Aggiungi valore alla natura ☢

Green banana, la startup che produce pasta e dolci dal frutto esotico

C'est ne pas une banane

banana-verdeL' originalità di un'idea dipende, spesso, dal saper guardare qualcosa di comune sotto un diverso punto di vista. Una banana, ad esempio. Chi l’avrebbe mai detto che dal frutto esotico si potesse produrre ottima pasta senza glutine?

Leggi anche: La banana? Non è solo l'unico frutto dell' amor!

Sean Patrick, originario dell’Uganda e mente dietro Green Banana, startup che sta rapidamente prendendo piede, cresce in una famiglia di coltivatori di banane verdi.

 Trasferitosi a L'Aia per un master in Agricoltura e studi ambientali, lavora in seguito per una ONG ad Amsterdam. Lì impara che la maggior parte dei progetti di aiuto non durano oltre la prima fase di finanziamento. Quindi, decide di agire autonomamente e sviluppare la sua startup.

 Green banana, dalla farina alla pasta

Sean-PatrickDa dove partire dunque? Da "casa propria". In Uganda le banane verdi sono il prodotto di punta ma, non subendo alcuna raffinazione, buona parte del raccolto finisce tra i rifiuti. Il senso di frustrazione per una tale risorsa sprecata ha portato Sean a cercare una soluzione.

Dal momento che esisteva già la farina di banana, perché non concentrarsi in profondità sulla composizione e le proprietà funzionali della gemella verde?

Leggi anche: Rubies in the Rubble, le marmellate di frutta imperfetta

Il primo passo è stata la collaborazione con l’Università di Wageningen, Paesi Bassi. «Abbiamo testato pasta, pizza e pane direttamente sul tavolo della mia cucina».

 

Banane "accelerate"

green-banana-prodottiGreen Banana è stata "accelerata" per cinque mesi da Impact Booster, programma focalizzato sul miglioramento del settore  agricolo nei paesi emergenti.

Sono stati dunque stretti accordi con i piccoli agricoltori dell’Uganda, che si occupano di colture ad alto contenuto di sostanze nutritive ma sottoutilizzate, fra cui anche legumi e amaranto.

 Il progetto è stato in seguito selezionato dal programma di accelerazione di Startupbootcamp FoodTech, incubatore di food innovation con sede a Roma.

«Durante i giorni della selezione – racconta Sean – ho preparato la nostra pasta per un gruppo di italiani. Non è andata male. Mi sono detto che se l’Italia ama la nostra pasta, il resto del mondo ne sarà sicuramente pazzo…».

Il team di Green Banana, considerata l'ampia possibilità di utilizzo della farina, sta lavorando anche su prodotti di pasticceria e snack. «Entro la fine del percorso di accelerazione vogliamo lanciare tre varietà di pasta. Stiamo lavorando per arrivare in due o tre dei principali supermercati nei Paesi Bassi e in Italia».

irene-caltabiano

 

di Irene Caltabiano

 

 

google playSeguici anche su Google Edicola »

 

Continua...

Quale poke, evviva la pasta! La storia del successo di Miscusi

Riuscite a immaginare un paradosso più macroscopico e amaro?

In tempi come quelli odierni caratterizzati dalla lotta senza quartiere ai carboidrati, e dall’infestante proliferare dei bar eredi naturali degli onnipresenti locali di sushi, tutelare e promuovere la dieta mediterranea è un gesto sovversivo e rivoluzionario.

Eppure siamo in Italia, Paese in cui la quotidianità è letteralmente impastata con farina, olio extra vergine d’oliva e pomodorini freschi

Miscusi-startupLa startup Miscusi ha accolto e rilanciato la sfida del diversamente radicale che torna a essere sinonimo di casa, famiglia, e benessere. Il suo motto? Good for you, good for the planet. Nutrirci dei prodotti donati dalla terra nel naturale alternarsi delle stagioni incide positivamente sulla nostra salute, ed anche su quella dell’ambiente, che non viene inutilmente stressato e sfiancato per produrre qualunque cosa in quantità abnormi ed in qualunque periodo dell’anno.

C’erano una volta due colleghi di università…

Miscusi nasce a Milano nel febbraio 2017 dall’unione delle forze, delle competenze e delle passioni di Filippo Mottolese (ristorazione) ed Alberto Cartasegna (food retail), entrambi nati nel 1989, l’anno del crollo del Muro di Berlino. Data spartiacque, e foriera di conseguenze a lunga gittata per la Germania e non solo.

La startup prende corpo sotto forma del primo pastificio con cucina, e dopo soli due anni di attività conta già cinque sedi a Milano, per un totale di 70mila clienti al mese ed un fatturato superiore a 4,5 milioni di euro. Oggi ci sono ristoranti anche a Bergamo, Pavia, Torino, Padova e Verona. 

Perché Miscusi?

