È fatta. O almeno, è questo quello che pensi
Sei riuscito a ottenere il tanto agognato finanziamento che ti permetterà di avere una casa tutta tua. E ora? Non credere che il tuo impegno si limiti – si fa per dire – a onorare la scadenza mensile della rata. Devi infatti leggere con estrema attenzione ogni singola comunicazione inoltrata dalla banca, se non vuoi vedere (letteralmente) lievitare l’importo da pagare.
Com’è possibile tutto questo, ti chiedi? Non dovrebbe esistere una qualche regolamentazione, un modo per evitare che il sistema vada completamente fuori controllo? In realtà esiste: si chiama tasso soglia e, come spiega l’avvocato Raffaella Grisafi (Konsumer Italia), è un parametro che viene reso noto periodicamente dalla Banca d’Italia. L’intento di fondo è quello di fissare un limite oltre il quale gli interessi applicati si configurano come illegittimi.
A ciascuno il suo tasso (soglia)
Bisogna infatti precisare che non ne esiste uno solo, ma diversi, in base al prodotto scelto. «Nel caso del mutuo, si distingue quello a tasso variabile da quello fisso. Negli ultimi anni si è arrivati a individuare “due tipologie” di usura: quella bancaria originaria è quella contemplata dalle norme civili e penali per cui “si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono stati promessi o convenuti a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.” Si parla poi di “usura bancaria sopravvenuta” che invece, si verifica quando il contratto prevede un tasso di interesse non usurario al momento della stipula (perché stipulato prima della L. 108/1996 o perché conforme al tasso soglia vigente in quel momento), ma che è divenuto tale nel corso del rapporto a seguito della variazione dei tassi soglia».
In quest’ultimo caso, puntualizza l’avvocato Raffaella Grisafi, si è espresso l’Arbitro Bancario Finanziario, chiedendo che il tasso venga riportato al di sotto del valore soglia. Soprattutto laddove gli indici di mercato siano caratterizzati da una sensibile diminuzione, l’intermediario è tenuto a condividere i vantaggi economici ottenuti con il cliente.
Quali “armi” ha il contribuente per difendersi da usura e anatocismo?
Partiamo con una precisazione: i due fenomeni costituiscono illeciti giuridicamente differenti. La prima è un reato che ha conseguenze penali, il secondo ha carattere civile. Ciò che li accomuna è il fine di ottenere una remunerazione fuori mercato dei capitali impegnati; tuttavia, mentre l’usura si basa sull’applicazione diretta di interessi cospicui, l’anatocismo comporta la richiesta di un tasso più contenuto, ma applicato su una base più ampia (debito residuo + interessi già pagati).
In anni recenti i Tribunali italiani si sono espressi spesso in merito ai due fenomeni, e solitamente lo hanno fatto con pronunce che accoglievano le istanze espresse dai consumatori. «Si aggiunga inoltre che dal 2010 la giurisprudenza si è arricchita dei provvedimenti dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF)», chiarisce Raffaella Grisafi. «Si è soliti partire da alcune sentenze “storiche” della Cassazione: le prime due del 1999 (n.2374 e 3096) con le quali si è debellato l’uso bancario di applicare la ricapitalizzazione degli interessi scaduti, affermando come questo non trovasse giustificazione nelle norme e dunque dovesse essere ritenuto illegittimo. Si è cioè inibita la portata usuraia dell’anatocismo smentendo l’argomentazione utilizzata dalle banche. Vi è poi la Cassazione a Sezioni Unite del 2004 che con sentenza n. 21095 ha sostanzialmente ammesso la rilevabilità d’ufficio (dunque su iniziativa del giudice) della nullità della clausola di capitalizzazione e la sua nullità, applicabile anche per il passato ( e cioè agli interessi anatocistici anteriori al 1999). Ancora, del 2010 sono delle sentenze sempre della Cassazione che hanno chiarito i tempi di prescrizione per far valere i propri diritti in caso di anatocismo, ed il diritto del cliente di “ripetere ciò che ha pagato” cioè di riottenere dalla banca quanto versato a causa dell’anatocismo».
Si segnala inoltre la sentenza della Cassazione n.350/2013, con cui si è iniziato a discutere sulle categorie di interessi che causano lo sconfinamento del tasso soglia. Detta pronuncia ha stabilito che «ai fini dell'applicazione dell'art. 1815 c.c. e dell'art. 644 c.p. si considerano usurari gli interessi che superano il limite stabilito nella legge al momento in cui sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, e quindi anche a titolo di interessi moratori”. Conclusione tuttavia non pacifica, a cui sono seguiti provvedimenti contrastanti di Tribunali e dello stesso ABF».