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Le mille vite della plastica: come costruire un condizionatore

Consumo energetico esagerato e ripercussioni sull’ambiente circostante.
 

I condizionatori d’aria elettrici non sono certo un’alternativa eco-sostenibile per trovare refrigerio dalla calura. Ashis Paul però è la dimostrazione vivente del proverbio "il bisogno aguzza l’ingegno". L’imprenditore bengalese ha costruito un impianto di aria condizionata con bottiglie di plastica, riuscendo a installare l'originale invenzione  in casa di oltre 25mila famiglie.

Si chiama  Ecocooler e fa parte di un progetto più ampio dedicato a migliorare la vita degli abitanti di villaggi rurali. Oltre il 70% della popolazione del Bangladesh vive in campagna dentro baracche di lamiera. « Durante i lunghi mesi estivi le temperature raggiungono fino a 45 gradi e queste capanne diventano saune »  dice Paul.  Così la società Grey, con il supporto dei volontari del Grameen intel Social Business Ltd, ha sviluppato il primo condizionatore green, senza bisogno di energia  elettrica, che diminuisce la temperatura interna di circa 5 gradi. Dopo i test iniziali i materiali per la costruzione sono stati messi online e scaricabili gratuitamente .

Come  costruire l'eco-condizionatore
 

Ecocooler è davvero semplice da realizzare. Occorrono:

  •  Tante bottiglie di plastica ( almeno una ventina)
  •  Un pannello di legno.

1)      Tagliare le bottiglie di plastica a metà.

2)      Forare il pannello in base al diametro del tappo delle bottiglie.

3)      Inserire le bottiglie e posizionarlo in modo che  dall’esterno sporga la parte tagliata delle bottiglie.

Perché non provare quest’alternativa green, accompagnata da un ventaglio o un buon ventilatore anzichè inquinare?

GUARDA IL VIDEO

 

di IRENE CALTABIANO

 

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Amianto? Va reso "trasparente"

L’amianto in Italia è stato bandito ufficialmente 23 anni fa. 
Niente di cui preoccuparsi allora. Eppure c’è qualcosa che non quadra. Forse quei 21mila casi di cancro maligno causato dalle fibre dal 1993 al 2012. I filamenti killer sono 1300 volte più sottili di un capello e si insinuano facilmente negli organi interni. Un dramma che si compie ogni giorno e che interessa generazioni presenti e future. 
I dati non dovrebbero stupirci.  Il nostro Paese è stato contemporaneamente il maggior consumatore  e il secondo produttore in Europa, dopo la Russia. Più di 5 milioni di amianto grezzo utilizzato in ogni settore industriale. Ma i casi di tumore non riguardano solo gli addetti al settore, quelli che per cause professionali sono naturalmente esposti ad ambienti pericolosi. 
Gli edifici industriali contaminati  sono  779, secondo il Ministero dell’Ambiente. Legambiente ne conta invece 6.913, fra cui 2400 scuole. A chi credere? Dove sta la verità? La trasparenza è il primo passo . È stata perciò lanciata su Change. Org la petizione #AddioAmianto, promossa da Wired dopo la  realizzazione dell’inchiesta Il prezzo dell’Amianto. 
Cosa si  richiede 
L’obiettivo è sollecitare il premier Matteo Renzi e il Ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti ad adottare cinque misure concrete per migliorare la chiarezza dei dati sull’amianto ( come da testo) :
1) Mappatura: pubblicazione in open data delle mappa di tutti i siti a rischio censiti dalle Regioni, anche se incompleta, insieme a una precisa e scadenzata roadmap per il completamento della mappatura nazionale. 
 
 
 
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2. Bonifica. Identificazione delle 373 aree ad alta frequentazione pubblica (scuole, impianti sportivi e infrastrutture) con la più alta priorità di rischio (classe di priorità del rischio 1) individuate dal ministero dell’Ambiente, per le quali sono richiesti interventi di bonifica urgente. 
3. Finanziamento. Finanziamento del Piano nazionale amianto presentato a Casale l’8 aprile 2013 per il coordinamento e l’esecuzione di interventi di bonifica e prevenzione accompagnati da azioni di informazione dirette alla cittadinanza. 
4. Epidemiologia. Pubblicazione obbligatoria in open data da parte delle Regioni dei dati aggiornati di mortalità e insorgenza di nuovi casi di malattie asbesto-correlate con dettaglio per comune e Asl.
5. Smaltimento. Unificazione delle procedure di controllo sull’inertizzazione e sullo smaltimento in discarica dell’amianto, sul modello di quanto già avviene a Casale Monferrato, per estenderlo a tutto il territorio nazionale.
 
L’informazione è il primo passo verso la soluzione del problema. 
L’amianto in Italia è stato bandito ufficialmente 23 anni fa.
 

Eppure c’è qualcosa che non quadra. Forse quei 21mila casi di cancro maligno dal 1993 al 2012. I filamenti killer sono 1300 volte più sottili di un capello e si insinuano facilmente negli organi interni. Un dramma perpetrato ogni giorno e che interessa generazioni presenti e future.

