Lavorare 2.0

Creare una Startup? Ecco dove conviene

I 20 posti migliori al mondo per creare una startup

startup_reportIn quale ecosistema una startup early stage ha le maggiori possibilità di costruire un successo globale? 

Ebbene, la risposta ci viene data da uno dei report più interessanti e completi sull’andamento degli ecosistemi mondiali delle startup, vale a dire il Global Startup Ecosystem Report

Basandosi  su parametri ed indicatori molto precisi e dettagliati, questo importante report ha individuato per il 2017 il posto migliore per fare startup, la Silicon Valley, che però si distanzia di poco da New York.

Più precisamente il Global Startup Ecosystem Report 2017 ha fatto una classifica dei primi 20 ecosistemi per startup, oggi attivi nel mondo, basandosi su 5 indicatori

  1. performance
  2. funding 
  3. market reach 
  4. talent startup experience.

Il primo posto è occupato dalla  Silicon Valley, a seguire ci sono New York, Londra, Pechino, Boston, Tel Aviv, Berlino, Shanghai, Los Angeles, Seattle, Parigi, Singapore, Austin, Stoccolma, Vancouver, Toronto, Sydney, Chicago, Amsterdam, Bangalore.

In particolare la Cina si conferma la seconda potenza globale in termini di capacità di creare aziende tecnologiche dopo gli Usa e il nord Europa.

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E… l’Italia?

Il nostro paese a quanto pare non è ancora considerato tra quelli in cui conviene lanciare una startup

Il motivo, probabilmente, risiede nel fatto che  ha ancora una storia breve di supporto all’ecosistema startup. 

Infatti, secondo alcuni studiosi, ci vogliono circa 20 anni per costruire un ecosistema startup dinamico e fervido e nel nostro caso, ad eccezione di alcuni casi isolati, solo recentemente si sono compiute azioni a favore alla crescita di questo ecosistema . 

Basta pensare che il famoso decreto startup che con pregi , difetti e molti limiti ha segnato comunque un punto di svolta è del 2012.

Simona
Blogger startupper

 

 

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Marco De Cecco: “quale hobby, la cucina è l’arte di cui vivo (in tutti i sensi)”

