Non sarà la soluzione del secolo ma perlomeno è un passo avanti.
Si tratta di un momento storico in cui si ha piena coscienza dei rischi a cui andiamo incontro con l’uso sconsiderato di risorse del Pianeta. Si è da poco conclusa la conferenza sul clima che ha riunito tutte le potenze mondiali. Il Paris Agreement , sottoscritto il 12 dicembre, offre un barlume di speranza, anche se non sarà sufficiente a evitare conseguenze irreversibili. Nonostante questo sembra che per la prima volta il mondo si sia alleato per tagliare inquinamenti, limitare ricorso a combustibili fossili e optare per soluzioni energetiche più intelligenti. Solo così riusciremo a garantirci un futuro senza mettere a repentaglio il Pianeta.
PRO
1) Mantenimento della temperatura media globale al di sotto di 2 gradi.
2) Maggiori controlli in itinere e valutazione ufficiale di processi di miglioramento ogni cinque anni.
3) I Paesi partecipanti devono fare un vero e proprio inventario delle principali fonti di inquinamento interne. Dovranno essere monitorate emissioni di carbonio, metodi di misura standard, progressi fatti di volta in volta per ridurre le esalazioni.
4) Differenziazione delle responsabilità. I Paesi sviluppati avranno obiettivi di riduzione mentre ai Paesi in via di sviluppo vengono richiesti sforzi di mitigazione.
5) Investimento pubblico per un totale di almeno 100 miliardi di dollari l’anno per aiutare Paesi a basso reddito a proteggersi da minacce legate al cambiamento climatico globale.
CONTRO
1) Siamo sicuri che due gradi siano sufficienti? Molti non erano convinti fin dall’inizio. Si dovrebbe infatti rimanere al di
sotto di questa soglia per evitare gravi conseguenze legate al riscaldamento globale. Comunità costiere e nazioni insulari sono a rischio di catastrofi ambientali e subirebbero gravi effetti dovuti a innalzamento dei livelli del mare.
2) Gli impegni annunciati sono sufficienti a ridurre soltanto di un grado il trend attuale di crescita delle emissioni di gas serra. Cruciale quindi la revisione di tale impegno entro e non oltre il 2020. La prima verifica è stata però fissata nel 2023.
3) Mano leggera anche su impegni derivanti da deforestazione e sparizione di polmoni verdi sulla Terra. Gli Stati sviluppati hanno dichiarato che saranno disposti a supportare il processo di Carbon Neutrality ( zero emissioni) per i Paesi in via di sviluppo e finanzieranno il Green Climate Fund e altre iniziative ma in modo volontario.
4) Insoluta anche la questione del massiccio contributo dell’agricoltura alla produzione di gas serra. Sistemi di coltivazione e allevamento causano infatti rilascio nell’atmosfera di una percentuale di emissioni climalteranti compresa tra il 18% e il 51% di tutte quelle riferibili alle attività antropiche.
Tuttavia gli accordi di Parigi dovrebbero essere affiancati da un altro tipo di rivoluzione, che non passa per gli accordi internazionali ma che vede nella società civile la vera protagonista.
Irene
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