfare il bisogno di storytellinginsito nell’animo umano, che si è rivelato anche leva particolarmente utile in termini di marketing. Quale mezzo più efficace e immediato per far giungere un messaggio al consumatore, se non la confezione stessa del prodotto?
Le etichette costituiscono quindi un patrimonio informativo prezioso, e consentono di ricostruire i diversi target di consumatori evidenziando i fattori che orientano le loro scelte. Ma come mettere a frutto l’enorme mole di dati a disposizione sulle varie confezioni? Il lavoro, certosino e complesso, viene svolto oggi dall’Osservatorio Immagino, nato dalla collaborazione tra GS1 Italy e Nielsen.
Qual è il metodo adottato dall’Osservatorio Immagino?
Questo attinge alle informazioni presenti sulle etichette di un campione dei circa 80mila prodotti di largo consumo digitalizzati da Immagino di GS1 Italy; tra gli elementi presi in considerazione, gli ingredienti, le tabelle dei valori nutritivi, eventuali certificazioni e le istruzioni di utilizzo. Tali dati sono stati incrociati con i risultati delle indagini condotte da Nielsen in riferimento a consumi, vendite e fruizione dei media (Tv- Internet).
Osservatorio Immagino evidenzia quindi in che modo le informazioni raccolte dagli utenti determinano i risultati di mercato, fornisce spunti utili a ottimizzare questa relazione in ambo le direzioni, e individua le tendenze di consumo emergenti.
I numeri dello studio
La prima indagine è stata condotta sui dati dello scorso anno relativi a circa 60mila prodotti di largo consumo che hanno generato 30 miliardi di euro di vendite, pari al 74% del totale proveniente da ipermercati e supermercati. GS1 Italy e Nielsen mirano ad ampliare gradualmente il campione esaminato.
L’identikit dei consumi
Tra gli elementi messi in luce dall’Osservatorio Immagino si rileva l’impiego crescente di prodotti free from: quelli senza glutine, senza sale, e senza grassi saturi, ad esempio, hanno registrato i risultati più incoraggianti. Domanda e offerta sono infatti andate di pari passo, a differenza degli alimenti senza olio di palma o a basso contenuto calorico, che hanno ottenuto risultati tiepidi sul piano dei consumi.
Contestualmente, sono risultati particolarmente apprezzati i prodotti arricchiti: sono tornati di moda quelli integrali, che si sono rivelati i best performer dell’anno, grazie a un aumento delle vendite del 23% circa.
Parallelamente a quanto accade nella società, hanno assunto un rilievo crescente i consumatori vegani, e quelli costretti a convivere con intolleranze alimentari. Le persone mature sono poi quelle più affezionate alla tradizione, come dimostra il massiccio impiego di prodotti DOP.
Insomma, l’Osservatorio Immagino registra un bisogno diffuso di salute e benessere, accompagnato da una consapevolezza sempre più estesa dell’importanza di uno stile di vita sostenibile. Ciò spiega perché, per quanto riguarda i prodotti legati alla cura della persona, quelli cruelty free, made in Italy o contenenti noce di cocco, calendula e soia riscuotono un apprezzamento crescente.
In quanto consumatori, esercitiamo un’attrazione indiscussa sulle aziende. Tuttavia, l’attenzione di queste rimane, sostanzialmente, focalizzata sui numeri raggiunti. Il quanto risulta decisamente più importante del come: veg e bio piacciono, perciò bisogna spingere, sfruttare il più possibile la nuova nicchia di mercato. Poco o nulla si fa invece per combattere i prezzi spesso proibitivi, che rendono tali prodotti degni di un’élite. Così, resta incollata addosso la sgradevole sensazione di essere minuziosamente profilati per essere spremuti come limoni, nell’ottica di replicare la “sorte” del maiale”. Ovvero, quello di cui non si butta via niente.
Media e classe politica non fanno che ripeterlo, forse sperando di indurre un effetto placebo nella comunità. Quel che è certo, però, è che non siamo riemersi in modo indolore dalle sabbie mobili della recessione.
Dopo otto anni, timidamente torna a fare capolino il segno più davanti ad alcuni indicatori economici, ma, se ci guardiamo allo specchio, non siamo più gli stessi.
Il quadro sociale è profondamente - e irrimediabilmente - cambiato.
L’Italia non è un Paese per giovani…
Dall’ultimo report dell’Istat emergono trend occupazionali che spiegano perché la parte più qualificata e lavorativamente più “fresca” della popolazione conferma la scelta dell’estero. Nel nostro Paese continuano a scarseggiare le occasioni professionali davvero formative e arricchenti.
Qualche numero
Negli ultimi otto anni gli occupati, tra gli artigiani e gli operai, sono diminuiti drasticamente (17% circa), e una sorte simile è toccata al comparto tecnico (-6%). Di converso, è cresciuto il fabbisogno di profili esecutivi nel commercio e nei servizi (+12%) come pure la quota di personale non qualificato (+23,5%).
Insomma, evidenzia Linkiesta, si amplia quel calderone che racchiude al suo interno le professioni più diverse, dal consulente finanziario al magazziniere di Amazon passando per il cameriere e il lavapiatti.
Sono peraltro proprio queste ultime le categorie più richieste.
Altro comparto in ascesa è quello dei servizi alle famiglie, costituito, nella stragrande maggioranza dei casi, da badanti (+84,8% negli ultimi otto anni); a completare il quadro è la crescita degli occupati negli alberghi e nella ristorazione (+20,3%), dove i “prescelti” devono però accontentarsi di mansioni scarsamente qualificanti, salari bassi e contratti a dir poco evanescenti.
