Lavorare 2.0

Lavorare all'estero è solo più figo, ma...

Nomadi digitali, expat, e spiriti liberi che mollano il bel paese per lavorare all'estero.

Ma siamo sicuri che sia tanto meglio dell'Italia?

Basta googlare "mollo tutto e lascio l'italia huffington" che, il re dei motori di ricerca della Silicon Valley, ci restituisce un pagina di risultati che raccontano la storia di "fuggitivi" alla ricerca della felicità.

Poi vai ad approfondire le lore storie e ti rendi conto che sono solo parole! 

Dirigenti superpagati di New York che si licenziano per vivere sulla costa occidentante degli states in una barca a vela di 10 mt., perché stanchi dello stress cittadino (in barca a vela invece ti fai un c... così, ndr), ragazzi di 29 anni che dicono addio allo stipendio e vanno a fare pic-nic in giro per l'Inghilterra, fino ai triestini Cercol e Leuzzi che si dimettono da un impiego in città per trasferirsi ai caraibi con prole al seguito!

Caraibi o Villasimius?

In fondo qual'è la differenza? Il mare è lo stesso, spiagge bianche e costo della vita molto basso. Ma si sa, ai Caraibi fa più figo!

Ma come vivono questi "scappati di casa"?

Arrangiandosi. Questa è la parola giusta.

La blogger che vive in una barca di 10mt (di lunghezza, per intenderci) e vive fluttuandosi tra le onde, afferma che dalla postazione in cabina svolge egregiamente il suo lavoro. 

Alla domanda: "ma in mezzo all'oceano dove la trovi la connessione internet per creare il blog?" lei risponde "ho un antenna che quando mi avvicino alla costa si collega ai wi-fi gratuiti (quando li trovi) e da li scarico la posta e carico i contenuti"

 

I triestini che sono fuggiti ai Caraibi, e adesso fanno le guide turistiche. Certo non si guadagna molto, ma tirando un pò la cinghia, riescono a sopravvivere onestamente. Purtroppo non c'è l'assistenza sanitaria come in Italia e non ci sono molte scuole. Ma poi, commentano, "il clima è bello e fa caldo!"
Beh, certo in Italia, invece, con il famigerato clima polare....

Infine, c'è Mirko che lascia Forli per andare a vivere a Londra.
28 anni, diceva che in Italia non c'era futuro. Adesso lavora in un ristorante e guadagna 1.600£ al mese (circa 2.100€), 6 giorni su 7.
Vive in zona 4 (periferia) e paga per un appartamento di 40mq 1.000 sterline al mese. Per arrivare al lavoro impiega circa 1 ora di metro e treno. 

Dice: "a Londra a differenza dell'Italia si trova lavoro!"
Beh, ma se devi emigrare per fare il cameriere (lavoro dignitoroso, per carità) e vivere in zona 4 con un affitto pari al tuo stipendio, poi ci fai sapere quel'è la grande opportunità?
Questa cosa proprio ci sfugge...

La verità è che siamo un popolo di infelici
Rincoglioniti dalla televisione, con una visione distorta della realtà, siamo tutti depressi, negativi e fortemente populisti.
Esterofili per definizione, pensiamo che fare il disadattato a Londra o in barca sia meno frustrante che farlo a Trieste, Roma o Forlì.  
Ma in fondo, quando il tempo sarà passato, e la verità verrà a galla, saremo ancora più infelici per aver sprecato 10 anni in una bettola ai Caraibi o in una cabina di 4 mq che beccheggia senza sosta sulle onde, anziché aver costruito qualcosa di importante a Cagliari, a Lecce, a Ragusa o in una delle tante bellezze in cui abbiamo avuto la fortuna di nascere.
Duccio
Digital media instigator
 
faccio cose, vedo gente...

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Ferrero paga 3 anni di stipendio alla famiglia del dipendente deceduto

