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Un terremoto non può distruggere un sogno. La storia di Bosco torto

Lorenzo ventinove anni, Ilaria trenta.

Come molti ragazzi della loro età cercano di trovare un posto nel mondo, con tanta buona volontà e credendo nelle loro idee. Magari mettendo faticosamente da parte risparmi per investirli al momento giusto.

Un anno fa i due giovani si sono trasferiti a San Pellegrino di Norcia (Pg), fondando Il bosco torto, azienda agricola che aspirava a diventare il più grande impianto di zafferano sul territorio nazionale. Questo prima della notte del 24 settembre, quando una scossa di magnitudo 3.0 ha sconvolto il centro Italia. Spesso, quando il Paese viene investito da tali tragedie, le persone diventano numeri e i danni si trasformano in bilanci da risanare. Invece è importante raccontare le singole storie, ridare centralità alla persone per restituire umanità.

I 30.000 euro investiti da Lorenzo e Ilaria sono andati in fumo. Alcuni dei terreni già coltivati a SuperFoods (aglio nero, barbabietola Rossa e bacche di Goji) che avrebbero sostenuto le spese del progetto, sono andati persi, poichè rientrano nell'inaccessibile zona rossa. Il laboratorio di lavorazione dello zafferano, al momento del terremoto in fase di ristrutturazione, è inagibile, insieme a tutto il materiale di stoccaggio e attrezzature. I due hanno perso anche la casa e vivono attualmente nel campo della protezione civile a San Pellegrino.

I vigili del fuoco hanno recuperato una parte del materiale di lavoro. I 120.000 bulbi, importati dall'Australia, sono stati fortunatamente ricollocati. I finanziamenti bancari, legati a fondi europei, sono però bloccati, perchè il terremoto ha fatto venire meno i requisiti richiesti per ottenere sovvenzioni.

Se la terra trema, le motivazioni di Lorenzo e Ilaria rimangono solidissime. Hanno messo in piedi una campagna di crowdfunding, un SOS da San Pellegrino di Norcia, salvate il sogno di Ilaria e Lorenzo, con cui hanno raccolto già 1420 euro. Rimangono 28 giorni per raggiungere l'ambizioso obiettivo di 20.000. A cosa servono? Riacquistare le attrezzature, rimettere in funzione il magazzino per lo zafferano, riattivare la distribuzione del prodotto e riavviare le colture andate perse.

«Un eventuale superamento del budget consentirebbe di assumere personale per l'azienda agricola, creando perciò nuovi posti di lavoro» affermano Ilaria e Lorenzo. Un piccolo aiuto per chi ha perso tutto ma non vuole rinunciare al proprio sogno. 

 

di Irene Caltabiano

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Open Garden Baladin, i cantastorie del crowdfunding per un parco...a tutta birra!

Trenta giorni, una campagna di crowdfunding su Indiegogo e duecentomila dollari.

Questi i mezzi per dare vita al primo Open Garden italiano della birra artigianale. Un luogo in cui si potrà sorseggiare ottimo nettare di malto e riunirsi lontani dal traffico cittadino, nel pieno rispetto della natura. Un giardino di 70.000 metri quadrati a Piozzo, nel cuore delle Langhe piemontesi, dove gli amanti del buon cibo degusteranno prodotti locali e parteciperanno a percorsi didattici. In alternativa, ci si può improvvisare chef e cucinare ciò che si è portato da casa o affidarsi in tutto e per tutto ai cuochi stellati presenti sul posto. 

Un sogno che Teo Musso, mastro del birrificio Baladin, vuole finalmente trasformare in realtà, al motto di “la birra è terra”. Un viaggio che parte dall’orzo, dal luppolo e dalla passione di un giovane appassionato “giullare”, che aveva già aperto nel 1996 un brewpub ( le baladin in francese significa cantastorie). L’idea alla base è l’incontro della comunità con i valori artigianali e contadini troppo spesso dimenticati, inghiottiti dal cemento cittadino.  Così, accanto ai pregiati vigneti tipici della zona hanno cominciato a far capolino i luppoleti. Gli autoctoni si sono dimostrati molto aperti a favorevoli al “sovvertimento” della tradizione.

Open Garden Baladin però non è solo birra, ma anche recupero di luoghi storici. Lo dimostra la grande cascina del 1600 che ospiterà il forno a legna per il pane, offerto fresco agli avventori. O ancora la sala convegni, i mercati dei produttori locali a km 0, la macelleria e, fiore all’occhiello, il laboratorio di cioccolato artigianale. Inoltre, per farne un vero e proprio polo culturale, l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo avrà qui una succursale che consentirà  agli studenti  di produrre birra "viva". 

