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Cangiari, la moda etica made in Calabria sfida la ‘ndrangheta in casa propria

Sembra quasi di vederle.

Chiara-PirroncelloDi sentire il rumore dei telai di queste instancabili Penelope. Ma, se la fedele moglie di Ulisse ogni notte disfaceva il frutto della sua fatica, Chiara Pirroncello e il gruppo di giovani tessitrici di Cangiari (in dialetto calabrese cambiare), non solo producono senza sosta.

Nel frattempo, grazie al loro marchio di moda ecosostenibile, filano una rete difficile a deteriorarsi o scolorirsi: quella sociale. Come? Un laboratorio tutto al femminile che rivendica la bellezza della tradizione unita alla forza dell’onestà. Obiettivo? Far risorgere dalle ceneri una terra troppo spesso dimenticata, facile preda di criminalità e mal governo. 

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Recuperare la tradizione

majistre-LocrideLe majistre di un tempo erano qualcosa di molto simile ad una figura mitologica. La conoscenza a memoria di tutti li cunti, ovvero le filastrocche con le quali accompagnavano la tessitura e l’estrema attenzione che dovevano dedicarle, le rendeva simili, agli occhi del popolo, a delle arcaiche sacerdotesse.

Nelle maglie di un telaio potevano passare fino a 1800 fili e solo dalla loro corretta combinazione dipendeva la riuscita del lavoro. Se si sbagliava un punto nella fase di preparazione si doveva ricominciare da capo.

«Anche se, quando l’errore non è così grave, lo si può utilizzare in maniera creativa» dice Chiara, che ha dato vita al suo piccolo laboratorio nel cuore della Locride, vicino Catanzaro.

Le conoscenze e l’esperienza le ha accumulate piano piano, grazie ai racconti della madre, una delle ultime tessitrici a mano, e alla ricerca attenta delle ultime majistre. Ha poi perfezionato la tecnica grazie a un corso di tessitura a Modena, riprendendo in toto l’antica arte del telaio e cominciando a realizzare capi di abbigliamento moderni ricamati con motivi tradizionali.

Prima però, è dovuta andare alla ricerca di un proprio telaio, girovagando tra le case di parenti. Non è stato difficile. Fino a cinquant’anni fa veniva ancora utilizzato per tessere i corredi nuziali.

 

Tessere la lotta alla criminalità

tessuto-telaioDopo una intensa fase di apprendimento, ora per Chiara il telaio non ha più segreti: sa fare tutto, dall'ordito al prodotto finale. Con lei, il suo gruppo di giovani adepte, moderne sacerdotesse che non lasciano spazio a pizzo e criminalità.

Se il laboratorio si trova a Chiaravalle, il cuore della moda ecoetica che ha ingoblato il brand Cangiari è a Gioiosa Ionica, località spesso teatro di ritorsioni mafiose.

Lì, dentro un palazzo confiscato alla 'ndrangheta, si trova la sede del gruppo Goel, cooperativa che da anni si oppone alla criminalità dilagante. Il gruppo è infatti composto da dieci cooperative sociali, due associazioni, una fondazione e 28 imprese. Un gruppo impegnato anche nel turismo etico, che produce cosmetici bio e possiede agrumeti dove è bandito il lavoro in nero e le arance vengono vendute a quaranta cent l’una.

vincenzo-linarelloÈ da lì che Cangiari ha spiccato il volo. La produzione di tessuti si è trasformata in comunità creativa, come ama definirsi, coinvolgendo altri due laboratori a Cittanova e Ardore, mantenendo la produzione sempre attiva e dando lavoro ad una cinquantina di donne.

Presentandosi come il marchio che ha sfidato la 'ndrangheta in casa propria, Cangiari ha fatto il giro del mondo, da Parigi a Tel Aviv, partecipando persino all'Arab fashion week di Abu Dhabi.

Ovviamente l’attività non va certo avanti senza alcuna intimidazione. «Ci attaccano perché sanno che abbiamo consenso» afferma Vincenzo Lianello, responsabile del progetto Goel «Ma noi abbiamo elaborato una strategia efficace: quando ci colpiscono non rimaniamo in silenzio, ma facciamo quadrato, organizziamo una festa della ripartenza e diciamo pubblicamente: "Continuate a colpirci, perché in questo modo ci rafforzate”» .

irene-caltabiano

di Irene Caltabiano

 

 

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Befana green? Ecco come riciclare i calzini spaiati

«Dove vanno a finire i calzini?» cantava Vinicio Capossela.  

Nessuno lo sa, è uno dei misteri della scienza. Buchi neri o lavatrici ingorde a parte, spesso ciò che ci rimane è il compagno orfano, destinato a marcire nel cassetto. Cosa fare perché il nostro guardaroba non si riempia di biancheria inutile? Ecco alcune idee simpatiche per riciclare i vecchi amici dei nostri piedi.
 
1) Fermacarte: niente di più semplice. Basta infilare una grossa pietra dalla forma regolare dentro il calzino, spingerla fino in fondo e cucire i lembi rimasti. Durante una bella passeggiata sulla spiaggia dunque, scegliete il  sasso che più vi piace  per evitare concerti di porte sbattute e improvvisi crolli di libri. Attenzione, non buttate i lembi rimasti. Anche quelli possono essere riciclati!
 
 
2) Arriccia capelli: la gamba del calzino residua si arrotola fino a ottenere una ciambella. Può 

essere usata per creare boccoli senza uso di ferri o bigodini. Il vantaggio è poter aggiustare la pettinatura anche di notte, evitando l'insonnia.

