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PassivDom, una casa nuova ed ecologica in sole 8 ore

Una casa in sole otto ore

passivdom-1Le potenzialità della stampa 3D sono sconosciute a molti. Ma, in un futuro prossimo, si potrà forse realizzare un intero condominio in sole 48 ore.

Se prezzo e tempo di costruzione sono due elementi importanti nella scelta di una casa, grazie alla nuova tecnologia sono variabili ridotte in modo significativo. Senza, peraltro, trascurare altri aspetti importanti come la sicurezza o la durata.

PassivDom è una casa modulare progettata dall’ingegnere ucraino Max Gerbut. Il modello più piccolo ha una superficie di 35 metri quadrati, riposizionabile e autosufficiente ( non ha bisogno di essere ricollegata alla rete).

L’abitazione, nella sua struttura base, ovvero senza posizionamento di porte o finestre o installazione di sistemi elettrici o idraulici viene interamente realizzata da un robot. L'unico intervento umano è rappresentato dal team di progettazione che realizza prima uno schizzo e, successivamente, realizza l’immobile in sole otto ore, strato per strato.

Una casa 100% ecologica

passivdom-6Il tetto, il pavimento e le pareti di 20 centimetri di spessore sono composte da fibre di carbonio, poliuretano, resine, fibra di basalto e vetro. La struttura fondamentale però è il tetto, che disponde di pannelli solari in grado di coprire l’intera domanda della casa.

 

 L'abitazione dispone di una batteria per immagazzinare questa energia e quindi essere in grado di far fronte a eventi imprevisti come giornate di pioggia o nebbia, per un’alimentazione di un massimo di due settimane senza sole.

Una casa resistente

passivdom-3E la robustezza? Gli ingegneri spiegano che la struttura dell’abitazione è fatta di carbonio, materiale sei volte più resistente dell’acciaio. Tutti i moduli sono strutturati con sostanze non corrosive e la durata è di oltre 40 anni.

È anche possibile personalizzare la casa in base alle esigenze del futuro proprietario ed acquistare i mobili appositamente progettati per PassivDom.Il prezzo generale va dai 53.000 euro per la più piccola agli 81.000 per la più grande.

Chissà se un giorno, con tutte le nuove forme di energia e le possibilità tecnologiche che abbiamo, non si giunga a una vera e proprio rivoluzione verde.

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di Irene Caltabiano

 

 
 


 

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Stand by, quella lucetta rossa che ci costa 60 miliardi di euro l'anno

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stand-by-meAvremmo mai immaginato che una semplice noncuranza potesse costarci tanto caro?

Eppure, quei piccoli gesti che non facciamo, ad esempio spegnere gli elettrodomestici prima di uscire, per semplice pigrizia o ignoranza delle conseguenze, equivalgono a una spesa di circa sessanta miliardi di euro l’anno nel mondo.

E circa uno di litri di acqua che servono per produrre l'equivalente dell’elettricità sprecata. Tutto perché preferiamo lasciare i nostri device elettronici in modalità stand-by.

Ma come funziona lo stand by?

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I conti più attendibili, fatti sulla base di misurazioni e controlli affermano che questa indifferenza nei confronti dello spreco costa solo agli italiani, per il mese di agosto, circa 15 euro a famiglia.

Proprio il momento in cui dovremmo risparmiare maggiormente, ovvero quando siamo fuori casa, equivale al picco dello sperpero.

Infatti quella lucetta rossa, apparentemente innocua, in realtà comporta consumi che poi ci ritornano tutti in bolletta, con un aggravio di circa il 7-9% del costo complessivo.

 

Non solo dunque lo standby diminuisce il peso del nostro portafogli ma equivale ad un danno ambientale, considerando le emissioni di CO2 che si potrebbero tranquillamente evitare.

 

Quanto consumiamo?

ciabatta-elettricitàSecondo una ricerca  del Politecnico di Milano lasciare, ad esempio, il frigorifero acceso comporta uno spreco di circa 480Wh.

computer e stampante: 175 Wh;

 router per connettersi a Internet: 108 Wh;

Ciò che molti non considerano infatti è che lo stand by non comporta la fine del consumo ma semplicemente la sua riduzione.

Inoltre le industrie produttrici di apparecchi elettrici non si sono ancora completamente adeguate alla normativa dell’Unione europea che tende a ridurre questo tipo di spreco energetico. Il risultato è che il 35% del cento degli apparecchi venduti non ha l’eliminazione automatica dello stand by prevista dalla legge.

La soluzione? Se non volete stare a spegnere tutti gli apparecchi, è sufficiente collegarli tutti a una ciabatta. Basterà così schiacciare un solo tasto e in men che non si dica, avrete un bel risparmio sulla bolletta energetica domestica.

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di  Irene Caltabiano 

 

 

 
 


 

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Start-up green: Seabin il secchio che ripulisce il mare!

Esistono startup che danno vita a progetti che possono salvare il mondo. 

seabinUna di queste è quella che ha progettato Seabin  il secchio in grado di ripulire gli oceani dalla grande quantità di immondizia  prodotta sia dalla barche da diporto che dalle piattaforme petrolifere o navi cargo ma soprattutto da quella proveniente dalla terraferma.

L'idea è di due surfisti australiani che hanno inventato un cestino dei rifiuti marino che risucchia la spazzatura galleggiante

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Come funziona Seabin?

Questa piccola soluzione al problema è destinata a diventare grande nel tempo e l’hanno pensata  due surfisti e inventori australiani Andrew Turton e Pete Ceglinski quando hanno ideato Seabin, il secchio che raccoglie i rifiuti marini. 

Il suo funzionamento è molto semplice: una volta sistemato nell’acqua grazie a una pompa fissata a un pontile, succhia dentro un cestino la spazzatura galleggiante. E’ inoltre in grado, attraverso un depuratore, di filtrare dall’acqua tracce di petrolio e carburante.

 

Dove opera attualmente Seabin?

Attualmente 20 Seabin sono operativi in tutto il mondo. La startup ,però, cresce rapidamente  e ha in produzione 2mila unità già richieste. 

L’obiettivo dell’azienda, inoltre, è quello di rendere la produzione di Seabin più sostenibile, dal momento che il  secchio adesso in commercio è di plastica, attraverso l’utilizzo di materie plastiche riciclate : “Il nostro obiettivo più vicino è quello di costruire i Seabin con materiale riciclato al 100%, ma ciò potrebbe richiedere del tempo“, ha affermato Ceglinski. 

L’obiettivo a lungo termine è utilizzare le materie plastiche che recuperiamo noi stessi dal mare per creare nuovi Seabin“.

Seabin viene, per il momento, utilizzato in piccoli porticcioli e in ambienti controllati ma i risultati sembrano comunque promettenti. “Secondo i nostri calcoli, in un anno un seabin può raccogliere fino a mezza tonnellata di rifiuti”, spiega Pete Ceglinski. 

Di recente la startup ha collaborato con Mission Blue, un’alleanza globale che comprende oltre 200 gruppi per la conservazione degli oceani come il Seabin Project. La missione è diffondere consapevolezza e aiutare a ripristinare i nostri oceani.

Simona
blogger green

 

 

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