La dolcezza non è questione solo di cioccolato.
La Ferrero, una delle poche eccellenze industriali ancora italiane, ha fatto del  CSR, ovvero la responsabilità sociale di impresa, un marchio distintivo. Una clausola del contratto integrativo prevede infatti che, dopo la morte del dipendente, l’azienda sostenga la famiglia versando 3 anni di stipendio. Perciò, quando un loro dipendente, a causa di un tumore allo stomaco, lascia la moglie e due figli adolesecenti, l’azienda garantisce non solo lo stipendio che l’impiegato avrebbe preso per i successivi tre anni, ma anche un sostegno per i figli che vogliono studiare, fino ai 26 anni d’età. 
In tempi di aziende poco attente ai bisogni del dipendente, la multinazionale torinese gioca la carta dell’etica lavorativa.  La notizia è infatti diventata virale in pochissimo tempo. Molte famiglie con storie simili, dopo la morte del congiunto, si sono ritrovate non solo a dover affrontare il lutto ma, come se non bastasse, a far fronte a difficoltà economiche. 
Notizie che fanno bene al cuore e provocano sana invidia tra i lavoratori meno tutelati. Sono sempre più le aziende che garantiscono benefit ai lavoratori così da rendere la loro vita più serena. Tra gli ultimicasi anche Luxottica che non solo regala azioni ai lavoratori in occasione degli 80 anni del fondatore ma aumenta il premio produzione ai lavoratori che non si assentano mai. E consente di donare ore libere ad altri dipendenti. 
Perché i telegiornali non parlano anche di questo?
La dolcezza non è solo l'ingrediente del suo cioccolato.
 

La Ferrero, una delle poche eccellenze industriali italiane, ha fatto del CSR ( Responsabilità sociale di impresa) un marchio distintivo. Quando un loro dipendente, a causa di un tumore allo stomaco, lascia soli moglie e figli adolescenti, l’azienda garantisce lo stipendio che l’impiegato avrebbe preso per i successivi tre anni. Inoltre regala alla prole, fino ai 26 anni d'età, sostegno economico per gli studi. 

In tempi di aziende poco attente ai bisogni del lavoratore, la multinazionale torinese gioca la carta dell’etica lavorativa. Il post è infatti diventato virale in pochissimo tempo. Molte famiglie con storie simili, dopo la morte del congiunto, si sono ritrovate non solo a dover affrontare il lutto ma, come se non bastasse, anche difficoltà economiche. Notizie che fanno bene al cuore e provocano sana invidia tra gli impiegati meno tutelati. 

Sono sempre più le aziende che garantiscono benefit ai lavoratori in modo da rendere la loro vita più serena. Tra gli ultimi casi anche Luxottica che non solo ha regalato azioni ai lavoratori in occasione degli 80 anni del fondatore ma ha aumentato il premio produzione ai dipendenti che non si assentano mai, consentendo di donare ore libere ai colleghi.

Perché i telegiornali si accaniscono sulle notizie negative e non parlano anche di questo?

 

di IRENE CALTABIANO

 

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Come si diventa Personal shopper

E’ una professione emergente che si sta rapidamente diffondendo anche in Italia

Siamo travolti quotidianamente da numerosi impegni ed abbiamo sempre meno tempo a disposizione da dedicare alle compere ed ecco che viene in nostro aiuto un personal shopper e cioè un professionista degli acquisti.

Spesso si accompagna ad un consulente di immagine che si occupa di analizzare l’immagine del cliente attraverso il suo stile personale al fine di valorizzarne l’aspetto esteriore, riorganizzandone il guardaroba anche in base al suo stile di vita e agli impegni quotidiani.

In particolare il personal shopper si occupa della parte che concerne gli acquisti anche dopo la consulenza di immagine.

Come lavora un personal shopper?

Egli lavora su appuntamento programmando col cliente il giro di shopping da fare. Ogni settimana  deve dedicarsi alla ricerca dei negozi per scoprirne dei nuovi e per scoprire quali sono le nuove tendenze in voga in quel momento.

Come si diventa personal shopper?

E se volete iniziare questa professione vi basterà frequentare una delle scuole di moda e design che organizzano corsi per diventare personal shopper.

Ricordiamo che questo lavoro non consiste in un semplice giro per negozi col cliente ma prevede una serie di attività  volte ad assisterlo e consigliarlo ascoltando le sue esigenze per soddisfarle con il buon senso e la professionalità.

Se dunque non siete in possesso di capacità empatiche e doti relazionali e comunicative questo lavoro non fa per voi.

Importantissimo è che abbiate anche uno spiccato senso estetico per poter consigliare i clienti indicando ciò che è bello, elegante, originale ed adatto a quella occasione.

Altra dote fondamentale di un personal shopper è saper ascoltare le persone, capirle ed essere in grado di comunicare bene, meglio ancora con le lingue straniere. Un bravo Personal Shopper deve saper offrire un servizio di qualità presentando al pubblico un’immagine di sé impeccabile e professionale.

Un lavoro emergente

Cambia la società e cambiano le esigenze e se in passato questo lavoro (già da tempo diffuso nel Stati Uniti) era un lusso ad uso esclusivo delle persone ricche, oggi,anche in Italia si sta diffondendo come una vera e propria professione accessibile a tutti.

 

Simona

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Giovani carini e...disoccupati. Vi presento i neet!
 
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