Lavorare 2.0

Ami la moda ma non ti senti un fashion blogger? Forse il sartorialist è la tua strada

L'abito non fa il monaco ma Eligo sì

eligo-1Ormai da tempo noi classe '80-'90 siamo stati abituati alla massima “il lavoro bisogna inventarselo". Proprio come un vestito, cucito ad hoc sul carta-modello delle nostre aspirazioni.

I ragazzi di Eligo devono aver preso questo consiglio alla lettera, creando una nuova figura professionale: il sartorialist. Colui che "vede come un sarto, ascolta come uno psicologo e consiglia come un personal Shopper" .

L’idea è di Giuseppe Catella, 38 anni, barese, bocconiano e alle spalle un Master in business administration e diversi lavori in aziende tradizionali. 

Come spesso succede, la scintilla è scaturita da un’esigenza personale. 

«Non sono alto, ma ho le spalle larghe e per me era impossibile trovare l’abito ideale per i colloqui di lavoro».

eligo-5Dal momento che nessun poteva far fronte al suo problema, Giuseppe ha trovato da sé la soluzione, radunando un gruppo di colleghi provenienti dalle stesse scuderie, con competenze diverse. Il risultato è una piattaforma online che valorizza la qualità italiana e fa da ponte tra domanda e offerta.

La richiesta di abiti nostrani di haute couture è sempre stata alta ma la disponibilità di sarti professionisti è in continua diminuizione. I pochi con esperienza o sono anziani e restii all’utilizzo della tecnologia.

Dunque se Maometto non va alla montagna, è l’alta sartoria che si mette a disposizione delle diverse esigenze del cliente.

Cosa fa esattamente un sartorialist?

sartorilaist-8Crea uno stile su misura. All’interno di Eligo è possibile prenotare un colloquio con esperti (netta la maggioranza femminile) totalmente dediti alla customer experience.

 Il sartorialist accompagna infatti nella scelta di tessuti, modelli, personalizzazioni, accessori, così da creare il look perfetto, completo in ogni singolo dettaglio. 

È possibile incontrare gli esperti direttamente nello showrooom, oppure in casa, dove il/ la professionista può farsi un’idea migliore sulla creazione di uno stile ad hoc.

Il cliente tipo?  Generalmente uomo, compreso tra i 35 e i 45 anni, che lavora in città-poli finanziari o in studi legali o notarili, amante dello stile italiano e dei prodotti di alta qualità.

«Alcuni vengono perché hanno bisogno di un abito che li faccia risaltare sul posto di lavoro, altri perché desiderano crearsi uno stile personale, fresco e unico» 

dice Giulia L,  laurea in Psicologia delle Comunicazioni e del Marketing presso l’Università Cattolica di Milano, per cui diventare sartorialist è stata conseguenza naturale del suo amore per l’osservazione delle caratteristiche psicologiche ed estetiche di ogni individuo.

«Spesso all’inizio i clienti acquistano una camicia, provano la qualità e poi passano all’abito, fino ad arrivare all’outfit completo.  Molti sono alla ricerca di capi ricchi di dettagli e personalità, che sia un’asola asimmetrica o una fodera della giacca più fantasiosa».

 

Un business internazionale

La maggioranza dei clienti richiede un vestito blu in stile classico, fatto con tessuto Zegna, un monopetto due bottoni e pantaloni con risvolto all’italiana. Ma le scelte da campioniario sono oltre 5000.

Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti.  Questa figura si è diffusa in maniera così rapida che il team, composto da 11 persone, presta i suoi servizi anche a Roma, Firenze, Palermo, Abu Dhabi e Dubai.

La formazione avviene direttamente in Academy a Milano e i sartorialist vengono retribuiti con il 20-30% del prezzo finale del capo. L’azienda è inoltre alla ricerca di ambassador che promuovano prodotti.

Qualcuno vuole farsi avanti?

