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Storia di un carciofo che diventò cassetta per la frutta

Cassette per l’ortofrutta dagli scarti dei carciofi

cassette-carciofiUn’idea che arriva da Genova che consente di riciclare l'ortaggio invenduto.  Il prodotto finito sarà una plastica biodegradabile e compostabile al 100% riutilizzata per fabbricare cassette e contenitori per la frutta.

Leggi anche: I gusci d'uovo: la bio-plastica del del futuro

Al momento si tratta solo di un prototipo presentato dall’Istituto Italiano di tecnologia alla fiera Fruit Logistica di Berlino, in collaborazione con la Società Gestione Mercato di Genova (che ha fornito la materia prima) e Ascom Confcommercio. Un'altra idea interessante per diminuire la quantità di rifiuti e regalare nuova vita agli scarti alimentari. 

 Come funziona

cassetta-carciofiAvete presente le foglie, gli scarti e i carciofi rimasti invenduti? I rifiuti vengono trasformati  in bioplastica con un processo acquoso. Successivamente vengono estratti composti termoplastici e termoformabili, provenienti al 100% da fondi sostenibili.

 

Le cassette realizzate verrano sfruttate dagli stessi operatori grossisti associati a Fedagromercati Ascom Confcommercio. Un packaging green per mettere un argine al dilagare dei rifiuti in plastica, in un settore importante come quello del commercio di ortofrutta.

Situazione critica

Siamo ormai letteralmente invasi, se si considera che ogni anno in Europa si producono 25, 8 milioni di tonnellate di rifiuti in plastica, di cui il 31% non viene recuperato e il 95 % del loro valore, tra 70 e 105 miliardi di euro l’anno, viene perso a causa del ciclo di vita troppo breve. 

Leggi anche: Foodscapes: e se usasimmo i piatti per concimare la terra?

Cosa fare dunque? Puntare sempre più sull’economia circolare, fare una corretta differenziata e mettere in moto la propria creatività per riciclare il più possibile. 

di Irene Caltabiano

 

 

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Via Malvasia 22/5, i panni sporchi si lavano in condominio

Useresti una lavatrice condominiale?

lavatrice-comunaleChi sa dirmi nome e cognome del suo vicino di casa? E quanta energia spreca la sua lavatrice? Due domande apparentemente senza alcuna connessione ma in realtà più affini di quanto sembrano. 

Il risparmio energetico e la mancanza di sostenibilità sono due degli spauracchi da affrontare più temibili degli ultimi anni. Insieme a una sempre maggiore tendenza ad individualismo ed egoismo.

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Via Malvasia 22 per l’ecosotenibilità

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Se dico condominio la maggioranza delle persone associa il termine ad interminabili riunioni, fastidiosamusicaad alto volume nel weekend e frettolosi incontri-scontri mattutini.

Forse la chiave per affrontare problemi condivisi è ricostruire il senso di bene comune tramite la ristrutturazione degli spazi. E quale migliore soluzione se non partire dal luogo in cui abiti?

Per questo motivo i condomini di via Malvasia 22, nel cuore di Bologna, hanno deciso di dare una svolta green al loro modo di vivere. Tutti insieme, passo dopo passo.

Leggi anche: Lulu dans ma rue, il primo portierato di quartiere

 

Una lavatrice condominiale

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I panni sporchi non si laveranno più in famiglia bensì nella lavanderia condominiale. Un’invenzione di stampo Nord europeo e americano (ricordate Big Bang Theory?) introdotto nella capitale emiliana grazie alla società Pasvens, azienda di vendita e noleggio di asciugatrici e lavatrici industriali.

La novità è in linea anche con la crisi del mercato immobiliare. Risparmiare qualcosa sulle bollette e favorire la condivisione delle spese è infatti diventata una priorità.  

Leggi anche: Veda Village, il condominio per soi vegetariani

La lavatrice condivisa non solo permette di dimezzare le cifre delle fatture, ma anche risparmiare sull’acquisto dell’elettrodomestico stesso. Infine si annullano persino le spese di lavanderia esterna dal momento che si tratta di lavatrici professionali  con le quali si può smacchiare tutto, anche scarpe e piumioni.

Da non sottovalutare l’aspetto sociale e ricreativo dell’iniziativa. Forse, tra una centrifuga e un’ impostazione di lavaggio, potremmo scambiare quattro chiacchiere e finalmente  associare un’identità al volto dei nostri vicini. I "meno socievoli" invece potranno prenotare il servizio online, monitorando il ciclo da remoto.

E chissà, forse i contatti si faranno più frequenti della semplice richiesta di una tazzina di zucchero.

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di Irene Caltabiano

 

 

 

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Zucchero: perchè non utilizzarlo come cicatrizzante?

Lo zucchero che cura le ferite

 

moses-muranduNell'impasto per i dolci, un cucchiaino dentro il caffè mattutino oppure concentrato in una gustosa fetta di torta.

 

Nonostante lo zucchero vada assunto in quantità moderate e non sia un vero e proprio toccasana per l'organismo, grazie ad uno studio svolto in Gran Bretagna potremmo forse guardarlo sotto altri occhi.

 

Pare infatti che il saccarosio sia un buon disinfettante e un perfetto cicatrizzante. Ancora meglio del ben più conosciuto sale. A scoprirlo un team guidato da Moses Murandu, medico di origini africane, professore dell'Università di Wolverhampton nel West Midlands, Inghilterra.

 

L'uomo, cresciuto in Zimbabwe, utilizzava ( come fanno in molti)  il sale per disinfettare le ferite da taglio. A volte però capitava avesse a disposizione solo zucchero, sostituendo così quest'ultimo al primo. Risultato? Non solo la soluzione dolce era più efficace, ma non bruciava nemmeno la pelle.

 

Così, una volta diventato docente di infermieristica  Murandu ha intrapreso il primo studio sullo zucchero come cicatrizzante.

 

L'esperimento

moses-murandu-4Moses ha applicato la polvere su un paziente a cui era stata amputata una parte di gamba. Inizialmente ha trattato la ferita con un intero sacchetto, successivamente invece, quando l'amputazione era in via di guarigione, ne ha usati solo 4-5 cucchiaini.

 

Come agisce?

Lo zucchero è efficace perchè sarebbe in grado di tirare fuori l'acqua dalle ferite evitando che quest'ultima, accumulandosi,  ne veicoli la proliferazione batterica.

Sfruttare il lato “meno dolce” dello zucchero non solo sarebbe utile in paesi dove scarseggiano gli antibiotici ma anche lì dove esistono e si inizia a sentire sempre più il problema della resistenza che molti batteri hanno sviluppato nei confronti di alcuni farmaci.

Al momento si tratta di sperimentazioni molto limitate ma i risultati sono stati incoraggianti: pare infatti che alcuni ceppi batterici siano stati inibiti proprio dall'applicazione sulle ferite di alte dosi di zucchero.

 

Aspettiamo dunque che gli studi vengano approfonditi. E forse, quando ci procuriamo piccoli taglietti, stavolta potremo usufruire di un rimedio più dolce.

irene-caltabiano

 

di Irene Caltabiano

 

 

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