L’unicità della vita sta nella sua imprevedibilità
Difficile – se non impossibile – sapere in anticipo dove i nostri passi e le scelte fatte ci porteranno, anche in virtù di una variabile inafferrabile come il caso.
Eppure, l’essere umano subisce il fascino (in)discreto della presunzione d’onniscienza, e questo lo porta spesso a dire: “questa cosa io non la farò mai”. Lo stupore che scaturisce dal tradimento delle proprie (apparenti) certezze è comunque impagabile, soprattutto se, come in questo caso, porta in dono scoperte utili alla collettività, potenzialmente di larghissima applicazione.
Anna Doffini ha 31 anni, è mantovana e si è laureata all’Università di Ferrara in biotecnologie farmaceutiche. Da due anni, quelli forse più pregni e intensi dal punto di vista professionale, lavora a Singapore.
Assunta a tempo indeterminato dalla Silicon Biosystem (start up bolognese acquisita quattro ani fa da Menarini), è application development scientist presso il KKH, un ospedale della città-Stato asiatico dedicato alle donne incinte.
Il progetto in cui è attualmente impegnata la ricercatrice riguarda la diagnosi prenatale non invasiva, e vede la collaborazione della NTU (Nanyang Technological University). “Stiamo lavorando a una procedura che consenta di isolare le cellule fetali così da individuare eventuali anomalie cromosomiche. Se riusciremo nell’intento, un prelievo di sangue potrebbe prendere il posto dell’amniocentesi”. Così Anna Doffini.
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Perché Singapore?
La Silicon Biosystem ha elaborato una tecnologia denominata DEPArray, che consente di isolare cellule rare in liquidi e tessuti del corpo umano allo scopo di mettere a punto terapie personalizzate.
Quando alla ricercatrice è stato chiesto se fosse intenzionata a trasferirsi in Asia per seguire il progetto, ha accettato. Non prima però di aver soppesato sui piatti della bilancia dubbi, perplessità e l’indiscusso interesse per il tema.
“Singapore si caratterizza per il fatto di essere generosa nell’offrire supporto a cui ha un’idea convincente da sviluppare”, sottolinea Anna Doffini. In tal senso è impegnato in prima linea l’Economic Development Board (Edb), e ciò ha consentito alla Menarini Biomarker Singapore di avviare una collaborazione con l’ospedale SingHealth, aprendo la strada ad alcuni progetti supervisionati da Paola Ricciardi Castagnoli, ordinario di Immunologia presso l’Università Bicocca di Milan e membro dello Scientific Advisory Board dell’Istituto Max Planck di Berlino.
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Anna Doffini attribuisce un ruolo significativo alla Silicon Biosystem, per quanto riguarda la sua crescita professionale, ed è conscia che se non avesse avuto l’azienda alle spalle sarebbe stato difficile ottenere i risultati conseguiti negli ultimi due anni.
Adesso però la ricercatrice vuole “ripagare” l’investimento fatto sul suo profilo tornando in Italia. E c’è già una data presunta: novembre.
La sperimentazione a Monza
In attesa di riprendere a lavorare stabilmente nel Belpaese, Anna Doffini ha visto il “debutto” in fase di test della tecnologia DEPArray presso l’ospedale San Gerardo del capoluogo lombardo.
La sperimentazione è destinata a 40 donne incinte. “Si preleva un campione di cellule e quindi, tramite un dispositivo, si selezionano quelle d’interesse. Successivamente vengono spostate per poi essere recuperate ed esaminate. Questo metodo permette di mettere in evidenza, all’interno di un campione eterogeneo, le cellule tumorali. È possibile dunque analizzarne il profilo genetico e anticipare il decorso della malattia”. Così Anna Doffini.
“Ciò che differenzia la tecnologia DEPArray dagli screening attualmente utilizzati è che il primo esamina l’intero genoma della cellula fetale. Quindi l’esito a cui porta non è probabilistico, ma costituisce un risposta certa, equivalente a una diagnosi”.
Insomma, di strada ne ha macinata parecchia, questa giovane donna mantovana. Le difficoltà di adattamento nella città-Stato asiatica non sono state tali da cancellare dal suo viso lo stupore e la freschezza tipici della giovinezza.
E per chi come lei ha visto le carte della vita temporaneamente scompigliate da una folata di vento chiamato caso, tornare dove tutto è cominciato può essere un modo per “riannodare i fili” del proprio presente con una consapevolezza diversa. Forse con un rinnovato orgoglio per la propria italianità.
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