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King's Cross Pound, a pulire la piscina ci pensano le piante

Stop a cloro e agenti inquinanti.

Nel cuore di Londra, vicino alla celebre King's Cross Station, si potrà non solo fare un tuffo in un'opera d'arte, ma contemporaneamente sperimentare la prima piscina autosufficiente. In che senso? L'acqua viene pulita e filtrata senza cloro, con processi naturali portati avanti esclusivamente dalle piante.

Si chiama fitodepurazione e consiste nel servirsi di vegetazione che tolleri elevati livelli di inquinamento. Il pond, ( in inglese stagno) è opera di Eva Pfannes e Sylvain Hertenbeerg, due architetti olandesi in collaborazione con l'artista slovena Marjetica Potrč. L'opera, volutamente installata tra gru, bulldozer ed edifici in costruzione, rimarrà aperta fino a maggio prossimo.

«Abbiamo creato un laboratorio vivente per testare l’equilibrio e mettere in discussione un sistema autosufficiente che include un ciclo della natura, acqua, terra e corpo umano» ha spiegato la Pfannes. «I visitatori sono parte del processo. L’obiettivo è la comunicazione con loro, descrivere l’equilibrio dell’essere umano con la natura e vivere in una città sostenibile». Le piante che circondano lo stagno cambieranno in base alle stagioni, diventando specchio dell'eco-sistema che le circonda. Il numero di bagnanti che avranno accesso alla piscina giornalmente verrà calcolato in base alle capacità di filtrazione delle piante.

Moda o reale innovazione? Molti preferiscono questo tipo di strutture per una genuina attenzione all'eco-sostenibilità, altri perchè sono l'ultimo modello arrivato su piazza. Fatto sta che le piscine autosufficienti esistono da tanto, ma solo adesso c'è stato un reale incremento nelle vendite. «Solitamente ne vendevamo 10, 12 ogni anno, ora il 50% in più» affermano Pfannes e Hertenbeerg. Tuttavia l'obiettivo fondamentale è saper ricreare, anche in un contesto urbano, il rapporto tra uomo-natura.

E se ci ha pensato l'Inghilterra, che di verde ne ha già parecchio....

di IRENE CALTABIANO


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Quell'orso non è un peluche

Sembra un vecchio vestito di Carnevale, buttato per terra con disattenzione.

Eppure una volta quella pelliccia si muoveva, era uno dei pochi re dei ghiacci rimasti. Gli orsi polari stanno morendo di fame, entro il 2050 potrebbero estinguersi. Cause? I cambiamenti climatici, il ghiaccio che sta scomparendo, alterando completamente gli equilibri biologici.

Un ecosistema compromesso vuol dire meno cibo. Gli orsi non riescono ad accumulare abbastanza grasso per sfamare sé stessi e i loro piccoli. Sono così costretti a spostarsi, mangiare delfini, avvicinarsi sempre più agli uomini e ai loro rifiuti, ingerendo plastica che li uccide lentamente.Le preoccupanti condizioni metereologiche nell'Artico inoltre favoriscono l'accumulo di sostanze tossiche, che abbassano tremendamente la presenza di vitamine e anticorpi nell'organismo di questi bellissimi animali.

Il Wwf si sta muovendo per porre fine a questa crudeltà tramite il progetto "Adotta un orso polare" e Greenpeace da mesi cerca di sensibilizzare la popolazione mondiale con la petizione Save the artic.

Potrebbe sembrare una bufala, ma non lo è. Le foto, scattate da Ashley Cooper, fotografo ambientale, danno un profondo senso di tristezza e rabbia. Cosa stiamo diventando? Chi siamo noi per far questo?

 

di IRENE CALTABIANO

 

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Malta dice stop al glifosato

Qualche mese fa avevamo parlato dei terribili effetti dell’erbicida più venduto al mondo.
 

Malta è diventata pioniera europea dell’eco-sostenibilità. Infatti è la prima a dire il basta definitivo al glifosato cancerogeno della Monsanto, votando per bloccare l’estensione temporale del suo utilizzo.

C’è sempre una primo ad agire e forse, da questo momento in poi, anche altri Paesi potrebbero abbracciare la stessa decisione. La Francia ad esempio ha già preso in considerazione la messa al bando di questa sostanza. Al momento i Paesi stanno agendo singolarmente perché non esiste una posizione europea univoca a riguardo. Ogni governo ha libertà di scelta per il proprio Paese, così Malta ha adottato direttamente le misure precauzionali.

E l’Italia?
 

Prosegue la campagna Stop al glifosato su Avaaz.com, per dire un no definitivo a questo veleno che inquina il 46% delle acque superficiali, dei nostri campi e delle nostre strade. Lo scorso 11 Luglio ventotto Stati dell’Unione Europea hanno espresso la volontà di minimizzare l’uso della sostanza in parchi pubblici e aree ludiche. L’Agenzia europea Echa sta nel frattempo svolgendo analisi su quanto sia elevata la tossicità del composto.

Basta rovinarci con le nostre mani. Informazione è potere di agire. 

di IRENE CALTABIANO

 

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