Lavorare 2.0

Come farsi finanziare online col crowdfunding

Avete una buona idea ed un progetto interessante?

crowdfunding

Fatevi finanziare col crowdfunding!

Le buone idee innovative e vincenti ed i progetti non mancano nel nostro paese, ma come facciamo a realizzarle? Non tutti hanno la possibilità di autofinanziarsi,e allora come fare? In questo caso serve un finanziatore ed internet ne offre tantissimi con il crowdfunding che molti ma non tutti sanno cos’è.

Come proporre un progetto e farsi finanziare online col crowdfunding:

  1. Il primo passo da compiere è assicurarsi di avere un’idea per un progetto ed un computer connesso ad internet
  2. Andiamo sul nostro motore di ricerca preferito ed utilizziamo il metodo del crowdfunding che letteralmente significafinanziamento della folla”. Questo metodo consiste semplicemente nella presentazione della vostra idea imprenditoriale online. Se la vostra idea convince gli utenti, questi possono decidere di finanziarla del tutto o in parte. In sintesi è un metodo con accezione fortemente meritocratica che garantirà solo alle idee vincenti di ottenere i finanziamenti.
  3. Colleghiamoci ad un qualsiasi sito di crowdfunding,facciamo la registrazione online e successivamente descriviamo il nostro progetto che sarà sottoposto all’attenzione di eventuali finanziatori. Attenzione! 
    Migliore sarà la presentazione del nostro progetto e maggiori saranno le possibilità di catturare l’attenzione dei finanziatori e di essere finanziati.
  4. La ricompensa
    In cambio di un eventuale finanziamento dovremo offrire ai finanziatori una ricompensa
    che potrà consistere in semplici gadgets fino ad arrivare ad una percentuale sugli eventuali guadagni ottenuti.

Dunque anche la ricompensa è un’ulteriore arma per procacciarsi quanti più finanziatori è possibile senza dimenticare di non promettere mai ricompense che non saremo effettivamente in grado di elargire!

Ricordiamo inoltre:

Che  i servizi che offre il crowdfunding sono tanti. Per questo, a seconda del  progetto, conviene puntare su quelli molto diffusi, che offrono un vasto bacino di utenti, o su quelli specifici.

Che una campagna presentata con un video ha il 50% di possibilità in più di successo.

Ricordiamo,inoltre, che non dobbiamo imbarcarci in progetti che non possiamo sostenere.

In bocca al lupo!

Simona
Cashflow seeker

 

 

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Cerchi lavoro a Londra? Non fare passare inosservato il tuo curriculum

Ce l’hai fatta. Hai vinto paure e dubbi e colto l’occasione di trasferirti a Londra. Magari anche grazie al supporto (più psicologico che altro) offerto da amici e parenti che vivono già lì. Hai trovato casa, e richiesto il codice fiscale inglese. Insomma, hai cominciato a preparare la tua nuova vita. Ora si apre una nuova fase, quella della ricerca di lavoro, che per concludersi in modo positivo richiederà una consiste dose di tenacia, forza d’animo, e preparazione.
Forma e contenuto devono fare gioco di squadra
Quando vuoi proporti per un’occupazione, avere un background professionale coerente ed una congrua esperienza pregressa è importante, ma non decisivo. È necessario ma non sufficiente. 
A giocare un ruolo cruciale è il modo in cui ti racconti, la confezione che costruisci per illustrare chi sei, cosa sai fare, e come. Dunque, devi prestare massima attenzione nella stesura del curriculum e della cover letter, la comunicazione formale di presentazione che alleghi. Questa deve rispondere a una serie di domande:
- Chi sei e perché stai scrivendo?
- Perché dovrebbero dedicare tempo e attenzione al tuo curriculum?
- Cosa ti distingue dagli altri potenziali candidati?
- Perché gli esaminatori dovrebbero scegliere te?
L’indicazione di massima, per la stesura della cover letter, è farti supportare da amici e conoscenti, se ritieni di non essere abbastanza ferrato in inglese. Da evitare assolutamente il ricorso a soluzioni apparentemente sbrigative e “indolori” come Google Translate: il tempo che ti farà risparmiare lo pagherai caro durante la fase più prettamente operativa della ricerca del lavoro. 
Come aprire la cover letter?
Tanto per cominciare, è necessario indicare nome e cognome, i contatti necessari per essere contattati, e la data. Quindi bisogna rivolgersi a chi leggerà il curriculum, individuando una formula adatta sia nel caso in cui il destinatario sia noto (“Dear Mr/Mrs + cognome”), sia nel caso in cui non lo sia (“To whom it may concern”, “Dear Hiring Manager”).
Primo Paragrafo 
Apri in modo formale ma positivo, ricordandoti di indicare il motivo per cui stai scrivendo, l’offerta di lavoro per cui ti candidi e come ne sei venuto a conoscenza.
Secondo Paragrafo
Qui devi specificare i motivi che ti hanno spinto a candidarti per quello specifico profilo in quella particolare azienda. È bene che chi esaminerà la tua candidatura percepisca che non ti sei “buttato alla cieca”, che la tua risposta all’annuncio non è frutto di casualità, ma che scaturisce da una ponderata e accurata analisi dell’azienda. 
Terzo Paragrafo
Fatti conoscere. Spiega cosa sai fare, che tipo di esperienze hai maturato nel corso degli anni. Illustra i tuoi punti di forza, evidenziando quelli che possono essere maggiormente attinenti all’offerta di lavoro a cui stai rispondendo. Precisa in che modo ritieni di poter essere utile al raggiungimento degli obiettivi aziendali. 
Quarto paragrafo
Chiudi la cover letter in modo cordiale e positivo, esplicitando la tua volontà di effettuare un colloquio. L’intento è quello di mettere l’esaminatore in condizione di rileggere il tuo curriculum. 
Ce l’hai fatta. Hai vinto paure e dubbi e colto l’occasione di trasferirti a Londra

