Risorse

Il debito supera le entrate? Chiedi al giudice di pagare in base alle tue possibilità

Una manciata di multe che credevi prescritte, il finanziamento per comprare l’auto … e la rata del mutuo diventa insostenibile. 
A conti fatti realizzi di avere pochissimo margine di manovra per le spese quotidiane e per pagare le bollette. L’ansia cresce, e con questa la preoccupazione di non farcela a star dietro a tutto. Intanto, i creditori bussano alla tua porta. Che fare? Come tener fede agli impegni presi se il debito diventa un ostacolo alla stessa sopravvivenza? 
 
Esiste una legge apposita: 
La n.3 del 2012, anche detta Legge sul sovraindebitamento, non a caso stilata proprio nel periodo in cui la crisi impazzava, e con essa i suicidi indotti da difficoltà economiche. Il principio, apparentemente banale ma in realtà cruciale, su cui si fonda è quello per cui ciascuno deve poter pagare in base alle proprie possibilità. 
 
Chi può usufruirne?
L’applicazione della legge, spiega Giuseppe Spartà (Aiace – Associazione Italiana Assistenza al Consumatore Europeo), si ha in presenza di persone fisiche. Queste, definite soggetti non fallibili, devono trovarsi in una situazione per cui le entrate sono insufficienti a ripianare i debiti contratti, o aver perso parte del reddito.
 
Il Piano di Rientro
È possibile accedervi mediante un’istanza al giudice, in cui si illustra la propria situazione patrimoniale. A quel punto, chiarisce Giuseppe Spartà, toccherà a un team di professionisti (se non esiste l’Organismo di Composizione della Crisi) verificare la fattibilità del piano di rientro proposto dal proprio legale, e che la situazione debitoria sia effettivamente quella prospettata. 
Se l’analisi ha un esito positivo, il giudice emette una sentenza stabilendo il quantum da pagare al mese e le relative modalità, rispettando il minimo di sopravvivenza. 
I creditori, dal canto loro, devono attenersi a quanto prescritto.
 
Aiace sta seguendo numerose cause sul tema del sovraindebitamento. 
In alcuni casi, dislocati a Messina, Catania e Gela c’è già stato l’accoglimento del piano di rientro presentato. 
Il problema più comune, sottolinea Sparà, è quello legato alla presenza di immobili, che vanno venduti anche in caso si tratti di prima casa, per poter ripianare il debito. 
Tra le cause che l’Associazione Italiana Assistenza al Consumatore Europeo ha seguito se ne segnala una che ha visto protagonista un cittadino che aveva pagato quattro rate del mutuo. 
A un certo punto l’uomo si è trovato impossibilitato a sostenere l’importo mensile, in virtù del fatto che si era impegnato su vari fronti economici. In questo caso non si poteva definire l’immobile di sua proprietà, e ciò ha reso anche più facile psicologicamente accettarne la vendita. 
Un altro episodio alquanto emblematico ha riguardato un cittadino che percepiva 1.700 euro e ne sborsava 1.400 per varie rate. Concordando un piano di rientro è stato possibile ottenere fino al 60% di sconto sull’importo originario. 
Anche in questo caso è stato necessario vendere la casa, ma perlomeno l’interessato ha potuto riprendere a percepire l’intero stipendio. 
Se non si fosse potuta applicare la legge n.3 del 2012, la banca avrebbe pignorato la casa – che magari sarebbe stata venduta al ribasso - e nel frattempo avrebbe continuato ad aggredire lo stipendio. 
 
 

 

 
Continua...

Cosa cambia per gli italiani se Equitalia si rifà il trucco?

Confrontando media e realtà quotidiana risulta evidente

In Italia esiste un marcato e sostanziale scollamento tra le effettive condizioni di vita in cui ci troviamo e il modo in cui vengono raccontate. Non si parla più di illeciti bancari, di suicidi indotti dalla crisi, eppure questo non significa che sia effettivamente migliorata la situazione in cui la popolazione si trova.

Nel frattempo, le istituzioni si sbracciano a promuovere misure come il Jobs Act e l’abolizione di Equitalia, ma è lecito chiedersi se – e in che modo – tutto ciò impatterà sugli italiani. Abbiamo chiesto di rispondere a questa e altre domande a Lorena Catania, Presidente Nazionale del Comitato per l’Equità Fiscale.

Si parla molto, nelle ultime settimane, della definizione agevolata introdotta dal Decreto Fiscale. Qual è il vostro parere su questa misura?

Partiamo dall’etimologia della parola rottamazione: questa indica la demolizione di qualcosa. L’uso del termine, nel caso specifico, è fuorviante e ingannevole, perché ciò che si potrà ottenere è una ristrutturazione del debito o presunto tale. Diciamo che si tratta di una sorta di rateizzazione non diversa da quella già in essere, e sicuramente non agevolata.