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

 

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Colloquio di lavoro? Ci pensa Vera Robot

Mani sudate, ansia, preoccupazione su chi ci si potrebbe trovare di fronte.

vera-robotTutti abbiamo fatto un colloquio di lavoro, con relative paranoie del caso. Paura di confonderci, fare brutta figura, utilizzare le parole sbagliate. Tuttavia, nei prossimi anni, potremmo trovarci di fronte come esaminatrice una bella donna dagli occhi celesti e dai capelli chiari, sempre la stessa. 

Forse qualcuno potrebbe sentirsi ancora più in soggezione: Vera  viene dalla Russia, parla due lingue e cambia voce a seconda di chi si trova davanti. Non si stanca, non ha bisogno di pause tra un colloquio e l’altro e può svolgere fino a 1500 interviste al giorno. 

Recruiter virtuali

vera-7Tranquilli, non si tratta di sfruttamento lavorativo. Vera è un robot e nasce per aiutare le aziende a connettersi più velocemente con le persone in cerca di lavoro. 

«Volevamo creare qualcosa che funzionasse un po’ come Uber» ha raccontato Alexei Kostarev, uno dei cofondatori  di Stafory, startup che ha creato l'avatar grazie al sistema Al, secifico per il recruitment «ma che potesse essere applicato al campo del recruiting per le posizioni lavorative disponibili».

 

Il procedimento è semplice, veloce e soprattutto completamente automatico. Le aziende forniscono al software una descrizione del lavoro insieme alle domande che verrebbero poste in un colloquio tipo e il software, a sua volta, fa una ricerca sui principali siti di annunci per i CV più adatti.

Quando viene trovato il match perfetto, sulla base di alcune parole chiave, è la stessa Vera a chiamare automaticamente il candidato per intervistarlo.

I colloqui durano circa otto minuti e, grazie al machine learning, il software è in grado di rispondere alla maggior parte delle domande che gli vengono poste dagli stessi intervistati. «Ad oggi siamo in grado di arrivare all'estrema precisione nell’82% dei casi»aggiunge Kostarev, «cifra che vorremmo far salire fino all’85% nei prossimi mesi».

Un aiuto reale

ikea-russiaNonostante tutto però il capitale umano non sparisce del tutto; in seguito i profili più promettenti vengono passati ai reclutatori che prendono la decisione finale sull’assunzione. 

Prima che giunga la pioggia di critiche, l’obiettivo di Vera Robot non è dunque sostituirsi all’uomo ma agevolarne il lavoro sbrigando per lui in automatico le diverse ore richieste dallo screening dei candidati.

Una proposta che sembra aver riscontrato l’interesse di molti. Vera collabora oggi con 200 aziende sul suolo nazionale, tra queste anche IKEA Retail Russia. Il software non si pone limiti geografici e la scelta di un approccio bilingue, nonché la possibilità di cambiare alcuni aspetti come velocità o suono della voce, fanno pensare a un futuro sviluppo a livello globale.

Molti si lamentavano che i robot ci avrebbero tolto il lavoro. Sembra che invece, in questo momento, siano proprio loro a darcelo.

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di Irene Caltabiano

 

 

 

 

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Professione teen coach: gli adolescenti di oggi sono gli adulti di domani

«Mi sento inadeguato, non riuscirò mai a concludere niente, sono un buono a nulla».

ragazza-tristeIn poche parole? Non sono abbastanza. Viviamo in un mondo super competitivo, in cui gli adolescenti sono bombardati da una moltitudine di informazioni e una quantità enorme di stimoli. Una corsa continua verso la perfezione, che li costringe al tutto e subito, a dare sempre il massimo nel minor tempo possibile.

Qual è il risultato di questi ritmi forsennati? Chi non riesce a stare al passo, viene considerato, o peggio si considera inadeguato, sviluppando una corazza di insicurezze e scarsa autostima.

Un circolo vizioso che in alcuni casi può portare a gettare completamente la spugna, a rimanere al punto di partenza arenandosi nella nullafacenza più totale.