Startup-MiscusiIl nome nasce da una constatazione che, seppur sotto gli occhi di tutti, prima della startup milanese non era stata adeguatamente valorizzata. Come spiega Alberto Cartasegna, la scelta di Miscusi ha una valenza ironica: sintetizza uno degli stereotipi attraverso cui gli stranieri, americani in primis, filtrano la loro esperienza diretta dell’Italia.

Mi scusi, frase utile ad approcciare in modo gentile i clienti in un ristorante, in un bar o in negozio dentro cui c’è molto più del trito luogo comune dell’italiano untuosamente cordiale e mosso da doppi fini, o dall’intento di raggirare lo straniero.

Filippo Mottolese ed Alberto Cartasegna hanno reso il calore genuino, l’accoglienza e la spinta gratuita al dono, la cifra distintiva di Miscusi. Basti pensare ai pranzi di beneficienza organizzati durante le feste con il coinvolgimento di familiari ed associazioni dislocate sul territorio, per consentire anche a categorie fragili o emarginate (minori rifugiati, anziani soli) di assaporare un abbraccio familiare in un momento dell’anno che per tutti - o quasi - è significativo (nel bene o nel male).

Ripartire da (e dopo ) il Covid19? Incredibile, ma vero

Startup-MiscusiMiscusi inanella una sfida vincente dietro l’altra. Non solo ha trasformato il lockdown in un’opportunità di crescita ed espansione attraverso la Bottega, prima online e poi fisica, ma ha preso spunto per esorcizzare la claustrofobica paura determinata dalle innumerevoli restrizioni e da una comunicazione pubblica non sempre efficace e coerente. Sono nate così le magliette DPCM (Due Paccheri Con Miscusi).

E la storia continua oggi, sempre più ricca di dettagli e sviluppi avvicenti. L’ultima arrivata, nella famiglia Miscusi è la Farm di Giussago (Pavia), sorta su un terreno di proprietà della famiglia Natta. Qui il parco Neorurale Hub è stato interessato da ventennali operazioni di ripristino delle biodiversità coronate dal recupero delle condizioni ambientali dell’anno 1000.

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)

 

 

 

google playSeguici anche su Google Edicola »

 

Continua...

Produrre e immagazzinare energia pulita senza essere connessi? Ci pensa NAL

Ottenere energia green e riciclare anidride carbonica senza rete Wifi?

Se prima questa era un’utopia, oggi sta per trasformarsi in realtà. Ed il merito è di Green Independence, startup pugliese in mostra nei prossimi giorni allo Smau di Parigi, che lo scorso anno si è aggiudicata il secondo posto all’interno della sezione Clean Tech dell’Unicredit Start Lab.

Green Independence, nata ad agosto 2020 e già partner del Politecnico di Torino, ha messo a punto New Artificial Leaf (NAL), una sorta di upgrade dei pannelli solari che, contemporaneamente, accumula energia, tesaurizza quella inutilizzata, e sfrutta le acque marine e di scolo per ottenere combustibili sintetici a partire dall’anidride carbonica.

NewArtificialLeafImitando il processo di fotosintesi clorofilliana, New Artificial Leaf funge da forza creatrice e ponte capace di far arrivare l’energia pulita anche in luoghi finora tagliati fuori e ritenuti marginali per problemi logistici e di connettività. Tra questi i nodi ferroviari, i parcheggi e le autostrade.

Come funziona, concretamente l’innovativa tecnologia messa a punto da Green Independence per New Artificial Leaf? A spiegarlo è Alessandro Monticelli, Ceo della startup: viene prodotta acqua distillata a partire dalle acque reflue e marine, sfruttando il calore emesso dai pannelli fotovoltaici. Questi ultimi immagazzinano energia elettrica, ed una parte viene trasformata in idrogeno grazie all’integrazione di celle elettrochimiche che, parallelamente convertono l’acqua satura di anidride carbonica in Syngas, combustibile sintetico.

NewArtificialLeafLa procedura non richiede la presenza di una rete né l’utilizzo di batterie, offrendo così una chance di riscatto produttivo e quindi economico anche a contesti tradizionalmente ritenuti poco efficienti ed appetibili. Così, questi non dovrebbero più essere smantellati e rimpiazzati da infrastrutture più moderne, con inevitabile risparmio di risorse.

Il prototipo di New Artificial Leaf dovrebbe essere messo a punto in un anno, ed entro due la startup Green Independence dovrebbe mettere a disposizione il modello da commercializzare; la sua produzione su vasta scala dovrebbe avvenire nel 2025. Intanto, ha già attirato l’attenzione di un colosso del settore energetico del calibro di Snam, che, per cominciare, ha messo sul piatto 60mila euro.

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)

 

 

google playSeguici anche su Google Edicola »

 

Continua...

 

FB  youtubeinstagram

✉ Iscriviti alla newsletter


☝ Privacy policy    ✍ Lavora con noi

Contattaci