Lavorare 2.0

“L’Asia mi ha offerto soldi e carriera, ma per essere felice sono tornato in Italia”

Il coraggio è come un piatto

Alla sua “riuscita” concorrono molteplici ingredienti. Determinazione personale, fattori ambientali, ma, soprattutto amore (verso qualcosa o qualcuno). Solo una forte e genuina passione, infatti, rende tollerabile rinunciare alle comodità connesse a ciò che è noto, stabile, e in un certo senso strutturato. La routine può diventare una condanna, ma spesso rappresenta il comodo rifugio in cui rintanarsi per dribblare rischi e responsabilità.

Mario_VillaniViviamo tempi fluttuanti e precari, sotto tutti i punti di vista: forse è proprio per questo che comincia a delinearsi un’ondata opposta a quella dei nostalgici del “tempo indeterminato”. Il più delle volte si tratta di persone che, dopo aver assaporato il gusto dolceamaro di una vita scandita dal posto fisso, hanno capito che il cammino in sé è più gustoso di qualsivoglia traguardo. Mario Villani, 28enne barese, è uno di loro.

È italiana (e lavora in Sardegna) la ricercatrice che studia nuove cure per i tumori

 
Maggiori informazioni https://www.formicargentina.it/news/e-italiana-e-lavora-in-sardegna-la-ricercatrice-che-studia-nuove-cure-per-i-tumori/

In Asia il ragazzo aveva raggiunto tutto quello che – apparentemente – serve a rendere un individuo affermato. Una carriera a tappe spedite, brillante e senza intoppi, uno stipendio netto di cinquemila euro al mese, e un contratto stabile. Eppure, a un certo punto ha preso il sopravvento una scintilla mai del tutto sopita, una sorta di filo, elastico e robusto al tempo stesso, che lo legava all’Italia. Così, Mario Villani ha deciso di mollare tutto e tornare, fondando insieme a un amico NutriBees, startup che opera nel settore del cibo sano a domicilio.

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Gli inizi

Laureatosi quattro anni fa in Economia e gestione delle imprese alla Bocconi di Milano, il giovane barese ha poi seguito un master in Amministrazione e finanza. Subito dopo, ad aspettarlo ha trovato un posto in KPMG, società di consulenza. Sulla carta avrebbe dovuto occuparsi di revisione contabile, ma in concreto verificava la correttezza delle fatture … e faceva fotocopie.

Lo “sbarco” in Asia

Ben presto Mario Villani decide di cogliere un’opportunità di stage offerta dall’università, e a ottobre 2013 si trasferisce a Giacarta iniziando a lavorare per Rocket Internet, gruppo tedesco quotato in borsa che segue startup internazionali esportando nei Paesi in via di sviluppo modelli economici già affermati nelle aree ricche.

Ad “ingolosirlo” è indubbiamente la possibilità di vivere in un luogo come l’Asia, che da sempre lo affascina. A ciò si aggiunge il fatto che quest’esperienza gli consente di maturare un’approfondita conoscenza del settore dell’e-commerce. I risultati non tardano ad arrivare, e in pochi mesi un semplice stage si trasforma in un ruolo di responsabilità.

Poi Mario Villani passa a Zalora, l’equivalente asiatico di Zalando, e  inizialmente lavora nell’ambito del business intelligence e data analysis. Ancora una volta, il suo profilo professionale cresce in tempi abbastanza rapidi, fino a ritrovarsi a gestire il magazzino indonesiano. Segue il trasferimento a Singapore e la promozione a senior manager operations, che gli vale l’opportunità di coordinare il lavoro di circa cento persone.

Qualcuno a questo punto si sarebbe adagiato sugli allori, e invece il 30enne barese decide nuovamente di mettersi in gioco. Passa a Honestbee, startup che si occupa di consegna della spesa a domicilio, e il suo stipendio aumenta fino a diventare quattro volte più alto di quella che gli sarebbe spettato, nel medesimo ruolo, in Italia.

Qualcosa si incrina…

Nonostante un’esistenza tecnicamente invidiabile, a un certo punto la “luna di miele” di Mario Villani con l’Asia comincia a scricchiolare. A farlo riflettere è innanzitutto l’assenza di autenticità che caratterizza luoghi suggestivi e peculiari dal punto di vista turistico, ma poco sostenibili nel quotidiano. “Singapore è, fondamentalmente, un polo logistico e finanziario. Questa la rende una città artefatta, in quanto è stata tirata su da zero. Non si respira cultura”. Così il giovane barese.