…ma forse neanche per anziani
Tunisia, Tenerife, Portogallo ma anche Bulgaria. Sono queste le direttrici lungo cui si muovono i “pensionati in fuga”, attratti spesso da favorevoli condizioni climatiche e da un tessuto sociale e culturale simile al nostro, ma, soprattutto da un sistema di tassazione assolutamente blando.
L’efficace ed emblematica immagine è stata introdotta dall’Inps che, due anni fa, ha posto l’accento sul fenomeno emergente nel rapporto World Wide Inps.
Nel 2014 l’Istituto erogava all’estero 385mila trattamenti pensionistici, e nel 2015 la cifra è salita a 406mila.
Negli ultimi cinque anni ad abbandonare l’Italia sono stati circa 16mila pensionati, un terzo dei quali solo nel 2014. Le mete più “gettonate” sono i Paesi europei (71%), l’America settentrionale (10%) e quella meridionale (6%).
Il fenomeno dei “pensionati in fuga” ha anche, evidentemente, un risvolto abitativo, così, se nel 2005 le case acquistate all’estero erano state circa il 2% del totale delle transazioni, tre anni fa si è toccata quota 11% circa.
Il fatto che sempre più pensionati cerchino “un posto al sole” lontano dall’Italia ha ripercussioni negative sull’economia, come ha evidenziato il Presidente dell’Inps Tito Boeri.
Ad assottigliarsi è la base imponibile, e la mancata tassazione diretta non produce effetti positivi sui consumi: il fenomeno non viene peraltro neanche controbilanciato da quanti rientrano nel Paese.
Quello dei “pensionati in fuga” rischia di essere un trend che, se protratto negli anni ed esteso, succhierà risorse umane ed economiche. Tanto per cominciare, la società si priverà di un suo pezzo importante, rappresentato dalla memoria storica degli ultimi cinquant’anni, e il danno in termini di esperienza e competenze, umane e lavorative accumulate, sarà difficilmente quantificabile.
Quale destino può toccare a una comunità decapitata contemporaneamente del proprio futuro e denudata dal proprio passato?
Si concretizzerebbe così la possibilità che a rimanere in Italia siano soltanto gli anziani affetti da più o meno gravi patologie…e le loro badanti.
Altro aspetto, non meno rilevante, quello legato all’accudimento dei figli di quanti, nell’ambito della fascia lavorativamente attiva, decideranno di restare in Italia.
Chi si occuperà di loro?
Probabilmente il compito verrà delegato a baby sitter e asili nido, decretando la perdita di uno dei tesori più inestimabili e certamente non sostituibili: il rapporto nonno-nipote.
Il mercato finanziario si caratterizza per una pluralità di prodotti offerti all’utenza
L’estrema diversificazione, tuttavia, rischia di generare confusione e indecisione: si rendono quindi necessari strumenti che consentano un confronto rapido, intuitivo e sintetico. Qualcosa capace di offrire, già attraverso un colpo d’occhio, le informazioni indispensabili per una scelta motivata e consapevole. Ad assolvere tale preziosa funzione era, fino a qualche giorno fa, ComparaConti.it, motore di ricerca promosso dall’Associazione Bancaria Italiana e gestito dall’Osservatorio Indipendente a cui aderiscono associazioni dei consumatori tra cui Adoc, Adiconsum, Cittadinanzattiva, Codacons, Confconsumatori e Unione Nazionale Consumatori. Nelle scorse ore il sito è stato oscurato.
“Si informano i clienti che il portale è momentaneamente sospeso a causa delle novità introdotte in materia di comparabilità delle spese dal Decreto Legislativo 15 marzo 2017 n.37, pubblicato il 30 marzo 2017 nella Gazzetta Ufficiale n.75. Questo ha recepito la direttiva europea sui conti di pagamento (Payment Accounts Directive). Le più recenti disposizioni sul tema prevedono che i motori di ricerca finalizzati alla comparazione dei conti osservino appositi requisiti non contemplati da ComparaConti.it”. Questo l’avviso con cui sono stati allertati i consumatori che si servivano del sito.
I tempi previsti per la riattivazione non sono brevissimi: si parla infatti del ripristino (orientativo) dei servizi a novembre, a seguito dell’emanazione di disposizioni ad hoc della Banca d’Italia, atte a definire quali parametri dovranno essere messi a confronto dal motore di ricerca, e di un decreto del Ministero del Tesoro.
“Ci aspettiamo che la nuova normativa venga elaborata in tempi rapidi”, così Gianfranco Torriero, vicedirettore generale dell’Abi. L’Osservatorio Indipendente presieduto da Giorgio Pastori si era espresso a favore dell’oscuramento di ComparaConti.it, e quindi contro una soluzione transitoria.
Nato a seguito di un protocollo d’intesa siglato il 15 luglio 2014, il motore di ricerca era stato rinnovato e ampliato in termini di funzionalità ad agosto 2015. Erano infatti state introdotte opzioni d ricerca come “tempi medi di chiusura dei conti correnti” e “tempi medi di risposta sul credito”.
Quale futuro per ComparaConti.it?
Il restyling si accompagnerà, presumibilmente, a una diversa gestione, anche in considerazione del fatto che, in altri Paesi europei, a occuparsi di questo genere di motori di ricerca è un’entità pubblica, solitamente il Ministero dell’Economia.
Quale consiglio per gli utenti?
Nel periodo transitorio questi dovranno procedere alla vecchia maniera, ovvero stampando i fogli informativi dei conti correnti proposti dalle varie banche, e confrontando le varie voci di spesa previste. In alternativa potranno avvalersi di motori di ricerca privati come Segugio.it, che però offrono funzionalità più limitate e non garantiscono terzietà come ComparaConti.it, o come quello disponibile sul sito di Altroconsumo.