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Lavori green: " il cacciatore" di sentieri

Hunter: in inglese, cacciatore. 

bici1Trail? Sentiero, pista. Cosa c’è di meglio di andare in giro sulla propria bici alla ricerca dei percorsi su due ruote più belli del mondo? 

Matt Hunter: un nome, un destino. Questo ragazzone canadese è noto a moltissimi appassionati perché la sua immagine evoca libertà, divertimento, velocità e avventura.  

Ma, soprattutto il trail hunter ama alla follia la sua mountain bike, una Specyalized. 

La passione per le due ruote si sviluppa già da quando aveva dieci anni.  Matt cresce infatti a pane, mountain bike e idoli come John Tomac e Wade Simmons

In giro per il mondo

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Ora Matt lavora per la Specyalized: l'azienda ha deciso di inventarsi una serie su YouTube in cui Matt va in giro per il mondo a cercare i percorsi per mountain-bike più suggestivi, sperduti e pericolosi. E si chiama, appunto, trail hunter. 

 

Percorsi nel Minami Alps National Park in Giappone, oppure tra le foreste del monte Kitadakeuna, regione ricca di cascate fiabesche e paesaggi lontani.  O ancora nella foresta nera tedesca, tre le Isole del Golfo della British Columbia, in Canada,  sul campo di Iris più grande dell’Asia. O in Jamaica, a bere latte di cocco a km 0.

Lì, peraltro, Hunter ha costruito un pump truck così da poter insegnare ai bambini ad andare in bici. Il tutto, sotto le dolci note del classico reggae jamaicano e della filosofia di vita rastafariana: la felicità è dove il tuo cuore si sente soddisfatto.

Il consiglio di Matt? È semplice. «Iniziare a pedalare. Non preoccupatevi della bici o dell’equipaggiamento, ma pedalate tutte le volte che potete. Gli upgrade sulla bici o una bici nuova diventeranno naturali quando ne avrete bisogno. Quando ho iniziato ho usato bici pesanti che erano proprio fuori luogo, ma non importava. Il momento della scelta deve essere un momento di divertimento. Ci sono bici per ogni tipo di sentiero, quindi pensate su quali sentieri andrete e su quali sentieri vorreste andare».

Non potrà non venirvi voglia di viaggiare.

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di Irene Caltabiano

 

 

 

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Friggi e ricicla! In arrivo la prima plastica dall'olio esausto

Plastica bio? Arriverà dall’olio

plasticabio1Spesso ci siamo chiesti cosa fare con l’olio esausto che rimane in padella. La tecnologia che permette di trasformare in polimero un acido grasso è stata sviluppata in Italia dai laboratori della Bio-on, un’azienda bolognese che sta nascendo attorno alle plastiche biodegradabili a base di alcanoati.

Tale soluzione potrebbe contribuire a risolvere due grossi problemi: la sporcizia generata dalla plastica  e l’inquinamento prodotto dagli oli usati. Entrambe però hanno tempi di smaltimento lunghi.

Cosa hanno prodotto gli scienziati? Dall’olio di frittura hanno prodotto la bioplastica PHAS, secondo un processo completamente naturale. 

«Questa novità è il risultato di due anni di ricerche e permette di attingere alle enormi quantità di questo prodotto di scarto — aggiunge Astorri — soprattutto in mercati come quello del Nord America e dell’Asia, dove il consumo di cibi fritti è elevato e la quantità di olio usato supera, secondo una nostra stima, il miliardo di litri al giorno. 

 

Oggi le plastiche biodegradabili a base di alcanoati si producono partendo da:

• melassa di barbabietola e canna da zucchero

• scarti di frutta e patate

• carboidrati in genere

• glicerolo

Grazie a un sistema di trattamento preventivo dell’olio di frittura usato, la bioplastica prodotta ha le stesse caratteristiche di quella generata partendo da altre materie prime. La plastica a base di alcanoati ha le stesse prestazioni di quella ottenuta dal petrolio è decisamente più digeribile dall'ambiente. 

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di Irene Caltabiano

 

 

 

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Chi è Greta, la piccola attivista che vuole dare all'ambiente una grande mano

Minuta, treccine strette e sguardo fiero. 

greta1Una novella Pippi Calzelunghe che lotta per una causa più alta che salvare Villa Vilacolle. Segni particolari?  Ha soltanto quindici anni.

Si chiama Greta Thunberg, è svedese e sta portando avanti, sola, una battaglia su cui dovrebbero aver già posto attenzione tanti adulti: sensibilizzare i politici sul riscaldamento globale e il conseguente cambiamento climatico.

Solamente nella sua città, Stoccolma,  la ragazzina ha vissuto l’estate più calda degli ultimi 262 anni. Perciò, dal 20 agosto, la coraggiosa attivista è seduta di fronte al Parlamento europeo per protestare contro la noncuranza dei potenti.

Leggi anche: Rose Thorpy, la ranger più anziana del Gran Canyon, ci regala una lezione importante

Pensare al futuro

greta2Niente scuola per lei: tanto, che futuro può avere in un mondo  in cui i grandi della Terra non riescono a contrastare il riscaldamento globale?

Con il suo impermeabile giallo e uno zaino pieno di libri e compiti  svolti, Greta legge scrive, distribuisce volantini. Sui fogli che dispensa, una sola scritta: «Lo faccio perché consideriate il mio futuro».

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I suoi genitori sono contrari alla protesta e vorrebbero tornasse a scuola, Di contro gli insegnanti credono che umanamente la battaglia di Greta sia giusta. Dal punto di vista professionale chiaramente temono che ciò possa incidere sul rendimento.

La cosa fa quasi sorridere, dal momento che la Svezia risulta pioniera contro il riscaldamento globale e  ha promulgato quest’anno la legge più ambiziosa al mondo: eliminare totalmente le emissioni di carbonio entro il 2045. Tuttavia, proprio perché avviene in un luogo che già si mostra più attento del resto del mondo, regala al suo gesto maggiore forza.

Leggi anche: Come l'indifferenza sta uccidendo delfini e orsi polari

Global warming, un problema comune

greta3«È mia responsabilità morale fare ciò che posso. Voglio che i politici diano priorità alla questione climatica, concentrandosi sul clima e trattandolo come una crisi» dice «I fatti non contano più, i politici non ascoltano gli scienziati, quindi perché dovrei imparare?»

Fa quasi paura la profondità di pensiero di questa ragazzina che, al momento, non ha mai ceduto e si è sempre mostrata convinta del suo gesto. Greta, peraltro, soffre della sindrome di Asperger, una lieve forma di autismo.

«Credo che una persona possa fare la differenza. La mia malattia ha contribuito ad aprirmi gli occhi sulla crisi climatica».

Non possiamo che essere al fianco di questa piccola amante del proprio Pianeta. E sarebbe bello se, spontaneamente, altre persone avessero queste iniziative e portassero avanti una lotta senza armi. In cui gli unici sconfitti saremmo sempre e comunque noi.

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di Irene Caltabiano

 

 

 

 

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