Altrettanto problematici sono i ritmi di lavoro: quando è necessario avviare un nuovo incarico si trascorrono infatti in ufficio anche 13-14 ore, che scendono a 9-10 in una fase di stabilizzazione.

Così, intorno alla fine dello scorso anno comincia a farsi strada, in Mario Villani, l’idea di tornare in Italia. In quel periodo i contatti con l’amico ed ex collega di università Giovanni Menozzi sono particolarmente intensi, e quest’ultimo gli parla spesso di come sia cambiata in meglio la vita di un suo familiare costretto, per motivi di salute, a correggere il proprio stile alimentare. I due si accorgono che nel Belpaese non esiste un servizio analogo,e iniziano a pensare a un progetto in tal senso.

Dopo la fase preparatoria del periodo tra gennaio e marzo scorso, a giugno debutta NutriBees.

In cosa consiste il servizio?

Nutri_BeesLa startup si caratterizza per il fatto che unisce, attraverso una piattaforma, nutrizionista, chef e consegna a domicilio. Chi accede al sito può inviare il piano alimentare personalizzato che gli è stato redatto da uno specialista, oppure compilare un formulario che gli consente di ottenere un menu ad hoc. Funzionalità, questa, resa possibile dall’algoritmo messo a punto dalla dottoressa Anna Villarini.

Sulla base di tali indicazioni, uno staff di cuochi prepara i piatti, e questi vengono recapitati dopo essere stati sottoposti a un processo di conservazione che ne mantiene le proprietà nutrizionali.

L’investimento attuale consentirà a NutriBees di essere operativa per 7-8 mesi circa, ma ovviamente Mario Villani e Giovanni Menozzi si sono già attivati per trovare nuovi partner strategici.

Nutri_Bees“Senza dubbio in Italia ci sono molti problemi, e questi sono determinati in larga parte dalle disfunzioni della burocrazia. Innescare il cambiamento è possibile, ma solo vivendo qui. Ovviamente bisogna essere realisti, e ciò significa impegnarsi per ottenere un miglioramento tangibile nel proprio piccolo. Chiaramente se NutriBees decollerà potremo, ad esempio, esportarla in Sudamerica, ma già so che, dopo qualche anno, sentirei l’esigenza di tornare”.

Parafrasando il titolo di un celebre film, i giovani sono indubbiamente sensibili al fascino dell’esotico, ma, posti davanti a una scelta, difficilmente rinunciano al richiamo delle radici, perché questo è irresistibile.
 

 

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È possibile taroccare un CV senza scadere nell’illegalità?

“Giura di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità?”

Taroccare_UN_CVEccome… Recenti statistiche rivelano che circa il 60% degli italiani è solito mentire all’atto della presentazione della propria candidatura per un posto di lavoro. A volte la realtà viene un po’ ritoccata, mentre in altre circostanze è ingigantita o semplicemente occultata.

C’è chi millanta competenze avanzate in una lingua straniera o in ambito informatico, chi amplifica il livello di esperienza raggiunto in uno specifico settore o espande la durata di precedenti impieghi per nascondere periodi di prolungata disoccupazione.

Tuttavia il nostro non è soltanto un paese di pavoni che fanno la ruota, pur essendo capponi. C’è anche chi omette volutamente titoli di studio e abilità varie, sottodimensionando il proprio curriculum, pur di ottenere uno straccio di lavoro che gli frutti uno stipendio.

Perché si arriva a tanto?

Taroccare_un_CVLa risposta a questa domanda appare scontata. La crisi che dal 2001 a oggi ha messo in ginocchio l’Occidente, non ha deprezzato solo gli immobili ma anche lauree, master e specializzazioni varie.

Oggi, un dottore in Giurisprudenza che vuole fare l’avvocato è un povero illuso che con un po’ di fortuna riuscirà a fare il passacarte in qualche studio legale, a fronte di un rimborso spese pagato in voucher. Magari tra le specifiche competenze acquisite, chissà, un giorno potrà menzionare la gestione e la manutenzione della macchina per il caffè espresso, oltre alla conoscenza avanzata della fotocopiatrice.

