Aggiungi valore alla natura ☢

Vuoi capire chi hai davanti? Metti una torta in tavola

L’Italia.

Il Paese in cui il momento del pasto è più vicino al rituale che al semplice atto di nutrirsi. Il cibo è convivialità, condivisione e…modo di essere. "L’uomo è ciò che mangia" scriveva nel 1850 il filosofo Ludwig Feuerbach. Mai affermazione fu più veritiera ma aggiungerei: l’uomo è COME mangia. Basta mettere un gruppo di persone di fronte a un buffet dopo tre ore di conferenza sull’importanza del calcestruzzo. Capirete tante cose sulle dinamiche che muovono il mondo.

Il cibo risveglia i nostri istinti primitivi e da come ci si comporta di fronte a una succulenta teglia di pasta al forno possiamo evincere numerosi tratti del carattere di una persona. Così come adeguarci al modo di mangiare dell’altro è un segno di accoglienza e di apertura mentale, ci sono tante piccole meschinità che operiamo ogni giorno nell’approccio con  il cibo. Nessuno ammetterà mai (anche se lo facciamo tutti) che ci si affretta a prendere la fetta di torta più grossa o accaparrarsi l’ultimo sorso di caffè dalla moka mattutina. Oppure, quando andiamo a cena fuori e servono porzioni scarse, non saremo molto invogliati a tornare in quel ristorante.

Keep calm, è la natura

Tranquilli, non siamo tutti ignobili egoisti, c’è una spiegazione scientifica alla nostra ingordigia: il cibo è da sempre legato alla sopravvivenza. Ormai sedimentato da anni di strutture sociali e convenevoli, la fame è un bisogno primario, un istinto, come la riproduzione. E quando il cibo è la posta in gioco, si torna all’età della pietra, tra spintoni e azzannamenti.

Durante il Medioevo la tavola era espressione di gerarchie di potere, riproducendo i ranghi della società. La differenza veniva rimarcata anche attraverso quantità e qualità degli alimenti serviti. Insomma gli anni passano, le mamme imbiancano, ma ciò che mangiamo e come lo mangiamo continua a essere un importante indice sociale.

C’è l’elargitore, la persona che ci propone spontaneamente di assaggiare dal suo piatto. Individuo amabile, diventa sospetto quando si tratta di sedani e carote in salsa di niente (in quel caso vuole solo sbolognarci una cosa che a lui non piace).Nella maggioranza dei casi si tratta di persone generose e cordiali ma che nella vita potrebbero avere qualche difficoltà a delimitare i propri spazi, magari per paura di essere giudicati o perché tendenti a dare più adito ai bisogni altrui piuttosto che ai propri.  Ovviamente tra loro e le seguente categorie esistono cinquanta sfumature di intingolo.

Cè l'egoista, persona che difficilmente condivide  il proprio pasto con il resto del mondo. In connessione con i suoi desideri più profondi, sa ciò che vuole. La sua volontà è avere la propria parte tutta per sé, con rischio di invasione ridotto al minimo. Anche se possono risultare antipatici, magari sono persone più consapevoli del proprio territorio e più attente all’equità (oppure semplicemente irrimediabili ingordi).

Aggiungi un posto a tavola

Pensate ad esempio a chi ha difficoltà ad offrire piatti cucinati con le proprie mani. La riluttanza potrebbe essere simbolo di timore del giudizio altrui. Il cibo si condivide serenamente quando ci si sente nello stesso tempo autonomi e in relazione con l’altro. Per non parlare del posto a tavola: una scelta apparentemente insignificante può rivelare molto sulla personalità. Chi opta per il capo tavola è il leader organizzativo, la persona a cui piace dire la sua e affermare la propria opinione . Chi preferisce i posti centrali è il leader emotivo, a cui piace ascoltare le opinioni di tutti e al momento giusto dire la sua, in una condizione di assoluta parità.

La tavola diventa così un piacere ma anche campo di analisi delle tipologie umane. La prossima volta che ci sarà una torta in tavola, fateci caso.

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di Irene Caltabiano

 

 
 
 
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Lunga vita alla eco-sepoltura

Non sarà certo uno degli argomenti più allegri da affrontare. 

bara-ecologicaNé il tema jolly da usare come rompighiaccio a cena dai suoceri. Tuttavia, al di là di gesti scaramantici, la sepoltura è qualcosa che interessa tutti. Anche al momento di esalare l’ultimo respiro si possono trasmettere le proprie volontà ambientaliste, senza lasciare in eredità ulteriore inquinamento. Perché dunque non optare per un’eco-sepoltura?

Cos’è?