Un mese di tempo per un progetto che ha già testimonial illustri, primo fra tutti lo chef Joe Bastianich. Per chi sosterrà il progetto, a seconda di quanto sceglierà di donare, sono previsti ricchi premi: da un minimo di 13 dollari, con i quali si riceverà un cavatappi intagliato in una botte di Xyauyù più un voucher birra , a un massimo di 3000 dollari . La cifra più alta prevede un’area picnic con targa permanente di ringraziamento più una cena con tre amici preparata gratuitamente dagli chef, in compagnia di Musso. Per i più zen invece, un corso privato di pittura meditativa con Lucio Maria Morra, artista e monaco buddista. 

L’offerta è davvero varia: dalla raccolta del luppolo (30 dollari), ai corsi di degustazione (150) fino alle tavole rotonde ( 300) con chef del calibro di Davide Oldani, Gabriele Bonci, Ugo Nespolo e i birrai statunitensi Greg Koch e Sam Calagione. Ma c’è di più. Al di là della generosità di ciascuno, al raggiungimento dell’obiettivo di 200.000 dollari verrà inviata a tutti i supporter un link con una video lezione di cucina organizzata da Fuudly, nuovissimo social per i food lovers.

«Abbiamo messo in campo una delle più grandi operazioni di crowdfunding ''rewardbased'' in Italia, per rendere la nostra comunità protagonista attraverso un ricco programma di esperienze» dice Musso. L’inaugurazione del parco è prevista per giugno 2017 e inizialmente aprirà solo la domenica. Entro tre anni però si vorrebbe arrivare alla disponibilità per l’intero weekend. A suggellare il progetto, una nuova birra creata per l'occasione e battezzata Open Garden.

Un’occasione d’oro, anzi di luppolo, per mettere in luce la nostra cultura enogastronomica.

-GUARDA IL VIDEO-

(Credits-Cristiana De Tollis)

 

di Irene Caltabiano

 

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Cloudfridge, il frigo smart che incrementa l'Internet delle cose

Un frigorifero che si adatta all'ambiente circostante?

CloudfridgeSi chiama Cloudfridge ed è stato sviluppato dall'Università di Pisa. Un refrigeratore pensato per le attività commerciali, per i ristoranti o i grandi supermercati, gestibile tramite un' app installata su smartphone.

Come funziona

L'elettrodomestico si raffredda nei giorni di apertura, si accende meno se la temperatura esterna cala e va in letargo nel giorno di chiusura settimanale. Non solo si risparmia sui costi di gestione mantenendo la merce alla temperatura corretta, ma i consumi energetici vengono ridotti del 30%.

Cloudfridge nasce dal connubio tra la Visible Energy di Palo Alto, impresa che consente alle aziende di sviluppare i propri Cloudfridgeprodotti tramite piattaforme di cloud, librerie software o hardware, e gli ingegneri di Viper. Cos'è? Una startup per l'Internet of things che vuole dare una vita 2.0 agli oggetti quotidiani«Il nome è l'anagramma di Viper Is Python Embedded in Real Time ma è anche un gioco di parole tra 2 serpenti, il pitone e la vipera. Quando si ha un grande microprocessore e tanta Ram si può scrivere in Python (un linguaggio di programmazione dinamico orientato agli oggetti), un serpente grande. Quando la ram è poca, allora si scrive in Viper: una serpe piccola molto velenosa» spiega Gualtiero Fantoni, professore di processi di produzione innovativi all’Università di Pisa, specializzato in ricerca sull’automazione industriale.

Viper riprogramma gli oggetti per fargli fare ciò che vuole. Nel caso di Cloudfridge acquisisce prima i dati di consumo di energia di compressore e evaporatore e li correla con le aperture della porta della cella figrorifera. Successivamente misura i dati di temperatura ambientale e le previsioni del tempo e li invia al cloud. Lì gli algoritmi di controllo ottimizzano i parametri di funzionamento del frigorifero.

«Il progetto - sottolinea sempre Fantoni- è un classico esempio di Internet delle cose che trasforma un prodotto semplice e soggetto a scarsa innovazione come una cella frigorifera adattandolo alle condizioni d'uso e comandandolo».Cloudfridge è stato premiato con 150.000 euro da ENEL tramite INcense, l’acceleratore dedicato alle aziende della clean technology.

Un nuovo fiore all'occhiello per il Bel Paese, che sicuramente, il frigorifero lo utilizza parecchio. 

 

di Irene Caltabiano

 

 

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