Chi aderisce pagherà l’importo residuo delle somme inizialmente richieste senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora e sarà possibile dilazionare l’importo fino ad un massimo di 4 rate. Noi però ci chiediamo come potrà effettivamente beneficiare di questa misura chi, a oggi, non riesce a saldare il proprio debito neanche in 120 tranche. Inoltre la cancellazione di sanzioni e interessi di mora non può certo essere considerata una concessione, se si pensa che è qualcosa che ricade nel reato di usura.

Il prossimo anno dovrebbe scomparire Equitalia. Realisticamente cosa cambierà (se cambierà qualcosa) per i contribuenti?

Altro che abolizione! Il nuovo strumento avrà persino più poteri di quelli che ha oggi. La riscossione esattoriale sarà ancora più efficace e feroce, nel caso di mancato versamento delle cartelle di pagamento.  Agenzia delle Entrate – Riscossione avrà più poteri di indagine: ad esempio sarà possibile accedere alle banche dati degli enti creditori, tabù per Equitalia.

L’accentramento dei poteri sarà ancora maggiore, visto che il direttore dell’Agenzia delle Entrate dirigerà anche Riscossione. Questo renderà più efficace la procedura coattiva. La continuità con Equitalia sarà comunque totale, visto che tutti i rapporti giuridici passeranno automaticamente al nuovo arrivato. Quest’ultimo sarà difeso in causa dall’Avvocatura dello Stato competente per il territorio.

Sostanzialmente, non cambierà il modo di approcciarsi ai contribuenti: il personale di Equitalia verrà totalmente assorbito dal nuovo ente. Cambia insomma solo il nome, e la sostanza resta la stessa, ma con un’aggiunta perniciosa, l’accesso alle banche dati di cui abbiamo già detto.

Da un po’ i media hanno ridotto drasticamente l’attenzione dedicata alle storie delle vittime di fisco  e usura bancaria. Ciò significa che la fase critica è passata, oppure il problema resta sentito?

Concordiamo. I media hanno da molto spostato l’attenzione - e in modo drastico - dal problema dell’usura e delle irregolarità bancarie. Per la nostra quotidiana esperienza questa emergenza non è affatto passata; moltissime sono le persone colpite negli anni da questo aberrante fenomeno, diciamo che non vengono toccati - e per ovvi e molteplici motivi - i nuovi correntisti e/o mutuatari. Ovviamente gli istituti di credito aggrediti per posizioni vecchie si son ben guardati dal continuare sulla stessa china nei rapporti nuovi di zecca. Noi come Comitato per l’Equità Fiscale offriamo servizi d verifica su mutui, prestiti, conti correnti e leasing, e possiamo testimoniare che molti sono i casi che stiamo seguendo, portando avanti cause contro le banche a cui non vogliamo dare alcun respiro. Chi sbaglia deve pagare. Di chiunque si tratti.

Quali iniziative avete in programma prossimamente? Avete ricevuto una richiesta di contatto da parte delle istituzioni finora?

Stiamo valutando diverse iniziative , in primis contro Agenzia dell’entrate – Riscossioni, poi vogliamo agire in merito a bollette di forniture luce e gas per ciò che riguarda le fatturazioni. L’Iva sulle imposte in bolletta è illegittima e va rimborsata; i costi per i consumi di gas ed energia elettrica sono tra le voci più alte della gestione familiare: certo, il rimborso del quale si sta parlando non riguarda tutta l’Iva (comunque dovuta sui consumi), ma solo della quota di qualche decina di euro l’anno pagata sulle imposte. Moltiplicata la cifra per dieci anni diventa comunque significativa per il singolo utente. Se poi diventasse “virale” per tutti gli utenti italiani piccoli e (soprattutto) grandi si trasformerebbe in una cascata di milioni di euro da restituire.

A oggi le istituzioni che ci hanno contattato son solo quelle comunali; moltissimi sindaci italiani appoggiano le nostre iniziative, per il resto nessuno si è fatto vivo, ma è chiaro, siamo scomodi al sistema. Poi siamo abbastanza restii nel credere a qualsiasi tipo di promessa: abbiamo sempre fatto saper loro che se anche ci fosse un tavolo di trattativa sarebbe solo volto a sanare le situazioni che colpiscono ogni giorno il popolo. A noi non interessa far politica, a noi  interessa solo tutelare i cittadini e far rispettare i diritti da troppo tempo ormai violati.

 
 

 

Continua...