La gente non mente per divertimento ma per necessità. È il caso di molti laureati che prendendo coscienza del fatto che anche ottenere un colloquio è ormai un’impresa titanica, finiscono col candidarsi per i cosiddetti impieghi “minori”.

Ma cosa accade a un ingegnere o a un architetto che fanno domanda per un posto da commesso? A men che il proprietario non sia un parente stretto, si viene cortesemente accompagnati alla porta con la seguente motivazione: «Spiacente ma non posso permettermi di assumere un laureato per sistemare gli scaffali e accogliere la clientela. Anche perché alla prima occasione mi pianterebbe in asso, in cambio di un lavoro migliore.»

Come dargli torto? 

Non fa una grinza. Al tempo stesso, tuttavia, non si può nemmeno dare la croce addosso al ragazzo o alla ragazza che, avendo imparato la lezione, decide di reinventare il proprio CV adattandolo alle specifiche esigenze del negoziante.

Perché se quella stessa persona che prima era stata accompagnata cortesemente alla porta si fosse presentata dicendo “ho a malapena un diploma in Ragioneria”, verosimilmente sarebbe stata assunta e, udite udite, pagata in euro.

E se fosse stata necessaria un’esperienza pregressa nel settore? Nessun problema, la tecnica largamente diffusa è quella di menzionare due o tre negozi fittizi presso i quali si è prestato servizio, anche se ciò non corrisponde a verità.

In genere si scelgono esercizi commerciali non più esistenti o fantomatici negozi di altre città, così da rendere impossibili eventuali controlli circa la veridicità delle informazioni fornite. Lo stesso avviene per altri tipi d’impiego che non richiedono una preparazione specifica e che vedrebbero i laureati fuori concorso per partito preso.

Cosa si rischia taroccando il CV?

Taroccare_un_CVPer quanto sia umanamente comprensibile e giustificabile taroccare un curriculum per questioni di pura necessità, pare che a livello giuridico non ci siano attenuanti di sorta: l’atto in sé costituisce un reato sanzionabile a seconda della fattispecie.

I rischi diventano seri quando si presenta il CV a una Pubblica Amministrazione come autocertificazione, ad esempio per un concorso. In questo caso si parla di “falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” ed è addirittura prevista la reclusione fino a due anni.

Quando invece si dichiarano esperienze lavorative mai maturate, si configura il reato di “false dichiarazioni sull’identità o su qualità personali proprie”, punibile con sanzione pecuniaria e un anno di reclusione.

Riguardo al professionista che, invece, sottodimensiona le proprie esperienze o collaborazioni, si commette semplicemente un illecito deontologico punibile con una sanzione disciplinare (comminata dal relativo Consiglio dell’Ordine) e non a livello penale.

Più in generale, nel momento in cui un datore di lavoro dovesse appurare che il proprio dipendente ha rilasciato dichiarazioni mendaci, sono previste la risoluzione immediata del contratto, la restituzione dei compensi corrisposti e un eventuale indennizzo per il risarcimento dei danni morali e materiali.

È bene dunque riflettere prima di presentare un CV tarocco, perché i rischi che si corrono non sono affatto banali. Forse un giusto compromesso potrebbe essere quello di presentarsi personalmente al cospetto del datore di lavoro, dichiarare la verità e garantire un periodo minimo di operatività a prescindere da altre offerte che si potrebbero ricevere.

Ma forse anche questo è stato fatto e non ha dato buoni frutti…

 

di Giovanni Antonucci

autore del romanzo "Veronica Fuori Tempo"

 

 
 
 

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Sicuro che il tuo biglietto da visita ti rappresenti al meglio?

Mi lasci il suo recapito…

Capita spesso di trovarsi in situazioni in cui qualcuno è interessato alla nostra attività eppure non disporre, in quel frangente, di un biglietto da visita. I guru dell’empowerment considerano ciò un vero e proprio sacrilegio.

Nell’ambito dell’appropriazione consapevole del proprio potenziale, è impensabile che un individuo non abbia sempre con sé quel pezzetto di carta semirigida che consente a potenziali clienti di ottenere numero di telefono e riferimenti vari.