Convivialità, “pretesto” per esprimere le proprie passioni, gusti e preferenze, voglia di sperimentare (e sperimentarsi). Lungi dall’essere semplicemente lo strumento attraverso cui sfamarsi e sopravvivere, la cucina rappresenta queste tre cose … e molto altro. È l’occasione che permette di dare corpo e veder crescere il proprio estro, la creatività, e ciò che rende unica e inconfondibile l’indole individuale. 
Il cibo è forse uno dei mezzi di comunicazione più potenti, immediati e versatili. Non è un caso, quindi, che l’esplosione del web 2.0 sia stata caratterizzata dall’ascesa di nuovi profili quali quello del food blogger. Tuttavia, in un settore quale quello della cucina a fare la differenza sono prima di tutto le doti dimostrate sul campo, o, per meglio dire, dietro i fornelli. Non è un caso, quindi, che, sempre più spesso, chi emerge coniuga l’innovativo ruolo di influencer con quello più tradizionale di chef. 
Ciononostante, a volte ci vuole del tempo, per capire che il proprio destino professionale è quello di prendersi cura del cibo (e di chi lo mangerà). Talvolta prima di trovare la propria strada e imboccarla con decisione è necessario attraversare una fase intermedia, una sorta di limbo durante il quale si tentano di percorrere binari conosciuti, magari tracciati dalla propria famiglia, e quindi apparentemente rassicuranti e senza insidie. Fino a quando si prende coscienza delle proprie passioni, magari anche grazie ad amici e conoscenti che, da esterni, riescono a valutare con maggior distacco e obiettività i risultati ottenuti in un ambito quale quello culinario spesso derubricato a semplice hobby.
Una dinamica, questa, che accomuna due storie che arrivano dal Nord Est. Sono quella di Marco De Cecco, friulano, e Stefania Sorbara, veneta, entrambi nati nella prima metà degli anni Ottanta.
“La mia famiglia mi ha indirizzato ma, in un certo senso, anche depistato”
Marco De Cecco consegue il diploma di geometra alle soglie del Duemila; un percorso, questo, determinato dall’idea di affiancare il padre, impegnato nel settore delle costruzioni. Nel frattempo però il ragazzo ha modo di mettersi alla prova dietro ai fornelli, dando una mano a nonna e cugini all’interno della loro trattoria di Buttrio (Udine). 
Quando il padre sposta la sua attività in Libia Marco lo segue occupandosi di ciò che gli è più congeniale, ovvero preparare i pasti della squadra di lavoro. “La cucina era l’unico diversivo che avevamo; ho privilegiato i sapori italiani senza però tralasciare qualche contaminazione con la tradizione araba, e questo ha consentito di soddisfare i palati di tutti”. 
L’esperienza in Libia si conclude però non senza una certa amarezza, e Marco De Cecco si trasferisce in Bulgaria, dove lavora per il maestro pasticcere Cesare Ticca. Questa parentesi precede l’esperienza a Singapore, dove il ragazzo arriva spinto dalla curiosità originata dai racconti di amici e dalle storie di tanti connazionali. 
Passione e creatività al “servizio” di un’italianità da condividere e far conoscere
Marco De Cecco vive nella cosiddetta Svizzera dell’Asia da due anni, e lavora come chef presso la Trattoria Capri di Fabrizio Anzolin. 
La motivazione e la voglia di migliorarsi si riflettono nelle sue parole: “per me la cucina è arte. I clienti, scegliendoci, premiano ormai costantemente il locale, e posso dire che questo è il risultato del connubio tra la mia voglia di sperimentare, la libertà e la fiducia che mi ha accordato Fabrizio Anzolin, e il suo amore per la cucina”. 
Un ruolo fondamentale giocano le materie prime. Perfino qui, a migliaia di chilometri dall’Italia, è possibile portare in tavola intatti colori, profumi e sapori mediterranei grazie alla puntualità e qualità garantita dai fornitori. Il lavoro di squadra premia, e nel caso specifico, ha consentito alla trattoria Capri di aggiudicarsi il secondo posto ai Foodmania Awards, concorso organizzato dalla rivista Weekender. Il prossimo traguardo? Agguantare la prima stella Michelin. 
“All’inizio non è stato facile ambientarmi a Singapore, anche perché ho dovuto rinunciare o comunque sacrificare molte cose. Affetti, famiglia, in una parola, la mia vita privata. Ora però posso dirmi soddisfatto, in quanto la città mi sta ripagando ampiamente. Il clima mi piace, posso girare ovunque a qualunque ora e questo mi fa sentire molto sicuro. Insomma, l’Asia mi ha regalato un senso di possibilità che non avevo mai provato prima”. 

Convivialità, “pretesto” per esprimere le proprie passioni, gusti e preferenze, voglia di sperimentare (e sperimentarsi)

Marco_De_Cecco
Lungi dall’essere semplicemente lo strumento attraverso cui sfamarsi e sopravvivere, la cucina rappresenta queste tre cose … e molto altro. È l’occasione che permette di dare corpo e veder crescere il proprio estro, la creatività, e ciò che rende unica e inconfondibile l’indole individuale. 
 
Il cibo è forse uno dei mezzi di comunicazione più potenti, immediati e versatili. Non è un caso, quindi, che l’esplosione del web 2.0 sia stata caratterizzata dall’ascesa di nuovi profili quali quello del food blogger. Tuttavia, in un settore quale quello della cucina a fare la differenza sono prima di tutto le doti dimostrate sul campo, o, per meglio dire, dietro i fornelli. Non è un caso, quindi, che, sempre più spesso, chi emerge coniuga l’innovativo ruolo di influencer con quello più tradizionale di chef. 
 