Contro la crisi gli imprenditori non sono soli. Il Telefono Arancione offre ascolto e soluzioni

Non c’è niente di peggio, quando si attraversa un momento di grande difficoltà, quando ci si sente schiacciati da un macigno insostenibile per le proprie spalle, che tenere per sé angoscia e fatica. Si entra in un circolo vizioso per cui, più si rimugina sulla propria condizione e più questa appare intricata: un logorio interiore che risucchia nel vortice di sfiducia e inerzia. Un inferno interiore che si amplifica a dismisura nel caso in cui, dalla propria sorte (professionale ed economica), dipendano anche altre vite. 
Così, in anni recenti le cronache ci hanno consegnato centinaia di storie di imprenditori protagonisti di scelte estreme, disperate, figlie soprattutto della percezione di essere stati messi con le spalle al muro dalla crisi. Quante persone ha suicidato il mix letale di problemi finanziari, sensi di colpa e indifferenza da parte delle istituzioni? Molte, troppe. Altrettante però se ne possono salvare, a patto di offrire loro un’alternativa. Qualcuno che li ascolti, che capisca cosa stanno passando, e che riesca a convincerli che è ancora possibile non affondare. 
A chi rivolgersi?
A oggi, questo qualcuno è il Telefono Arancione (02-3790.4770), servizio nazionale di ascolto e supporto per imprenditori in difficoltà attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. L’iniziativa, che offre anche un’email dedicata (sgimprenditore@gmail.com), è promossa dall’Associazione San Giuseppe Imprenditore di Asti, che l’ha presentata lo scorso marzo. 
«Caro collega, molti di noi escono da questa guerra economica con morti e feriti e alcuni rimangono privi di tutto . Il Telefono Arancione cerca di assisterli come può, innanzitutto con un contatto umano e sincero e poi con qualche consiglio che non inganni la realtà, come spesso avviene per bocca di professionisti senza scrupoli. Se aiuti un tuo collega in difficoltà aiuti ancor prima te stesso». A scrivere è Lorenzo Orsenigo, fondatore dell’Asgi, che sa bene cosa significhi attraversare vicissitudini finanziarie, in quanto è l’ex proprietario della Orsogril, gruppo leader nella produzione di recinzioni metalliche per l’edilizia, e a seguito della crisi è stato costretto ad accettare un concordato. 
Il Telefono Arancione è un servizio gestito da imprenditori “sopravvissuti” a gravi congiunture a cui chi è in difficoltà può rivolgersi in forma totalmente anonima. Le città in cui, a oggi, è attivo sono Torino, Milano, Monza e Brianza, Brescia, Como, Lecco, Verona, Roma, Napoli, Bari e Ragusa. 
L’Associazione San Giuseppe Imprenditore
«Bisognerebbe cambiare la Costituzione: l’Italia è una Repubblica fondata non sul lavoro, ma su chi crea lavoro. La nostra organizzazione nasce per affermare valore e ruolo sociale degli imprenditori». Lorenzo Orsenigo è intervenuto con queste parole, in occasione del primo convegno nazionale dell’Asgi. «Far emergere agli esempi di buona imprenditorialità è cruciale per dare l’importanza che merita a chi fa azienda quotidianamente creando lavoro: agricoltori, artigiani, artisti, commercianti, professionisti e industriali. Noi imprenditori siamo il perno mondiale dell’economia. Se non ci fossimo, la produzione si fermerebbe. Un tempo lo Stato credeva di potersi ergere a grande datore di lavoro, poi i fatti hanno dimostrato che era impossibile. Rimaniamo noi singoli, piccoli o grandi, ma con un dna ben preciso. Purtroppo l’immagine della nostra categoria è rovinata da parecchi disonesti».
 
 
Dare voce a chi offre aiuto
I media hanno un grande potere, e un margine di responsabilità di cui spesso non c’è consapevolezza, o che comunque non viene utilizzato in modo costruttivo. Il Telefono Arancione non è l’unico servizio di supporto a imprenditori in difficoltà attivo sul territorio. In Veneto, ad esempio, opera InOltre, che cerca di tamponare l’emorragia di vite che ha investito il Nord-Est dal 2011 a oggi. Se giornali e televisioni dessero risonanza a queste realtà, assolverebbero almeno in parte la loro funzione di pubblica utilità. È infatti lecito chiedersi, fino a che punto abbia senso dare risalto, a volte morbosamente, alle tragedie dei singoli, se poi non si offre alla collettività un contraltare, un’alternativa possibile. 
Far conoscere queste iniziative potrebbe essere inoltre il primo passo per spingerle a una collaborazione, portarle a condividere buone prassi, competenze, e anche a confrontarsi con le istituzioni, magari attraverso proposte di legge ad hoc per migliorare le condizioni in cui gli imprenditori si trovano a operare. Affrontare – e prevenire – il fenomeno dei suicidi per crisi è qualcosa che riguarda tutti, organi pubblici compresi. Il lavoro è come l’acqua. Senza non c’è vita
Non c’è niente di peggio, quando si attraversa un momento di grande difficoltà, quando ci si sente schiacciati da un macigno insostenibile per le proprie spalle, che tenere per sé angoscia e fatica

Si entra in un circolo vizioso per cui, più si rimugina sulla propria condizione e più questa appare intricata: un logorio interiore che risucchia nel vortice di sfiducia e inerzia. Un inferno interiore che si amplifica a dismisura nel caso in cui, dalla propria sorte (professionale ed economica), dipendano anche altre vite.

