Le parole confondono gli occhi.
Chiunque lavori nell’ambito delle vendite o della negoziazione conosce il valore dell’empatia. Avere la capacità di immedesimarsi con chi ci sta di fronte, riuscendo a capire cosa sta provando in quel dato momento, è la chiave per il successo. Ciò vale tanto a livello professionale quanto nella vita privata.
La maggior parte delle persone si basa su quel che il proprio interlocutore dice, ritenendo ingenuamente che ciò corrisponda a quel che pensa davvero. Niente di più sbagliato! Non si tratta di scetticismo o maliziosità, è che semplicemente tutti noi mentiamo, continuamente.
Con la bocca possiamo dire qualsiasi cosa a chiunque, ed è anche piuttosto facile farlo. Siamo arrabbiati con il mondo intero per una qualche ragione e ci troviamo di fronte al capo che ci assegna un compito ingrato? Il buon senso ci spinge a sfoderare un bel sorriso (di circostanza) e rispondere qualcosa tipo: “Certo, sarà fatto”.
Ora, se il nostro interlocutore è un superficiale, uno sprovveduto o fa lo gnorri, tutto filerà liscio. Se, tuttavia, è un esperto di comunicazione non verbale o una persona particolarmente empatica, capirà senz’altro che c’è un problema.
Come è possibile? Perché alcune persone sono dotate di questo talento e altre no? Ma, soprattutto, cos’è che permette di stabilire con assoluta certezza che qualcuno stia mentendo o dicendo la verità?
Le microespressioni.
Nel 1966, durante l’analisi del comportamento non verbale in psicoterapia, i dottori E. A. Haggard e K. S. Isaacs scoprirono le microespressioni. Tali studi vennero poi ripresi e approfonditi da Paul Ekman che ne teorizzò l’universalità sulla base degli studi di Charles Darwin.
Le microespressioni facciali sono movimenti rapidissimi che i muscoli del nostro volto compiono quando proviamo un’emozione. Durano meno di un secondo e sono praticamente impercettibili, specie a un occhio inesperto.
Qualora vengano rilevate, permettono di stabilire con certezza se il nostro interlocutore sta provando una delle sette emozioni principali: sorpresa, felicità, rabbia, tristezza, paura, disgusto e disprezzo.
Non solo. Una volta affinate le proprie capacità di lettura del viso, un individuo è in grado di capire anche se un’emozione mostrata è vera o falsa. In quest’ultimo caso, infatti, l’espressione permane sul volto per oltre cinque secondi e pertanto è innaturale, forzata. Inoltre, il più delle volte, è anche asimmetrica.
E qui ritorniamo all’esempio di cui sopra, in cui il dipendente rivolge un sorriso di circostanza al proprio capo per mascherare il suo reale stato d’animo (rabbia). In quella circostanza, le labbra permarranno nella classica posizione a mezzaluna per un tempo eccessivo e probabilmente uno dei due vertici della bocca sarà più su dell’altro.
Se il capo fosse capace di leggere il viso, allora, sicuramente noterebbe la tipica espressione di rabbia comune a ogni essere umano (a prescindere dalla razza, dalla cultura e dall’ambiente da cui proviene).
Chiunque stia provando questa emozione, di solito inclina le sopracciglia verso il basso, tende le palpebre, ha lo sguardo fisso e le labbra serrate. Il ravvicinamento delle sopracciglia, inoltre, fa comparire delle rughe verticali tra di esse.
Molti abili giocatori di poker simulano espressioni di vario genere con lo scopo di ingannare gli avversari e spesso hanno successo. Tuttavia ciò accade solo perché gli sfidanti non sono in grado di captare la microespressione iniziale. Quella, infatti, non mente mai e se individuata renderebbe inutile qualsiasi tentativo di bluff.
Le aree sulle quali possiamo individuare i movimenti muscolari che caratterizzano le microespressioni facciali sono tre: fronte e occhi, naso e infine bocca e mento.
Come servirsi di tutto ciò per diventare un bravo venditore?
La buona notizia è che chiunque può imparare a distinguere le microespressioni, studiando ed esercitandosi anche attraverso video e software dedicati.
Ecco tre regole fondamentali da seguire scrupolosamente durante una negoziazione.
Concentrarsi sul viso
Prestate attenzione al viso della controparte per almeno quattro secondi, anziché limitarvi ad ascoltare quello che dice. Osservate le tre aree dove le microespressioni si manifestano e scoprirete subito se vi sta raccontando frottole.
Raccontare una storia
I negoziatori esperti hanno in genere un buon controllo delle loro espressioni, quando parlano. Inutile, quindi, fare domande esplicite, perché sicuramente vi metterebbero sotto scacco.
È preferibile, invece, arrivare al punto condividendo un’esperienza di vita vissuta. È altamente probabile, infatti, che la controparte si immedesimi e abbassi le difese. In questo modo è possibile osservare la sua reazione e capire cosa sta provando.
Ottenere questo tipo di informazioni non verbali risulta fondamentale per guidare la conversazione e concludere vantaggiosamente la trattativa.
Presentare opzioni multiple
Presentare una lista di opzioni a chi ci sta di fronte, durante una negoziazione, è una strategia eccellente per capire quale di queste sia la preferita. È un po’ come trovare il tallone d’Achille: da quel momento in poi saprete dove e come colpire per mettere il vostro interlocutore con le spalle al muro.
Prestare attenzione alle microespressioni durante una negoziazione permette di rispondere a tutti quei feedback che la controparte non si è nemmeno accorta di dare. È come se durante una partita a poker l’avversario giocasse a carte scoperte.
Padroneggiare la tecnica di riconoscimento delle microespressioni facciali fa la differenza, nel settore delle vendite. Il consiglio, quindi, è di seguire un corso mirato ed esercitarsi fino allo sfinimento.
autore del romanzo "Veronica Fuori Tempo"