Ciononostante, a volte ci vuole del tempo, per capire che il proprio destino professionale è quello di prendersi cura del cibo (e di chi lo mangerà). Prima di trovare la propria strada e imboccarla con decisione è necessario attraversare una fase intermedia, una sorta di limbo durante il quale si tentano di percorrere binari conosciuti, magari tracciati dalla propria famiglia, e quindi apparentemente rassicuranti e senza insidie. Fino a quando si prende coscienza delle proprie passioni, magari anche grazie ad amici e conoscenti che, da esterni, riescono a valutare con maggior distacco e obiettività i risultati ottenuti in un ambito quale quello culinario spesso derubricato a semplice hobby.
 
Una dinamica, questa, che accomuna due storie che arrivano dal Nord Est. Sono quella di Marco De Cecco, friulano, e Stefania Sorbara, veneta, entrambi nati nella prima metà degli anni Ottanta.
 
 

“La mia famiglia mi ha indirizzato ma, in un certo senso, anche depistato”

Maco_De_Cecco
Marco De Cecco consegue il diploma di geometra alle soglie del Duemila; un percorso, questo, determinato dall’idea di affiancare il padre, impegnato nel settore delle costruzioni. Nel frattempo però il ragazzo ha modo di mettersi alla prova dietro ai fornelli, dando una mano a nonna e cugini all’interno della loro trattoria di Buttrio (Udine). 
 
Quando il padre sposta la sua attività in Libia Marco lo segue occupandosi di ciò che gli è più congeniale, ovvero preparare i pasti della squadra di lavoro. “La cucina era l’unico diversivo che avevamo; ho privilegiato i sapori italiani senza però tralasciare qualche contaminazione con la tradizione araba, e questo ha consentito di soddisfare i palati di tutti”. 
 
L’esperienza in Libia si conclude però non senza una certa amarezza, e Marco De Cecco si trasferisce in Bulgaria, dove lavora per il maestro pasticcere Cesare Ticca. Questa parentesi precede l’esperienza a Singapore, dove il ragazzo arriva spinto dalla curiosità originata dai racconti di amici e dalle storie di tanti connazionali. 
 

Passione e creatività al servizio di un’italianità da condividere e far conoscere

Marco De Cecco vive nella cosiddetta Svizzera dell’Asia da due anni, e lavora come chef presso la Trattoria Capri di Fabrizio Anzolin. 
Marco_De_CeccoLa motivazione e la voglia di migliorarsi si riflettono nelle sue parole: “per me la cucina è arte. I clienti, scegliendoci, premiano ormai costantemente il locale, e posso dire che questo è il risultato del connubio tra la mia voglia di sperimentare, la libertà e la fiducia che mi ha accordato Fabrizio Anzolin, e il suo amore per la cucina”. 
 
Un ruolo fondamentale giocano le materie prime. Perfino qui, a migliaia di chilometri dall’Italia, è possibile portare in tavola intatti colori, profumi e sapori mediterranei grazie alla puntualità e qualità garantita dai fornitori. Il lavoro di squadra premia, e nel caso specifico, ha consentito alla trattoria Capri di aggiudicarsi il secondo posto ai Foodmania Awards, concorso organizzato dalla rivista Weekender. Il prossimo traguardo? Agguantare la prima stella Michelin. 
 
“All’inizio non è stato facile ambientarmi a Singapore, anche perché ho dovuto rinunciare o comunque sacrificare molte cose. Affetti, famiglia, in una parola, la mia vita privata. Ora però posso dirmi soddisfatto, in quanto la città mi sta ripagando ampiamente. Il clima mi piace, posso girare ovunque a qualunque ora e questo mi fa sentire molto sicuro. Insomma, l’Asia mi ha regalato un senso di possibilità che non avevo mai provato prima”. 
 
 
(La seconda parte dell'articolo sarà pubblicata nei prossimi giorni)
 
francesca garrisi
 

 

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Vuoi trasformare il tuo sito WordPress in un’app?

Sua maestà WordPress.

WordPress è il CMS più diffuso al mondo, noto per la sua potenza e versatilità. Grazie a questa piattaforma gratuita, milioni di persone hanno avuto la possibilità di creare blog o siti di e-commerce in maniera semplice e veloce, personalizzandoli fin nei minimi dettagli.