Magari anche grazie al supporto (più psicologico che altro) offerto da amici e parenti che vivono già lì. Hai trovato casa, e richiesto il codice fiscale inglese. Insomma, hai cominciato a preparare la tua nuova vita. Ora si apre una nuova fase, quella della ricerca di lavoro, che per concludersi in modo positivo richiederà una consiste dose di tenacia, forza d’animo, e preparazione.

 
Forma e contenuto devono fare gioco di squadra

Quando vuoi proporti per un’occupazione, avere un background professionale coerente ed una congrua esperienza pregressa è importante, ma non decisivo. È necessario ma non sufficiente.

A giocare un ruolo cruciale è il modo in cui ti racconti, la confezione che costruisci per illustrare chi sei, cosa sai fare, e come. Dunque, devi prestare massima attenzione nella stesura del curriculum e della cover letter, la comunicazione formale di presentazione che alleghi. Questa deve rispondere a una serie di domande:

-      Chi sei e perché stai scrivendo?

-      Perché dovrebbero dedicare tempo e attenzione al tuo curriculum?

-      Cosa ti distingue dagli altri potenziali candidati?

-      Perché gli esaminatori dovrebbero scegliere te?

L’indicazione di massima, per la stesura della cover letter, è farti supportare da amici e conoscenti, se ritieni di non essere abbastanza ferrato in inglese. Da evitare assolutamente il ricorso a soluzioni apparentemente sbrigative e “indolori” come Google Translate: il tempo che ti farà risparmiare lo pagherai caro durante la fase più prettamente operativa della ricerca del lavoro.

Come aprire la cover letter?

Tanto per cominciare, è necessario indicare nome e cognome, i contatti necessari per essere contattati, e la data. Quindi bisogna rivolgersi a chi leggerà il curriculum, individuando una formula adatta sia nel caso in cui il destinatario sia noto (“Dear Mr/Mrs + cognome”), sia nel caso in cui non lo sia (“To whom it may concern”, “Dear Hiring Manager”).

Primo Paragrafo

Apri in modo formale ma positivo, ricordandoti di indicare il motivo per cui stai scrivendo, l’offerta di lavoro per cui ti candidi e come ne sei venuto a conoscenza.

Secondo Paragrafo

Qui devi specificare i motivi che ti hanno spinto a candidarti per quello specifico profilo in quella particolare azienda. È bene che chi esaminerà la tua candidatura percepisca che non ti sei “buttato alla cieca”, che la tua risposta all’annuncio non è frutto di casualità, ma che scaturisce da una ponderata e accurata analisi dell’azienda.