Ed è qui che entra in gioco il teen coach, figura professionale che si sta facendo strada tra le nuove branche del life coaching.

Una figura in crescita

luca-stanchieriObiettivo? Tirar fuori le vere vocazioni dei ragazzi e far capire loro cosa vogliono essere nella vita.

Luca Stanchieri, 53 anni, alle spalle diverse pubblicazioni sul mondo dei teenager e trasmissioni televisive quali  Adolescenti, istruzioni per l'uso, Cominiciamo beneQuesta casa non è un albergo, è la figura di riferimento in Italia per questo tipo di lavoro. Nel 2004 fonda infatti la Scuola di coaching umanistico per adolescenti con sede a Roma e Milano.

Due lauree, una in Economia e Commercio, l'altra in Psicologia, quando Luca comincia a interessarsi alla professione di teen coaching quasi nessuno in Italia sa cosa sia.

«Ho fatto il tirocinio all’Istituto di Scienze dello sport del Coni dove si allenavano gli atleti che avrebbero partecipato alle Olimpiadi. Lì ho trovato le prime riviste che parlavano di questa disciplina molto in voga negli Stati Uniti». Comincia così l'avventura che l'avrebbe portato a farsi conoscere come professionista dal grande pubblico.

Cosa fa un teen coach

teen-coachIl teen coach non è uno psicologo perchè non tratta un malessere mentale, ma è più una figura di orientamento, analisi e training psicologico su tre temi caldi del periodo adolescenziale: formazione dell'identità, il relazionarsi con i propri pari, avere un progetto di vita.

Il problema sta anche nel fatto che i genitori  al giorno d'oggi non riescono più a trovare un modello educativo, dato che  quello fatto di regole e imposizioni non funziona più. «Ci sono adolescenti che smettono di studiare ,fare sport, a cui interessa solo uscire con gli amici, che vedono impegno e fatica come un ostacolo» afferma Stanchieri.

Per questo il teen coach ha elaborato una metodologia che ha definito coaching umanistico, percorso in cui si lavora sulla potenzialità, dall'interno verso l'esterno. Il training invece normalmente è performatico,va in direzione inversa, dando per scontato che il cliente abbia un obiettivo già prefissato e  dunque insegna come raggiungerlo.

 

Il ragazzo, nel percorso di teen coaching, viene concretamente aiutato a formarsi un'identità positiva, sviluppare la capacità decisionale, allenare le proprie potenzailità ma soprattutto a scoprirle e metterle in luce, affrontando le paure e definendo una propria filosofia di vita.

Una disciplina che non coinvolge solo i ragazzi ma anche mamme e papà. Infatti ogni tre sessioni con l'adolescente ce n'è una con i genitori. «L’indipendenza nasce quando c’è una dipendenza sana» dice Stanchieri. Per questo è importante comprendere che tipo di rapporto si è sviluppato precedentemente con le figure di riferimento principali.

Cosa occorre per fare il teen coach?

teen-coachÈ preferibile una formazione umanistica. Le lauree più adeguate sono Scienze della formazione, Filosofia, Psicologia. Occorre anche avere una certa empatia con il mondo adolescenziale; meglio infatti seguire un corso di coaching specifico per i teenager.

Ancora nel settore non c'è una vera e propria domanda, dal momento che è una professione non  completamente inquadrata o definita. Chi si specializza in teen coaching deve essere molto competente, ma anche un po’ creativo, e inventare dei modi per proporre il suo servizio.

«Con le scuole, noi abbiamo tenuto laboratori sulle vocazioni che hanno coinvolto centinaia di studenti. Obiettivo: sperimentare diverse professioni per far loro scoprire che cosa li appassiona».

Gli adolescenti di oggi sono gli adulti di domani. Perchè non agire per crescere persone realizzate e soddisfatte di sé stesse?

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di  Irene Caltabiano 

 

 

 

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