I dati non dovrebbero stupirci.  Il nostro Paese è stato, dopo la Russia,  il maggior consumatore  e il secondo produttore di amianto in Europa. Più di 5 milioni di asbesto utilizzato in ogni settore industriale. Ma i casi di tumore non riguardano solo gli addetti al settore, quelli che per cause professionali sono naturalmente esposti ad ambienti pericolosi.

Gli edifici industriali contaminati sono  779, secondo il Ministero dell’Ambiente. Legambiente ne conta invece 6.913, fra cui 2400 scuole. A chi credere? Dove sta la verità? La trasparenza è il primo passo . È stata perciò lanciata su Change.Org la petizione #AddioAmianto, promossa da Wired dopo la  realizzazione di un'inchiesta specifica dedicata all'argomento.

Cosa si richiede con la petizione

L’obiettivo è sollecitare il premier Matteo Renzi e il Ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti ad adottare cinque misure concrete per migliorare la chiarezza dei dati sull’amianto (come da testo) :

1) Mappatura: pubblicazione in open data delle mappa di tutti i siti a rischio censiti dalle Regioni, anche se incompleta, insieme a una precisa e scadenzata roadmap per il completamento della mappatura na

2) Bonifica: identificazione delle 373 aree ad alta frequentazione pubblica (scuole, impianti sportivi e infrastrutture) con la più alta priorità di rischio (classe di priorità del rischio 1) individuate dal ministero dell’Ambiente, per le quali sono richiesti interventi di bonifica urgente. 

3) Finanziamento: sovvenzioni al piano nazionale amianto presentato a Casale l’8 aprile 2013 per il coordinamento e l’esecuzione di interventi di bonifica e prevenzione accompagnati da azioni di informazione dirette alla cittadinanza.

4)Epidemiologia: pubblicazione obbligatoria in open data da parte delle Regioni dei dati aggiornati di mortalità e insorgenza di nuovi casi di malattie asbesto-correlate con dettaglio per comune e Asl.

5)Smaltimento: unificazione delle procedure di controllo sullo smaltimento in discarica dell’amianto, sul modello di quanto già avviene a Casale Monferrato, per estenderlo a tutto il territorio nazionale.

L’informazione è il primo passo verso la soluzione del problema. 

 

 di IRENE CALTABIANO

 

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Chi ha paura della Via Lattea?

Chissà se il sor Dante, vissuto ai nostri giorni, avrebbe formulato comunque la celebre frase "e uscimmo a riveder le stelle".

Leggenda vuole che, negli anni ‘90, avvenne un potente black out nel Sud della California. Molte persone chiamarono preoccupate il 911 ( numero di emergenza) perchè avevano notato la presenza di nuvole strane nel cielo. Le bizzarre nebulose altro non erano che la Via Lattea, visibile per la prima volta in tutto il suo splendore. 

La cosa non dovrebbe stupirci. L’inquinamento luminoso cittadino è tale da falsare completamente la luce naturale. L’80% della popolazione mondiale non riesce più a vedere le costellazioni. La Via Lattea è infatti nascosta a più di un terzo dell'umanità, il 60%  degli europei e quasi l'80% dei nordamericani. I cieli più inquinati? Sud Corea e Italia. Solo Scozia, Svezia e Norvegia possono ancora godere, nelle ore notturne, di una luce più o meno naturale. 

Un gruppo internazionale di scienziati (Istituto italiano di Scienza e tecnologia, Noaa-Agenzia statunitense per l’atmosfera e gli oceani,il Centro tedesco di ricerche geologiche e l’università israeliana di Haifa)  ha pubblicato una ricerca su Science Advances, dalla quale è emerso che, in pochi decenni, abbiamo avvolto il Pianeta con una coltre che oscura una dei più grandi doni della natura: la volta celeste.

I dati, raccolti da un satellite della Nasa, sono stati rielaborati tramite un computer capace di calcolare la velocità di propagazione della luce nell’atmosfera. Risultato? Le stelle che vediamo sono una parte irrisoria rispetto a quelle che, in potenza, potremmo osservare. Le  luci della città sono in grado di raggiungere distanze di molti chilometri. Ma la nota dolente non è solo perdersi uno spettacolo unico:  la massa di inquinamento luminoso non fa bene a fauna e flora, che vedono alterati i loro ritmi naturali.

Cosa possiamo fare?

Se ciascuno di noi prendesse alcuni piccoli accorgimenti si avrebbe in poco tempo un cambiamento significativo. In particolari i proprietari di negozi e attività commerciali dovrebbero cercare di ridurre al minimo la dispersione di luce verso l’alto, per esempio spegnendo le insegne pubblicitarie e decorative  dalle 23 all’alba del giorno successivo. Inoltre sarebbe conveniente impostare sensori di movimento per accendere le luci di sicurezza solo quando necessario e vietare l’uso di fari rotanti o fissi  di discoteche o supermercati.

«Amici miei, o gli astri sono grandi geometri, o sono stati disposti da un eterno geometra» ( Voltaire). Preservare la bellezza è compito nostro. Sennò fra qualche decennio non potremo nemmeno sognare ad occhi aperti di fronte al firmamento.

 

di IRENE CALTABIANO

 

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