Niente lapidi, liquidi per imbalsamazione né sprechi. Molte agenzie si stanno dedicando a questo tipo di  attività eco-bara-di-viminifriendly, con soluzioni sempre nuove. Ad esempio la Green Endings, azienda australiana, offre una vasta gamma di urne realizzate in materiali più sostenibili del legno (vetro, ceramica, tessuti vegetali). In Gran Bretagna invece si sta diffondendo sempre più la cremazione all’interno di una bara di cartone.

Non pensate che l’ecosepoltura sia roba di nicchia. Esistono aree sempre più ampie gestite dallAssociation of Natural Burial Grounds, attiva in Inghilterrra dal ‘93. Ad un occhio meno allenato potrebbero sembrare semplici angoli di aperta campagna inglese, in realtà sono cimiteri a cielo aperto che si confondono pienamente con la natura. Si tratta di luoghi belli e piacevoli da visitare, anche per la simbologia che portano con sé. Dalla morte può sempre nascere nuova vita, come fiori e piante.

Perché i funerali tradizionali inquinano

Solo in Italia ogni anno si abbattono circa 50 km quadrati di alberi per costruire bare; il materiale di cui son fatte è spessocapsule-mundi legno pesante, difficilmente biodegradabile, per non parlare del cemento delle lapidi. Inoltre, una volta interrate, le casse rilasciano sostanze tossiche come vernici, lacche e zinco, che vanno ad inquinare le falde acquifere. Perché allora non optare per materie prime che si dissolvono nel terreno insieme ai nostri defunti, come legno di salice o vimini?

Scegliere questo tipo di inumazione sembra apporti benefici anche a livello psicologico. Alle famiglie viene dato un controllo maggiore sulla gestione della cerimonia, avendo più tempo per congedarsi dal proprio caro senza bisogno delle pompe funebri come ultimo intermediario. Un ulteriore supporto al superamento del lutto è considerare la morte come qualcosa di biologico, parte integrante della vita e della natura stessa.   

Come funziona in Italia?

In Inghilterra l’eco-sepoltura esiste già da venticinque anni anche se solo ora è giunta ad una diffusione mainstream.  E nel Bel Paese? Ultimamente si sono fatti avanti, seppur timidamente, diversi progetti. Capsula Mundi, dal team tutto italiano, prevede un’alternativa eco-sostenibile al consumo di suolo  e all’impatto ambientale dei loculi tradizionali. Il corpo del defunto viene disposto in un contenitore a forma di uovo, totalmente biodegradabile, sul quale viene piantato un albero. Ulteriori iniziative sono Arborvitae e Bios urn, di cui avevamo precedentemente trattato.

Un modo intelligente e altruista di chiudere il cerchio della vita. Per aprirne uno nuovo.

 

di Irene Caltabiano

 
 
 
 
 
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Storia di una baby carota, quel riciclo che nessuno sa

Non credete a quei deliziosi mini-ortaggi.

carota-snackSe qualcuno ancora pensava fossero una deliziosa qualità di baby carota naturale, sono qui per smentirvi. Le figliolette di Mamma Carota, sorta di brutto anattrocolo dell'ortofrutticolo, non sono nient’altro che gemelle “truccate” per regalare all'ortaggio un aspetto piccolo e piacevole. Ormai è cosa nota che nei supermercati non c’è posto per verdure deformi, nonostante siano belle dentro. 

La carota snack di Mike Yurosek

Le confezioni sottovuoto che fanno bella mostra di sé sugli scaffali del supermercato, non sono nient’altro che comuni carote tagliate in pezzi più piccoli. La trovata vincente di Mike Yurosek, coltivatore californiano che ebbe l’illuminazione nel 1986, fu renderle tondeggianti e trasformarle in snack. Che fare con tutte quelle carote bitorzolute e troppo mature? Buttarle? Giammai!

Durante gli anni Ottanta c’era meno sensibilità nei confronti dello spreco alimentare perciò le carote meno attraenti venivano dritte nelle fauci di maiali e cavalli. Yurosek non ci stava: le sue carote le amava tutte, anche le meno attarenti. Così decide di inserirle in una tagliatrice per taccole, che le riduce in pezzi più piccoli da circa cinque centimetri l’uno, l'effetto levigato venne invece dato grazie ad un pela patate. Risultato? Successo immediato.

La rivincita delle pepite arancionibaby-carota

Oggi il mercato delle baby carote costituisce circa il 70% delle vendite totali ed è uno degli ortaggi freschi più venduti negli Stati Uniti. I contadini piantano le carote appositamente una vicina all’altra per far modo che, grazie al contatto reciproco, crescano lunghe e sottili. Vengono poi lavate in una soluzione a base di cloro per eliminare i residui pericolosi mentre il resto viene destinato a foraggio o concime. Anche se ci sono molti altri modi per utilizzarle.

Questa storia ci insegna qualcosa: dare sempre una seconda possibilità. Gli scarti a volte sono il vero tesoro, bisogna solo vederli sotto la giusta luce.  

di Irene Caltabiano

 

 
 
 

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