Sapersi presentare con eleganza e semplicità è fondamentale. I biglietti da visita rivelano al mondo la nostra immagine, ci rappresentano in tutto e per tutto. Chi li riceve non ci conosce e più o meno inconsapevolmente si fa un’idea di chi siamo in base alla qualità di carta e grafica.

Proprio per questo è importante curarne l’estetica e renderli attrattivi, altrimenti rischiano di diventare addirittura controproducenti. Se ad esempio un Pinco Pallino sostiene di essere un wedding planner particolarmente creativo, come potrà apparire credibile agli occhi di un cliente se dal suo biglietto non traspaiono stile, estro e originalità?

Con ogni probabilità, quel rettangolino di carta finirà nel cestino o con l’essere usato come sottobicchiere alla prima occasione. Se non si vuole correre questo rischio, occorre uscire dai soliti schemi.
 

L’abito fa il monaco, mai come in questo caso.

Come anticipato, il compito di un biglietto da visita non è banalmente quello di dare a qualcuno il nostro numero di telefono, l’indirizzo e-mail o i contatti social. La sua missione è molto più complessa e delicata.

Deve fornire in pochi secondi un’anteprima di chi siamo e cosa facciamo. Deve spiccare per caratteristiche, in modo da non risultare un oggetto anonimo che spesso si confonde con quello di qualcuno che nella vita si occupa di tutt’altro.

Quante volte capita di vedere il biglietto di un dentista e non riuscire a distinguerlo da quello di un idraulico o di una ditta di traslochi? Magari cambia il carattere tipografico, ma per il resto non si riscontrano differenze sostanziali.

Ciò provoca sforzo cognitivo in chi lo riceve e di conseguenza non stimola interesse né curiosità. Insomma, parliamoci chiaro, di dentisti o idraulici ne esistono a bizzeffe, quindi perché qualcuno dovrebbe scegliere proprio noi? Un biglietto da visita è come uno spot pubblicitario in tv: se non è minimamente divertente o accattivante, invita a cambiare canale.

Qualcuno sembra averlo capito ed è riuscito a spiccare per comunicatività e originalità. Come il caso dell’avvocato divorzista che ha pensato bene di farsi realizzare un biglietto il cui contenuto è ripetuto simmetricamente a destra e a sinistra, con un pre-taglio tratteggiato al centro. Marito e moglie possono così strappare ciascuno il proprio talloncino e contattare il legale separatamente.

Un’idea simile è a dir poco brillante ma soprattutto comunica in modo inequivocabile la propria funzione. L’oggetto delle prestazioni dell’avvocato è la separazione coniugale? Il biglietto che si divide in due metà rende immediatamente l’idea e infonde un senso di sana imparzialità.

E che dire del casaro che anziché su un rettangolino di carta ha scritto i propri recapiti su delle mini-grattugie per il parmigiano? A prima vista sembra un comune biglietto da visita, ma il formaggio lo gratta davvero e quel che rappresenta è talmente chiaro che nessuno potrebbe mai confondersi.

Ma c’è anche il musicista che ha riprodotto la copertina di un trentatré giri in vinile dalla quale è possibile estrarre un disco di carta su cui sono leggibili numero di telefono, indirizzo e quant’altro. E poi ancora l’insegnante di stretching che ha inventato il biglietto da visita interattivo, nel quale si possono infilare due dita per far fare un po’ di ginnastica alla mano.

Chi più spende, meno spende e più guadagna.

Di esempi come quelli elencati ce ne sono molti, alcuni più incisivi e altri meno. Tutti, però, hanno in comune la caratteristica di non essere banali e comunicare visivamente qual è la loro funzione. Sono come le infografiche in aeroporto: non hai bisogno di leggere quel c’è scritto sotto, perché capisci subito cosa significano.

La differenza di prezzo tra un biglietto da visita classico e uno più creativo è davvero minima, specie se il numero di pezzi ordinati è al di sopra di una certa soglia. In ogni caso, quand’anche l’esborso dovesse essere superiore del venti o del trenta percento, sarebbe comunque giustificato.

Il ritorno in termini d’immagine, e quindi di nuova clientela acquisita, sarà senz’altro lusinghiero e i guadagni lieviteranno.

 

di Giovanni Antonucci

autore del romanzo "Veronica Fuori Tempo"

 

 

 
 
 
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