Vessati e scontenti
Si può riassumere così il rapporto tra italiani e Fisco. Il nostro Paese è uno di quelli con la più alta pressione su lavoratori dipendenti e autonomi, in termini di imposte. Il sogno di tutti è uno solo: pagarne meno; la differenza, però, sta tra chi vorrebbe farlo in modo lecito, dormendo sonni tranquilli, e chi adotta le soluzioni più strampalate e azzardate. Le cronache quotidiane ci dimostrano che, a dispetto di qualunque analisi razionale, gli “spericolati” (o meglio, i furbetti) sono in numero nutrito, e concorrono ad alimentare il fenomeno dell’evasione, rassicurati da una sensazione marcata di impunità.
La buona notizia, però, è che la legge mette a disposizione di chi vuole fare impresa in modo onesto una serie di strumenti atti ad alleggerire il carico di imposte. Fondamentale, in tal senso, è informare, far conoscere le possibilità di risparmio esistenti, dando fiato (e anche speranza) a chi si sente schiacciato. Questa funzione resta spesso vacante, e ciò concorre ad accrescere il senso d’impotenza e spaesamento di chi, quotidianamente, cerca di concorrere allo sviluppo del Paese.
In tempi recenti a colmare la lacuna è intervenuta una nuova figura, quella dell’escapologo fiscale. A introdurla è stato Gianluca Massini Rosati, imprenditore che ha ideato un corso ad hoc destinato agli imprenditori.
Chiunque voglia fare azienda deve fronteggiare una serie di criticità
Tra queste, spiega, “il processo di reclutamento dello staff e l’assegnazione dei ruoli chiave, la necessità di avere un mercato del lavoro liquido per trovare un sano compromesso tra la qualità delle risorse umane e i costi sostenuti”.
A ciò si aggiungono alcuni problemi tipici del contesto italiano: “la maggior parte degli imprenditori ha poca dimestichezza con le procedure e le basi del controllo di gestione, in quanto manca, spesso, la vera cultura d’impresa. Il grosso delle aziende è nata a carattere artigiano, ampliandosi e crescendo a seguito del positivo responso del mercato. Ciò ha impedito lo sviluppo di sistemi manageriali modernamente organizzati”.
Nel nostro Paese la questione è come una medaglia a due facce. Se è vero che l’università si caratterizza per un impianto marcatamente teorico, che poco ha a che fare con la routine tipica della gestione aziendale, non si può negare una certa pigrizia da parte dell’imprenditore. Così, questo preferisce talvolta concentrarsi su ciò che non va, attribuendone ad altri le colpe e quindi deresponsabilizzandosi, piuttosto che cercare programmi di mentorship in grado di garantirgli un’adeguata formazione.
Il commercialista ha bisogno di un “braccio destro”
La generalizzata carenza di competenze specifiche ha reso necessaria, in un certo senso, l’introduzione dell’escapologo fiscale. Questo, sottolinea Gianluca Massini Rosati, è chiamato a svolgere un ruolo di tramite, di raccordo.
“La mia figura rappresenta un ponte, e colma il divario comunicativo creatosi tra imprenditore e commercialista”, quest’ultimo infatti è uno specialista, dunque ricorre a un linguaggio tecnico e di difficile comprensione. “L’intento dell’escapologo fiscale è favorire un confronto paritetico e diretto tra i due”.
Insomma, non si tratta di rimpiazzare il commercialista, quanto piuttosto di affiancarlo con un profilo strategico, un “consigliere di guerra” metaforicamente parlando. L’auspicio è che i due possano lavorare stabilmente in sinergia in futuro.
Come può pagare meno tasse un imprenditore onesto?
Ci sono alcune “entrate” defiscalizzate o parzialmente defiscalizzate a cui spesso, soprattutto i piccoli, non pensano. “All’interno del corso Escapologia Fiscale ne vengono spiegate dettagliatamente numerose”, spiega l’imprenditore. “Tra queste cito ad esempio l’indennità di trasferta che può consentire agli amministratori di realtà di ridotte dimensioni di risparmiare fino a 10.000 euro l’anno d’imposte.
Si segnala anche il Trattamento di Fine Mandato per l’amministratore, che rappresenta l’equivalente del TFR dei lavoratori dipendenti. Questo è un valido strumento di pianificazione fiscale perché, in fase di chiusura del bilancio d’esercizio, consente di abbassare l’imponibile, per poi a fine mandato percepire tali somme con un’aliquota IRPEF inferiore rispetto a quella applicata al reddito d’impresa”.
Nel corso di Escapologia Fiscale ci sono inoltre contenuti specifici atti a spiegare come comportarsi nel caso in cui si riceva un controllo dalla finanza. Questi sono stati creati in collaborazione con un ex comandante della Guardia di Finanza, e chiariscono le differenze tecniche tra accesso, ispezione e verifica. Una parte è poi dedicata alla disamina degli stratagemmi illeciti (o ai limiti della legalità), come la distruzione dei dispositivi hardware, che a volte vengono adottati dagli imprenditori. La scelta si è resa necessaria “per far acquisire la consapevolezza dei limiti normativi”.
Per combattere l’evasione fiscale è necessario collaborare
Il tema è, purtroppo, di quelli di scottante attualità. In merito alle storture del sistema Gianluca Massini Rosati ha le idee chiare. “Dovrebbe nascere un nuovo patto tra il Fisco e l’imprenditore. A oggi, infatti, il primo viene considerato un organo inquisitore, mentre il secondo, a prescindere dai fatti, un evasore. Bisogna, invece, ragionare sul concetto che entrambi devono lavorare nella stessa direzione: il benessere dello Stato, inteso come insieme dei cittadini.
In quest’ottica, il Governo dovrebbe abbassare la pressione fiscale, perché, per alcuni, l’eccessivo prelievo rappresenta il primo alibi per evadere. Va “resettato” il dannoso retaggio culturale che sconta il nostro Paese, e che impedisce al Fisco di dialogare con il contribuente. “Si è venuto a creare un circolo vizioso caratterizzato dal fatto che il cittadino si considera, in automatico, un evasore e questo anche a causa degli accertamenti fiscali eseguiti con metodi induttivi che presumono un mancato pagamento, spostando sul contribuente l’onere di provare la propria innocenza”.
Pagare in modo consapevole, pagare meno, e (auspicabilmente) pagare tutti