 
 
3) Pupazzi per i bimbi: i vecchi calzini possono diventare un fantasioso teatro di marionette. Infilate la mano all’interno del tessuto e disegnate  occhi e bocca a altezza adeguata. Potete poi cucire ciondoli o bottoni, aggiungere capelli, cappelli, cravatte, tutto quello che vi viene in mente…praticamente a costo zero.
 
4) Serpente paraspifferi: se davvero il vostro cassetto sta esplodendo, così recupererete tutti i calzini spaiati. Basta cucirli uno dopo l’altro e  riempirli con ovatta ricavata da cuscini che non si utilizzano più. Otterrete così un simpatico rettile che vi proteggerà dai colpi di freddo.
 
5) Cuscinetto per cervicale: prendere un calzino e imbottirlo con chicchi di riso o noccioli di ciliegie. Cucire l’estremità aperta e…il gioco è fatto! È possibile usarlo sia caldo (appoggiandolo per qualche minuto  sul termosifone o nel microonde) che freddo (nel freezer). E addio torcicollo.
 
6) Strofinacci: basta con swiffer e panni cattura polvere. Spugnette, pezze per spolverare, stracci per igienizzare maniglie di porte  e finestre (aggiungendo succo di limone, aceto o tea tree oil). I calzini sono davvero una risorsa illimitata perché possono essere usati fino a completo logoramento.
 
7) Scaldapolsi e sciarpe: freddo alle mani? I calzini vecchi possono tranquillamente riscaldarle. Tagliate la parte del piede con tutto il tallone (lasciando una piccola asola dove far passare il pollice). Cucire i contorni affinché gli scaldapolsi non si smaglino. Lo stesso procedimento può essere utilizzato per scaldamuscoli o coloratissime sciarpe.
 
Gli spunti sono davvero tantissimi. C’è chi ha ricavato dai calzini addirittura oggetti di design. Jay Watson ha creato lampade, trattandole con eco-resina derivata da girasoli con luci a LED. Oppure si possono riempire collant usati con fiori profumati per deodorare i vostri armadi o cassetti.
 
Poche semplici idee per far rinascere i nostri calzini a nuova vita. Senza lasciarli nei cassetti a piangere sull’amore perduto.
 
Irene
 
Scopri come ottenere una pettinatura alla Shirley Temple... solo con i vecchi calzini spaiati! Guarda il video
 

 
 
 
 
 

 

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Quartz, la bottiglia riciclabile per dire addio alla plastica

Quattrocentottanta miliardi.

plasticaQuesta la quantità di bottiglie di plastica che ogni anno finiscono tra i rifiuti. Abbastanza per avvolgere ben due volte il diametro terrestre.

Chi non darebbe una mano per migliorare la situazione ambientale sulla base di questi dati spaventosi? Spesso si pensa sia troppo impegnativo o che ci sia bisogno di cambiamenti radicali. Falso.

La tecnologia fortunatamente viene in nostro aiuto. Una startup di San Francisco ha risolto il problema dell’uso eccessivo di plastica e spreco di risorse idriche con un unico oggetto: Quartz.

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Cos’è?

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Una bottiglia che purifica l’acqua e la mantiene fredda (per 24 ore) o calda ( per 12 ore) a seconda della necessità.L’idea, diffusa tramite crowdfnding su Kickstarter, ha sicuramente fatto centro, dal momento che l’azienda ha raccolto un milione e trecentomila dollari richiedendone solo trentamila.

D’altronde è un buon compromesso dal momento che, secondo le stime dell’azienda, se utilizzassimo quest’oggetto quotidianamente risparmieremmo fino a circa 1000 euro l’anno.

Come funziona

quartz-6Una bottiglia di acciaio inossidabile con un efficace sistema germicida. L’acqua, grazie a un pulsante, viene depurata in sessanta secondi e la tecnologia si riavvia in automatico ogni quattro ore.

Niente più cattivi odori o rischi per la salute quindi. Un’alternativa valida alle tradizionali tecniche per la disinfezione, in cui di solito si sfruttano tubi al mercurio, con effetti alla lunga nocivi sull'organismo.

La batteria dura un due /tre mesi, dopodichè è possibile ricaricarla senza alcuna sostituzione. La tecnologia UVC LED ( l’acqua viene purificata attraverso un range di raggi ultravioletti con lunghezza d’onda compresa tra 250 e 282) supporta fino a 10.000 cicli.

La dimensione disponibile al momento è da 525 ml e in cinque colori, con doppio isolamento sottovuoto. Se riempita solo con acqua, non ci sarà nemmeno bisogno di particolari lavaggi.

Più acqua pulita per tutti

quartz-6Prezzo? Sul mercato 99 dollari, ma al momento è in promozione a circa 59 ( che corrispondono a 50 euro) per la fase lancio del prodotto. Gli ultimi controlli sono previsti tra gennaio e marzo, ma le spedizioni dovrebbero essere effettuate in tempo per la stagione estiva.

«Tutti vogliamo bere più acqua usando meno plastica, ma le attuali bottiglie riutilizzabili non lo rendono possibile e il risultato è negativo sia per l’ambiente che per la salute» ha dichiarato Justin Wang, co-founder di Quartz

«Abbiamo realizzato questa bottiglia per andare incontro alle esigenze dei consumatori, che possono avere così acqua pura da una bottiglia auto-pulente e non hanno più bisogno di utilizzare bottiglie di plastica».

Un’invenzione che, adeguatamente sviluppata potrebbe avere sbocchi più consistenti del semplice uso familiare. «Crediamo che tecnologia e design abbiano la capacità di trasformare le vite di tante persone»dice Weber, scienziato che fa parte del team. E sarebbe una  gran soluzione, dal momento che 663 milioni di persone nel mondo vivono senza acqua potabile

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di Irene Caltabiano

 

 

 

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