Così, in anni recenti le cronache ci hanno consegnato centinaia di storie di imprenditori protagonisti di scelte estreme, disperate, figlie soprattutto della percezione di essere stati messi con le spalle al muro dalla crisi. Quante persone ha suicidato il mix letale di problemi finanziari, sensi di colpa e indifferenza da parte delle istituzioni? Molte, troppe. Altrettante però se ne possono salvare, a patto di offrire loro un’alternativa. Qualcuno che li ascolti, che capisca cosa stanno passando, e che riesca a convincerli che è ancora possibile non affondare.

A chi rivolgersi?

A oggi, questo qualcuno è il Telefono Arancione (02-3790.4770), servizio nazionale di ascolto e supporto per imprenditori in difficoltà attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. L’iniziativa, che offre anche un’email dedicata (sgimprenditore@gmail.com), è promossa dall’Associazione San Giuseppe Imprenditore di Asti, che l’ha presentata lo scorso marzo.

«Caro collega, molti di noi escono da questa guerra economica con morti e feriti e alcuni rimangono privi di tutto . Il Telefono Arancione cerca di assisterli come può, innanzitutto con un contatto umano e sincero e poi con qualche consiglio che non inganni la realtà, come spesso avviene per bocca di professionisti senza scrupoli. Se aiuti un tuo collega in difficoltà aiuti ancor prima te stesso». A scrivere è Lorenzo Orsenigo, fondatore dell’Asgi, che sa bene cosa significhi attraversare vicissitudini finanziarie, in quanto è l’ex proprietario della Orsogril, gruppo leader nella produzione di recinzioni metalliche per l’edilizia, e a seguito della crisi è stato costretto ad accettare un concordato.

Il Telefono Arancione è un servizio gestito da imprenditori “sopravvissuti” a gravi congiunture a cui chi è in difficoltà può rivolgersi in forma totalmente anonima. Le città in cui, a oggi, è attivo sono Torino, Milano, Monza e Brianza, Brescia, Como, Lecco, Verona, Roma, Napoli, Bari e Ragusa.

L’Associazione San Giuseppe Imprenditore

«Bisognerebbe cambiare la Costituzione: l’Italia è una Repubblica fondata non sul lavoro, ma su chi crea lavoro. La nostra organizzazione nasce per affermare valore e ruolo sociale degli imprenditori». Lorenzo Orsenigo è intervenuto con queste parole, in occasione del primo convegno nazionale dell’Asgi. «Far emergere agli esempi di buona imprenditorialità è cruciale per dare l’importanza che merita a chi fa azienda quotidianamente creando lavoro: agricoltori, artigiani, artisti, commercianti, professionisti e industriali. Noi imprenditori siamo il perno mondiale dell’economia. Se non ci fossimo, la produzione si fermerebbe. Un tempo lo Stato credeva di potersi ergere a grande datore di lavoro, poi i fatti hanno dimostrato che era impossibile. Rimaniamo noi singoli, piccoli o grandi, ma con un dna ben preciso. Purtroppo l’immagine della nostra categoria è rovinata da parecchi disonesti».

Dare voce a chi offre aiuto

I media hanno un grande potere, e un margine di responsabilità di cui spesso non c’è consapevolezza, o che comunque non viene utilizzato in modo costruttivo. Il Telefono Arancione non è l’unico servizio di supporto a imprenditori in difficoltà attivo sul territorio. In Veneto, ad esempio, opera InOltre, che cerca di tamponare l’emorragia di vite che ha investito il Nord-Est dal 2011 a oggi. Se giornali e televisioni dessero risonanza a queste realtà, assolverebbero almeno in parte la loro funzione di pubblica utilità. È infatti lecito chiedersi, fino a che punto abbia senso dare risalto, a volte morbosamente, alle tragedie dei singoli, se poi non si offre alla collettività un contraltare, un’alternativa possibile.

Far conoscere queste iniziative potrebbe essere inoltre il primo passo per spingerle a una collaborazione, portarle a condividere buone prassi, competenze, e anche a confrontarsi con le istituzioni, magari attraverso proposte di legge ad hoc per migliorare le condizioni in cui gli imprenditori si trovano a operare. Affrontare – e prevenire – il fenomeno dei suicidi per crisi è qualcosa che riguarda tutti, organi pubblici compresi. Il lavoro è come l’acqua. Senza non c’è vita.

 
 

 

Continua...

 

FB  youtubeinstagram

✉ Iscriviti alla newsletter


☝ Privacy policy    ✍ Lavora con noi

Contattaci