Cos'è il growth hacker?
Forse conviene partire dalla definizione di growth hacking.
Un tipo di attività alla cui base è presente una forte creatività necessaria a migliorare i risultati del marketing in contesti nuovi. Situazioni in cui, se non esistono soluzioni prestabilite, è necessario inventarsele.
Una forma mentis, insomma, orientata alla crescita. Diventare growth hacker significa portare il marketing tradizionale un passo oltre, sviluppando un processo di crescita focalizzata contemporaneamente su innovazione, sperimentazione e analisi dati.
Quel che rende i growth hacker rari è il variegato background di conoscenze. Una figura ibrida, che nasce all’interno delle startup e si è diffusa in numerose branche del mondo del lavoro.
Competenze per diventare growth hacker?
- Marketing: deve avere conoscenze di copywriting, psicologia e comportamenti della clientela sulla base dell’analisi dati.
- Prodotto e design: il growth hacker deve essere anche un po’ product manager, con il compito di pianificare obiettivi e strategie necessarie per la commercializzazione di un prodotto.
- Programmazione: alle volte serve capire le logiche di chi scrive il codice e quindi anche saper intervenire su esso. All’occorrenza quindi conoscere alcuni dei principali linguaggi informatici e saper scrivere qualche riga di codice.
- Avere competenze nell’ottimizzazione SEO, nel content e mail marketing, social marketing e advertising.
Growth hackers, i pirati del web
Per capire ancora meglio il processo secondo il quale si muove un growth hacker c’è un acronimo spesso utilizzato dagli addetti al settore: ARRRR ( sì, come il classico urlo piratesco). Cosa significa?
- Acquisition (acquisizione)
- Activation (attivazione)
- Retention (mantenimento)
- Referral (procacciamento)
- Revenue (entrate)
L’ARRR è stato inventato da Dave McClure, fondatore di uno dei più importanti acceleratori di startup al mondo, che suddivise ogni attività di business in cinque passaggi precisi e per ognuno di essi identificò metriche e step da rilevare.
Esempi famosi di growth hacking
Neil Patel, growth hacker di Airbnb, per creare l’impero dell’home sharing, altro non fece che reverse engineering (ingegneria inversa) basandosi sul sito Craiglist, celebre portale americano di annunci di vario tipo.
Scoprì infatti come consentire ad ogni utente che registrava la casa su Airbnb di pubblicare l'annuncio automaticamente anche sull'altra piattaforma. Piccolo particolare? Il team di Craiglist non ne era a conoscenza.
Tuttavia, ciò comportava non solo rendere la propria offerta più appetibile e dotarla di maggiore autorevolezza ma di creare una serie di legami non ufficiali tra i due portali, migliorando credibilità e visibilità della neonata Airbnb.
Ma si possono fare esempi di growth hacking anche non necessariamente nel mondo digitale. Avete presente il film The founder, quello su Ray Kroc, fondatore di McDonald’s? Fu lui ad individuare nella strade interstatali un modo per ampliare la clientela della celeberrima catena di fast food.
Quanto guadagna un growth hacker
La media dello stipendio mensile varia dai 20 ai 35mila euro per una figura junior e raggiunge i 130.000 per un profilo senior. Ogni grande azienda è interessata a questo ruolo e ciò fa capire che di certo non è un fenomeno passeggero.
I primi passi per fare il growth hacker è comprenderne le basi. Sul web si può trovare molto materiale, risorse come growthackers.com creato da Sean Ellis, uno dei marketer più capaci degli ultimi anni e creatore della parola stessa, oppure libri come Definitive Guide to Growth Hacking del growth hacker Neil Patel, disponibile gratuitamente sul suo sito.
Come si può descrivere un growth hacker in una sola parola?
Parola chiave? Multidisciplinarietà
Il growth hacker fa di questa caratteristica il suo punto di forza. Non vuole diventare il migliore in un campo, ma padroneggiare quante più discipline possibili.
Estremamente preciso e attento ai dati, ma anche creativo. Conoscitore del marketing online ma anche concentrato sulla concretezza del prodotto. Interessato a far crescere il suo business ma sempre tenendo d’occhio il cliente.
Allora, pensi di averne la stoffa?