Non di sola crisi muoiono – e sono morte – molte aziende italiane, ma anche e soprattutto di crediti non saldati
Parliamo di imprese in salute, con decine se non centinaia di dipendenti, costrette a interrompere la produzione per colpe non loro. Si scrive fallimento o concordato di terzi, e si legge chiusura determinata dalle difficoltà finanziarie del debitore. E la rabbia e il senso d’impotenza sono doppi, quando quest’ultimo “risorge” come araba fenice, magari sotto altre spoglie giuridiche.
Serenella Antoniazzi, imprenditrice di Concordia Sagittaria (Venezia), ha vissuto tutto questo sulla sua pelle, testimoniando lacune e punti di criticità del sistema nel libro “Io non voglio fallire”, scritto con Elisa Cozzarini. Grazie all’impegno e alla tenacia dimostrata, non solo la donna ha salvato la sua azienda di carteggiatura mobili, l’Aga, ma ha visto anche l’approvazione di un fondo dedicato a chi, come lei, è vittima di mancati pagamenti. Emblematico il nome scelto per l’iniziativa: Fondo Serenella.
Il progetto di finanziamento per piccoli e medi imprenditori entra finalmente nel vivo in quanto, dopo il varo in Commissione Bilancio a novembre 2015, è arrivato ora il momento dei decreti attuativi; il documento di riferimento è la Circolare applicativa n. 127554 del 22 dicembre 2016.
Chi può accedere al Fondo Serenella?
L’iniziativa è rivolta alle imprese che non sono riuscite a incassare il credito per cause dolose (estorsione, truffa, insolvenza fraudolenta, false comunicazioni sociali). Condizione necessaria per ottenere i finanziamenti è aver presentato una denuncia che abbia avuto come conseguenza l’apertura di un procedimento penale. Bisogna inoltre dimostrare che il sostegno economico dello Stato è fondamentale, per portare avanti la produzione.
Le domande per il Fondo Serenella, che costituisce un finanziamento a tasso zero, possono essere compilate online a partire dal 3 marzo prossimo, e inoltrate dal 3 aprile. La dotazione prevista è di trenta milioni di euro complessivi, da suddividere in parti uguali in tre anni.
L’iniziativa persegue un duplice scopo: sostenere chi rischia di vedere definitivamente compromessa la propria attività e incappare in un ulteriore problema di sovraindebitamento, ma anche, contestualmente, promuovere la cultura della legalità spingendo gli imprenditori vittima di abusi a denunciare.
«Faccio quasi fatica a credere che, in un contesto come quello italiano in cui la politica è molto distante dal mondo produttivo, sia stato possibile raggiungere questo risultato». Così Serenella Antoniazzi. «Abbiamo realizzato un ‘incontro’ di istanze che risulta di fondamentale importanza per chi si trova ad affrontare le mie stesse problematiche. Strada facendo ho conosciuto molte persone, alcune incredibili, altre piuttosto sgradevoli, e non dimenticherò nessuno di loro. Credo che il mio libro abbia catalizzato un bisogno di cambiamento diffuso, l’esigenza condivisa di dar vita a qualcosa di pulito e onesto. Così, ci siamo dati una seconda opportunità, la risposta forte e chiara a chi pensava che avremmo semplicemente chiuso gli occhi davanti a tutto quello che non funziona».
Qualcuno, però, storce il naso…
La nascita del Fondo Serenella testimonia la presa di coscienza, da parte delle istituzioni, dell’esistenza di un problema strutturale, all’interno del sistema produttivo italiano. Si può definire l’inizio di un percorso – anche culturale e sociale – di comprensione e tutela di piccoli e medi imprenditori. Un seme gettato nel terreno del nostro tessuto comunitario per risarcire – anche moralmente – questa figura delle vere e proprie vessazioni subite in particolar modo dall’inizio della crisi a oggi. Un tiro incrociato a cui ha contribuito non solo la particolare congiuntura economica, ma anche le pastoie burocratiche e la disonestà di qualcuno.
Certamente si tratta di un passo, anche dal punto di vista giuridico, perfettibile, ma questo non dovrebbe sminuirne il rilievo. Tuttavia, dallo stesso mondo produttivo si sono sollevate critiche e obiezioni. A esprimerle, Flavio Lorenzin, presidente di Apindustria Vicenza. Non solo, spiega, la copertura garantita dall’iniziativa è minima, a fronte del reale fabbisogno del territorio, ma suscita perplessità anche il fatto che a beneficiare del finanziamento possano essere solo le parti offese di procedimenti penali ( «nella maggior parte delle insolvenze manca il tratto distintivo della minaccia e della violenza. Semplicemente, si fa per dire, chi dovrebbe pagare non lo fa»).
L’altra faccia della medaglia, conclude Lorenzin, è rappresentata dal fatto che, se il debitore viene assolto dalle accuse, il creditore deve rimborsare i finanziamenti ottenuti.
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