Terzo Paragrafo
 

Fatti conoscere. Spiega cosa sai fare, che tipo di esperienze hai maturato nel corso degli anni. Illustra i tuoi punti di forza, evidenziando quelli che possono essere maggiormente attinenti all’offerta di lavoro a cui stai rispondendo. Precisa in che modo ritieni di poter essere utile al raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Quarto paragrafo

Chiudi la cover letter in modo cordiale e positivo, esplicitando la tua volontà di effettuare un colloquio. L’intento è quello di mettere l’esaminatore in condizione di rileggere il tuo curriculum. 

 

Hai bisogno di aiuto per scrivere un curriculum in inglese? Guarda la nostra videoguida

 

 
 
 
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Dall’informatica alla scienza a Torino l’eccellenza è di casa: il Bioindustry Park Silvano Fumero

Si dice che l’Italia sia un Paese da migliaia di piccoli borghi e comuni, e questo è risaputo, quello su cui invece in pochi, probabilmente, scommetterebbero, è che scienza e innovazione possano concentrarsi in minuscole realtà. Una tra queste è Colleretto Giacosa, località piemontese in provincia di Torino che conta circa 600 anime. Qui si è insediato il Bioindustry Park Silvano Fumero, parco scientifico attraverso cui Ivrea ha voluto imprimere una forte spinta propulsiva allo sviluppo delle scienze della vita. 
All’origine di tutto, una crisi
 Gli anni Novanta sono stati segnati dal declino di Olivetti, big player del comparto informatico, cui seguì la decisione – visionaria, forse azzardata ma certamente vincente – di puntare su un settore non cruciale nell’economia locale. A scommettere sulla creazione di un polo capace di fungere da aggregatore e catalizzatore di imprese scientifiche fu la RBM, l’unico gruppo farmaceutico esistente all’epoca sul territorio. Fatidica fu la lungimiranza del suo direttore Silvano Fumero.
A oggi, il Bioindustry Park, che occupa una superficie di 70.000 metri quadrati dando lavoro a 550 persone, è sede di 6 grandi aziende, circa 30 di piccole dimensioni e 3 centri di ricerca; negli ultimi 18 anni le startup supportate sono state 17. Tra queste, particolarmente felice è stata l’esperienza di Creabilis, nata tra il 2004 e il 2005 e inizialmente operante nella produzione di farmaci per la psoriasi, che raccogliendo investimenti per 40 milioni di euro, è riuscita a lanciarsi sul mercato internazionale. A Colleretto Giacosa ha scelto di insediarsi anche Bracco Imaging, gruppo leader nella diagnostica per immagini.
I segni di una crescita inarrestabile
A dimostrare la costante evoluzione del  Bioindustry Park Silvano Fumero, l’espansione dei settori rappresentati dalle aziende presenti al suo interno. In origine a fare la parte del leone era il comparto farmaceutico e quello diagnostico, oggi stanno acquisendo sempre maggiore importanza anche il biomedicale, l’innovazione sociale e il settore della salute personalizzata, che in molti ritengono essere i trend del futuro. «Non bisogna soltanto creare connessioni con informatici, ingegneri e fisici, ma anche sviluppare una visione imprenditoriale della ricerca, aspetto su cui abbiamo lavorato moltissimo negli ultimi anni». A fare il punto è il presidente Fiorello Altruda. 
Quali servizi offre il Bioindustry Park?
Il polo di Colleretto Giacosa opera su diversi piani:
- offre uno spazio fisico per creare laboratori di ricerca e impianti pilota, facilitando la collaborazione tra imprese attraverso la condivisione di infrastrutture tecnologiche;
- mette a disposizione servizi di vario genere (scientifici, manageriali, tecnologici e di supporto al business development), consentendo alle aziende di abbassare notevolmente i costi;
- costituisce il nodo di una rete di contatti, permettendo l’accesso ai mercati internazionali
 
L’unione fa la forza
Il Bioindustry Park Silvano Fumero rappresenta indubbiamente una case history di successo, e l’auspicio sarebbe replicarla anche in altre parti del Paese. Il territorio è disseminato di centri resi altamente competitivi dalla presenza di singole imprese leader in un qualche settore (agroalimentare, tessile, artigianale). Creando in loco, attraverso il supporto di finanziamenti statali ed europei, luoghi di aggregazione produttiva e di innovazione si getterebbero le basi per la nascita di sistemi altamente qualificati, focolai di eccellenze nostrane che avrebbero ricadute positive anche sull’indotto e che, complessivamente, aiuterebbero a combattere il fenomeno della disoccupazione. A quel punto, probabilmente si invertirebbe una tendenza ampiamente consolidata,  e sarebbero magari gli inglesi e i tedeschi a venire in Italia in cerca di migliori opportunità professionali. Chissà, da qui a 20-30 anni potremmo ritrovarceli a fare i vinai nel Chianti, i ristoratori in Salento, o i produttori di salumi in Umbria. 

