Lavorare 2.0

Fare la cavia umana per arrivare a fine mese

E…. se con la laurea non si ottiene niente si diventa cavie umane

Che si è costretti a fare per vivere! Una laurea spesso non ci da il pane e quanto occorre per arrivare a fine mese. Così molti giovani tra i 19 ed i 34 anni, stanchi della loro vita da squattrinati, hanno deciso di mettersi al servizio della ricerca diventando cavie umane.

Fabio, 30 anni di Roma, ha così deciso di mettere a disposizione il suo corpo per testare medicinali in via di sperimentazione:”Quando capisci che la laurea non serve,le provi tutte per arrivare a fine mese. Fare la cavia è una di queste”.

I centri di sperimentazione farmacologica, afferma Fabio, pubblicano un bando per ricercare le cavie. Gli interessati lasciano via mail i propri dati e rispondono ad una specie di questionario. Successivamente vengono contattati per sottoporsi ad una visita in cui si valutano il profilo fisico e mentale.

Attraverso questo sistema Fabio ha guadagnato 800 euro in tre giorni, ma ha avuto dei giramenti di testa e la nausea. In realtà i farmaci in questione sono molecole di prodotti già sul mercato ma per i quali si cerca di trovare nuove indicazioni terapeutiche. Tuttavia i rischi ci sono. L’anno scorso una cavia morì e altre sei riportarono gravi sintomi durante la sperimentazione di un analgesico.

Nella maggior parte delle volte gli effetti collaterali consistono in mal di testa, nausea e debolezza ma in alcuni casi sono più gravi tanto da provocare danni permanenti. In questi casi le cure sono a carico delle assicurazioni scelte dai singoli centri di sperimentazione.

Secondo il sito swiwwinfo.ch, negli ultimi 3 mesi si sono presentati oltre 1400 volontari italiani nelle cliniche. Sono volontari e quindi non possono essere pagati ma semplicemente rimborsati in modo proporzionale alla durata del test con cifre che vanno da un minimo di 600 euro a un massimo di 3000 euro.

Certo è che i loro genitori quando pensavano al futuro dei propri figli non immaginavano che sarebbero diventati delle cavie umane per fare fronte alla disoccupazione.

Simona
Brand story agitator

leggi anche

 

Continua...

Lavorare solo mezza giornata si può….in Olanda

Lavorare part-time e poi dedicarsi a se stessi ci rende più felici

FelicitàQuanto tempo è giusto lavorare per essere felici? Poter dedicare parte del proprio tempo alla famiglia, allo sport ed ai propri hobbies non ha prezzo. E’quello che pensano gli olandesi nella convinzione che per star bene è meglio scegliere l’opzione del contratto part-time.

Il settimanale britannico The Economist ha evidenziato che l’Olanda è tra i paesi più felici al mondo anche per questo motivo.

Il contratto part- time comune al 26.8 per cento degli uomini olandesi e al 76.6 per cento delle donne, è un vero toccasana.

Questo dato è in controtendenza alla media europea che vede solo una minima percentuale di contratti part- time in particolare l’ 8.7% degli uomini e il 32.2 % delle donne.

felicità

Le ragioni sono in parte di origine storica poiché l’Olanda non ha dovuto affrontare le guerre mondiali e quindi le donne non hanno avuto bisogno di entrare nel mondo del lavoro se non tardi e a un ritmo moderato. Il paese,inoltre, è tradizionalmente ricco e dunque non si è mai posto il problema del doppio stipendio.

A ciò si aggiunga che la legislazione olandese ha favorito il diritto delle mamme e papà a preferire il part- time già dal 2000. La pratica,infatti è ampiamente diffusa e non malvista.

L’orario di lavoro ridotto ha portato,inoltre, ad un cambiamento nello stile di vita degli olandesi portandoli a praticare una maggiore attività sportiva che di per se fa bene alla salute fisica ed al proprio benessere psichico. Nel Paese, infatti, il 53% degli adulti si allena almeno 4 volte a settimana.

 

In Italia

felicità

Decisamente più lavoratori, più sedentari ed anche più infelici, secondo le statistiche, sono gli italiani. Del resto se è già difficile trovare lavoro figuriamoci quanta importanza può assumere la scelta tra part-time o tempo pieno.   

E’ plausibile ipotizzare, infatti, che in questi lunghi anni di crisi economica un numero crescente di donne abbia modificato la propria disponibilità a lavorare – preferendo il tempo pieno – per compensare una eventuale caduta del reddito familiare associata alla perdita di lavoro degli altri membri della famiglia.

Simona
Brand story agitator

 

 

google playSeguici anche su Google Edicola »

 

Continua...

Dopo il diploma: Università o lavoro?

Rapporto Almalaurea 2016

A 5 anni dal diploma il 51% dei diplomati lavora mentre è ancora impegnato negli studi il 45% dei ragazzi

Università o non Università? Buttarsi subito nel mondo del lavoro o proseguire gli studi? Questo è il vero cruccio di coloro che stanno per diplomarsi!

E' molto difficile prendere queste decisioni a soli 18 anni per questo l’unico consiglio che diamo è quello di focalizzarsi sulle proprie capacità ponendosi domande del tipo:cosa so fare? Quali sono le mie potenzialità? Ma soprattutto dovete capire quali sono le vostre aspirazioni: volete avere subito una indipendenza economica o siete disposti a soffrire qualche anno in più in vista della laurea?

Consigli a parte, diamo qualche dato evidenziato in un comunicato di Almalaurea nella speranza che possa ritornarvi utile nella scelta.  

 Ad un anno dalla conquista del titolo di scuola secondaria superiore, 65 diplomati su cento proseguono la propria formazione e sono iscritti ad un corso di laurea (il 52% ha optato esclusivamente per lo studio, il 13% frequenta l’università lavorando);
il 31% ha invece preferito inserirsi direttamente nel mercato del lavoro (il 13%, come appena detto, studia e lavora e il 18% lavora solamente).
I restanti 17 su cento si dividono tra chi è alla ricerca attiva di un impiego (13%)e chi, invece, per motivi vari (tra cui formazione non universitaria, motivi personali o l’attesa di una chiamata per un lavoro già trovato), non cerca un lavoro (4%).
A cinque anni dal diploma la quota di occupati cresce in modo significativo:
il 51% dei diplomati lavora (il 38% è dedito esclusivamente al lavoro, il 13% coniuga studio e lavoro) mentre è ancora impegnato negli studi universitari il 45% dei ragazzi (il 32% studia solamente
).
Chi cerca lavoro è il 12%.

Naturalmente la percentuale di diplomati che lavora solamente è più elevata per i diplomi professionali (62%) e, a seguire, per i tecnici (51%); è decisamente modesta tra i liceali (14%).
Si evidenzia infine una quota significativa di diplomati professionali alla ricerca di un lavoro (20%).

 

Gioca un ruolo fondamentale nella scelta la famiglia di origine.

Chi di fatto, prosegue con la formazione universitaria prevalentemente è colui che se lo può permettere, laddove chi proviene da contesti meno favoriti tende a inserirsi direttamente nel mercato del lavoro.

Molto conta anche il titolo di studio dei propri genitori, difatti la percentuale di coloro che proseguono gli studi aumenta se i propri genitori sono laureati.

Simona Esposito
Brand story agitator

leggi anche

 

Continua...

 

FB  youtubeinstagram

✉ Iscriviti alla newsletter


☝ Privacy policy    ✍ Lavora con noi

Contattaci