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Treno del foliage, la ferrovia lenta per riscoprire la bellezza della natura

Prendere un treno solo per riscoprire la bellezza della natura?

La parole chiave è lentezza per quest’itinerario alla riscoperta di un Piemonte sconosciuto ai più, immersi nei suggestivi e meravigliosi colori dell’autunno. Si chiama Treno del foliage e percorre il tratto storico della Centovalli-Vigezzina, inaugurata nel 1923 e da molti definita ferrovia panoramica più bella d’Italia. Binari che collegano Domodossola con Locarno, attraversando 83 ponti e 31 gallerie tra boschi e borghi caratteristici.

Paesaggi suggestivi e cime alte fino ai 2000 metri sul trenino blu che si muove nel silenzio della natura e tra le calde tonalità autunnali, in un'area ribattezzata Valle dei pittori. Se scegliete l’opzione Vigezzina No Limits è possibile fermarsi in una delle tante località nel percorso, passeggiare in mezzo ai boschi e raccogliere funghi e frutti di bosco. Oppure perché non usufruire dei ghiotti appuntamenti della stagione, come sagre a base di zucca o castagne, magari accompagnate da un buon bicchiere di Merlot?

Se invece preferite passeggiare in un centro urbano ci sono i due capolinea: Domodossola, con Piazza Mercato e i suoi musei e ristoranti tipici e Locarno, cittadina svizzera sul Lago maggiore. Il biglietto di A/R? Trentacinque euro. 

 State già sognando ad occhi aperti? 

 

 

di Irene Caltabiano

 
 

 

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Cosa significa la vittoria di Trump per il futuro ambientale del Pianeta

Tra le tante affermazioni inquietanti del neo presidente degli Stati Uniti, una in particolare dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme per tutti noi. 

Cito testualmente:«This very expensive global warming bullshit has got to stop. The concept of global warming was created by and for the Chinese in order to make U.S. manufacturing non-competitive. ( Questa cazzata del global warming deve finire.  È un'idea dei cinesi per rendere l’industria americana poco competitiva)». 

Non  credo di aver capito bene cosa intenda dire. Forse al capo dello Stato sta poco a cuore la natura ma ama gli animali? Purtroppo no. Le foto di Trump figlio, tronfio, con una ghepardo morto sulla spalla non promettono nulla di buono. Tutto suo padre, favorevole alla caccia.  Il pomposo repubblicano non solo non incoraggia la tutela animale ma vorrebbe diminuirla, reputando esagerato tutto “il baccano” realtivo alla questione ambientale.

Il malefico Donald ha infatti accusato lo U.S. Fish and Wildlife Service (agenzia federale per la pesca e la protezione della fauna selvatica) di usare impropriamente le norme sulla tutela della specie a rischio per bloccare i giacimenti di petrolio. Ha avuto persino il coraggio di sostenere che la protezione di alcune specie in via d’estinzione è troppo costosa. Ad esempio adduce la siccità che ha colpito la California alla deviazione di alcuni corsi d’acqua per proteggere un pesce in via d’estizione (affermazione completamente falsa).

In tema di collaboratori il presidente non si è mostrato certo più ragionevole. Ha scelto come consigliere Forrest Lucas, promotore di Protect The Harvest, associazione in aperta opposizione con Humane Society, principale organizzazione per la protezione di animali negli Stati Uniti. Difende l’impiego degli animali nel circo e vorrebbe ampliare gli allevamenti intensivi.

E, cosa ancora più preoccupante, non gli importa un fico secco delle energie alternative. Anzi, punta il dito ancora sull’Iraq perché “ gli americani non devono andarsene fin quando non avranno ottenuto il petrolio”.

Perché la politica ambientale americana dovrebbe preoccupare anche noi

Partiamo dalla foresta amazzonica. Perchè andare così lontano, direte voi? Il polmone verde più grande della Terra ha subito gravi problemi di deforestazione, perdendo negli ultimi tre anni un quinto dei suoi alberi. Una delle principali cause ( il 70% di tutte le problematiche) è l'allevamento del bestiame. La vegetazione viene infatti eliminata per trasformare il territorio in pascoli, causando una perdita enorme di spazi verdi. 