Si dice che l’Italia sia un Paese da migliaia di piccoli borghi e comuni, e questo è risaputo, quello su cui invece in pochi, probabilmente, scommetterebbero, è che scienza e innovazione possano concentrarsi in minuscole realtà. Una tra queste è Colleretto Giacosa, località piemontese in provincia di Torino che conta circa 600 anime. Qui si è insediato il Bioindustry Park Silvano Fumero, parco scientifico attraverso cui Ivrea ha voluto imprimere una forte spinta propulsiva allo sviluppo delle scienze della vita.

All’origine di tutto, una crisi

 Gli anni Novanta sono stati segnati dal declino di Olivetti, big player del comparto informatico, cui seguì la decisione – visionaria, forse azzardata ma certamente vincente – di puntare su un settore non cruciale nell’economia locale. A scommettere sulla creazione di un polo capace di fungere da aggregatore e catalizzatore di imprese scientifiche fu la RBM, l’unico gruppo farmaceutico esistente all’epoca sul territorio. Fatidica fu la lungimiranza del suo direttore Silvano Fumero.

A oggi, il Bioindustry Park, che occupa una superficie di 70.000 metri quadrati dando lavoro a 550 persone, è sede di 6 grandi aziende, circa 30 di piccole dimensioni e 3 centri di ricerca; negli ultimi 18 anni le startup supportate sono state 17. Tra queste, particolarmente felice è stata l’esperienza di Creabilis, nata tra il 2004 e il 2005 e inizialmente operante nella produzione di farmaci per la psoriasi, che raccogliendo investimenti per 40 milioni di euro, è riuscita a lanciarsi sul mercato internazionale. A Colleretto Giacosa ha scelto di insediarsi anche Bracco Imaging, gruppo leader nella diagnostica per immagini.

I segni di una crescita inarrestabile

A dimostrare la costante evoluzione del  Bioindustry Park Silvano Fumero, l’espansione dei settori rappresentati dalle aziende presenti al suo interno. In origine a fare la parte del leone era il comparto farmaceutico e quello diagnostico, oggi stanno acquisendo sempre maggiore importanza anche il biomedicale, l’innovazione sociale e il settore della salute personalizzata, che in molti ritengono essere i trend del futuro. «Non bisogna soltanto creare connessioni con informatici, ingegneri e fisici, ma anche sviluppare una visione imprenditoriale della ricerca, aspetto su cui abbiamo lavorato moltissimo negli ultimi anni». A fare il punto è il presidente Fiorello Altruda.

Quali servizi offre il Bioindustry Park?

Il polo di Colleretto Giacosa opera su diversi piani:

-      offre uno spazio fisico per creare laboratori di ricerca e impianti pilota, facilitando la collaborazione tra imprese attraverso la condivisione di infrastrutture tecnologiche;

-      mette a disposizione servizi di vario genere (scientifici, manageriali, tecnologici e di supporto al business development), consentendo alle aziende di abbassare notevolmente i costi;

-      costituisce il nodo di una rete di contatti, permettendo l’accesso ai mercati internazionali

 L’unione fa la forza

Il Bioindustry Park Silvano Fumero rappresenta indubbiamente una case history di successo, e l’auspicio sarebbe replicarla anche in altre parti del Paese. Il territorio è disseminato di centri resi altamente competitivi dalla presenza di singole imprese leader in un qualche settore (agroalimentare, tessile, artigianale). Creando in loco, attraverso il supporto di finanziamenti statali ed europei, luoghi di aggregazione produttiva e di innovazione si getterebbero le basi per la nascita di sistemi altamente qualificati, focolai di eccellenze nostrane che avrebbero ricadute positive anche sull’indotto e che, complessivamente, aiuterebbero a combattere il fenomeno della disoccupazione. A quel punto, probabilmente si invertirebbe una tendenza ampiamente consolidata,  e sarebbero magari gli inglesi e i tedeschi a venire in Italia in cerca di migliori opportunità professionali. Chissà, da qui a 20-30 anni potremmo ritrovarceli a fare i vinai nel Chianti, i ristoratori in Salento, o i produttori di salumi in Umbria.

 
 

 

 
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