Chiunque può pubblicare articoli, notizie e pagine web con estrema facilità, anche con un banalissimo smartphone. Se un utente è in grado di usare Facebook, è praticamente impossibile che non sappia gestire un sito WordPress.

Considerando che oltre il 70% della navigazione proviene da smartphone, è opportuno analizzare il modo in cui il web viene fruito attraverso questi dispositivi. Sempre meno persone, infatti, accedono ai vari servizi mediante browser.

I dati indicano che si preferisce l’uso delle app, per fare qualunque cosa. In questo modo, neanche a dirlo, la navigazione è più veloce e diretta. Inoltre c’è una maggiore possibilità d’interazione tra utente e fornitore, il che consente al primo di essere sempre aggiornato sulle novità e al secondo di aumentare traffico e profitti.

In quest’ottica, trasformare un sito WordPress in un’app sembra essere un’ottima idea. Non a caso questa è la tendenza del momento, anche se non sempre è necessario fare questo passaggio.
 

Come operare la trasformazione?

La prima opzione è quella di rivolgersi a un’agenzia specializzata nello sviluppo di applicazioni. Creare un’app ha dei requisiti tecnici diversi rispetto a un sito web, quindi un comune webmaster potrebbe non essere in grado di operare la trasformazione.

In questo caso, tuttavia, si pone il problema del budget a disposizione: gli sviluppatori, si sa, vogliono essere pagati e anche bene. Fortunatamente esistono delle soluzioni alternative che permettono di realizzare l’app in autonomia. Tutto quel che serve, in questo caso, è un minimo di conoscenze e un po’ di buona volontà.

Metodi fai da te.

Esistono dei fantastici plug-in, in WordPress, che una volta installati e attivati permettono di trasformare il proprio sito web in un’app perfettamente funzionante su sistemi iOS e Android. Elenchiamone alcuni.

1. WordApp
Questo plug-in garantisce un’ampia possibilità di personalizzazione della propria app. La versione di base è gratuita ma ne esiste anche una a pagamento che offre un maggior numero di opzioni. Come la possibilità di inviare notifiche all’utente, la gestione delle pubblicità AdSense e molto altro ancora.

2. Blappsta
La particolarità di questo plug-in è quella di permettere la visualizzazione delle anteprime di ogni singola modifica apportata, prima della pubblicazione. L’app creata, tra le altre cose, mette in evidenza gli articoli più popolari, i video, la pagina Facebook collegata al sito.

3. Worona
L’app Builder di questo plug-in ha un design elegante e intuitivo. A differenza di WordApp, le opzioni di notifica, gestione della pubblicità e i vari analytics sono offerti gratuitamente all’utente.

4. WordPress Mobile Pack
Così come WordApp, questo plug-in permette di personalizzare l’app a trecentosessanta gradi. Anche i minimi dettagli come il tipo di carattere e i colori possono essere modificati a proprio piacimento. È inoltre possibile aggiungere il logo del blog e molto altro.

5. AndroApp
Questo plug-in è particolarmente flessibile e, oltre alle opzioni di personalizzazione, offre uno strumento per la cache e strumenti molto utili per monetizzare al meglio l’app.

Conclusioni.

Il mercato delle app è in fortissima ascesa. Secondo le stime di Go-Globe (blog specializzato nelle statistiche legate all’utilizzo del web da parte degli utenti, su scala globale), nel 2017 le app genereranno ben 77 miliardi di dollari di guadagni.

Alla luce di questi dati, ogni possessore di un sito web o di un blog dovrebbe pensare di far penetrare il proprio business anche nel settore delle app. Rinunciare a una fetta di una torta così invitante sarebbe delittuoso.

Il mondo del web è in continua evoluzione e oltre a offrire prodotti e servizi di qualità bisogna sempre osservare le nuove tendenze del mercato. Quello che va cambiato, o meglio aggiornato, non è il servizio in sé ma il mezzo attraverso il quale si dà al cliente la possibilità di fruirlo.

 

di Giovanni Antonucci

autore del romanzo "Veronica Fuori Tempo"

 

 

 
 
 
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