Il Brasile è il maggior esportatore mondiale di carne bovina. Il commercio verso l'Estero, dal 1996 al 2004 è aumentato di dieci volte e il governo lo sostiene con veemenza. Circa 200 milioni vengono importati in Stati Uniti. Gli allevamenti non solo dimezzano la superficie dei polmoni verdi, ma sono la principale fonte di emissione di anidride carbonica, causa del riscaldamento globale. Il termine è noto ai più ma davvero pochi conoscono le reali conseguenze del fenomeno.

Cosa provoca il global warming? Scioglimento dei ghiacciai, quindi aumento del livello del mare e successive inondazioni. Alterazioni climatiche significative, con modifiche nella distribuzione delle piogge e aumento degli uragani. Diminuizione del PH degli oceani, quindi distruzione di molte specie animali e vegetali. E questo considerando solo flora e fauna e non le conseguenze dirette sull'uomo.

La popolazione mondiale soffrirebbe infatti un'enorme diffusione di malattie. L'innalzamento dei mari diminuirebbe inoltre la quantità di acqua dolce e i raccolti peggiorerebbero a causa della temperatura. Risultato? Enormi immigrazioni di massa verso aree sempre più inospitali e incapaci di accoglierci tutti.

In un mondo iperconnesso, siamo tutti responsabili

Per Trump la COP21 di Parigi è solo un fastidioso vincolo che danneggia l’economia e la produttività degli USA. Come si fa a non capire che di questo passo tra un secolo o fra dieci anni, la wild big America potrebbe non esistere più?

Non si fa allarmismo, è la realtà. Cinque atolli delle isole Salomon sono già stati sommersi a causa dello scioglimento dei ghiacci. Nel breve periodo si teme fortemente la stessa sorte per le Maldive. Molte città che si affacciano sull’Oceano stanno già elaborando un piano d’azione nell’eventualità di un innalzamento consistente del livello delle acque.

Anni di battaglie cancellate in un solo giorno. Ecco perché non possiamo considerare l’elezione di Trump legata solo all’America. Viviamo in un ecosistema connesso e ciò che succede dall’altra parte del mondo ci riguarda in prima persona. 

 

di Irene Caltabiano

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Che ci fanno dei mobili distrutti dentro un negozio Ikea?

La casa è il luogo sicuro per eccellenza.

Il posto in cui ci rilassiamo dopo una lunga giornata di lavoro, dove ci sentiamo protetti e a nostro agio. Ma che succede se da un giorno all'altro questa certezza dovesse crollare? Se sopra le nostre teste sentissimo sempre la minaccia di un attacco imminente?

Ikea ha scelto di mettere la  realtà della guerra sotto gli occhi di tutti. In Norvegia, all’interno dei suoi store, ha riprodotto una casa siriana. In mezzo ai divani in pelle e alle camerette elegantemente arredate sbucano mattoni sbreccati e mobili spartani e malmessi, mura danneggiate dai bombardamenti.  Un’ iniziativa realizzata in collaborazione con la Croce Rossa, in appoggio alla sua campagna annuale di crowdfunding.

Una nota stonata rispetto al clima accogliente che di solito si respira nei punti vendita della catena svedese. L’ambiente è stato realizzato completamente in linea con il design classico del brand: solo i cartellini dei prezzi riportano la dura situazione in cui vertono le popolazioni dilaniate dalla guerra: paura, mancanza di cibo e acqua e difficoltà a reperire farmaci.

Snorre Martinsen, art director di POL, agenzia che si è occupata della campagna pubblicitaria, era rimasto colpito dalla povertà delle zone di guerra. «Dopo aver visitato Rana, bambina siriana, e visto coi nostri occhi come lei e la sua famiglia riescano a sopravvivere nelle zone intorno a Damasco, abbiamo voluto ricostruire la sua casa nel modo più fedele possibile».

Risultato? Quarantamila visitatori ogni settimana per un totale di 22 milioni di euro in donazioni a favore dell’attività della Croce Rossa in Siria. «Posizionare una vera casa siriana accanto a un moderno arredamento scandinavo ha reso chiaro, più di qualunque spot, quanto sia importante donare e aiutare. Sarebbe stato più semplice ricoprire un ambiente con stampe di fotografie e carta da parati, ma l’effetto non sarebbe stato lo stesso. Questa stanza è costruita sulla base dei racconti dei veri profughi scampati alla guerra.”

Nulla è più efficace di vedere con i propri occhi. 

di Irene Caltabiano

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