Lavorare 2.0

Benzina troppo cara? Le nuove app che salvano il portafoglio

Cara benzina, ma quanto mi costi? 

Anche senza usare un’automobile, è impossibile in questi giorni non accorgersi dell’aumento considerevole nel prezzo delle utenze. In alcuni casi, un vero e proprio raddoppio.   

La guerra in Ucraina non ha avuto effetti soltanto sulle Borse, ma anche sulla vita quotidiana, con i prezzi dei consumi saliti alle stelle in pochissimo tempo. 

Gas e luce non sono le uniche a pesare sul bilancio generale giornaliero. Il costo della benzina è arrivato ormai a 2 euro a litro e in molti si sono ritrovati a dover operare, giocoforza, dei tagli sulle spese generali. 

Tuttavia, esiste qualche "àncora di “salvezza”. La tecnologia ci viene incontro con app che ci consentono di risparmiare, regalandoci una panoramica dei distributori di ogni città con relativo prezzo al litro, così da capire dove sia più conveniente fare rifornimento.  

Ne abbiamo messe a confronto alcune, a seconda delle funzionalità aggiuntive e dell’utilità effettiva riscontrata dall’utente.   

Le app salva-risparmio sul carburante 

Uno degli strumenti valutati come maggiormente utile è sicuramente PrezziBenzina.it, comparatore del prezzo della benzina. Il funzionamento è semplice.

Basta andare sulla mappa, selezionando la zona di interesse e, automaticamente, appariranno i distributori che riforniscono al prezzo migliore, nel punto più vicino in cui ti trovi. 

La comodità è che sia consultabile sia via web che effettuando il download come app. 

Fuelio 

fuelioFuelio è una piattaforma che, oltre a mostrare le stazioni di servizio nelle vicinanze, calcola il consumo di benzina e il costo per arrivare al rifornimento più vicino. Si può inoltre annotare, come in un’agenda, quantità di miscela erogata, chilometri percorsi e costi del carburante.  

La prima cosa da fare è impostare il numero di veicoli, inserendo un’immagine, il tipo di carburante, capacità del serbatoio e unità di misura, con eventuali parametri aggiuntivi.  

Nella cronologia si può trovare il registro completo delle attività salvate, con tanto di scorciatoia, calcolatrice, e calcolo delle spese di viaggio in base a vari parametri. 

ViaMichelin  

ViaMichelin invece, per quanto le funzioni siano più o meno le stesse delle piattaforme precedenti, consente di impostare i parametri in modo leggermente diverso, calcolando il percorso come fosse un navigatore, inserendo il luogo di partenza e di arrivo e indicando tutte le stazioni di servizio con relativi prezzi durante il percorso.  

Drivvo 
drivvo

Drivvo invece garantisce una gestione più ampia, permettendo all’utente di monitorare tutti i costi relativi al veicolo. Come? Attrezzando l'app con uno storico da compilare via via con i vari servizi pagati, suddivisi per tipologie e utili.

 Successivamente, è possibile stilare delle statistiche delle uscite complessive, relative a un determinato intervallo di tempo impostato o a uno specifico genere di spesa. 

Questi sono solo alcuni dei numerosi strumenti che il web e i cellulari ci mettono a disposizione. Inizialmente potrebbero sembrare dei risparmi irrisori ma sul lungo periodo fanno la differenza. Inoltre, questa tipologia di meccanismo, basato sulla comparazione, potrebbe risultare utile per qualsiasi tipologia di prodotto, nella prospettiva della creazione di nuove applicazioni. 

Avete già qualche idea? 

Oppure, quando possibile, si potrebbe adottare il metodo di risparmio più efficace: camminare. Preserva le tasche e fa bene alla salute. 

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

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WAW, il laboratorio di ceramica al femminile che cura le ferite dell'animo

WAW, il lavoro nobilita la donna

 Anche se di una certa tipologia di progetti si dovrebbe parlare ogni giorno, quale migliore data se non l’8 marzo per mettere in luce una realtà a sostegno del femminile come WAW? 

WAW, acronimo per Women A(r)t Work, accoglie donne migranti provenienti da tutto il mondo, che, attraverso il lavoro condiviso, si emancipano da situazioni di disagio e ritrovano la fiducia in loro stesse attraverso il lavoro manuale.  

I primi gruppi destinati al laboratorio sono stati realizzati nel 2017 ma è solo due anni dopo che il progetto decolla e prende seriamente il via. Affrontato l’ostacolo di inizio pandemia, il laboratorio ha infatti ripreso in piena attività. 

Il progetto è legato all’associazione Terra Verde, impegnata da venticinque anni in attività di integrazione sociale rivolte a persone svantaggiate. L’obiettivo è favorire l’inserimento nella società principalmente attraverso l’acquisizione di competenze artistiche e artigianali.  

Arte terapia 

waw2Lavorare la ceramica è notoriamente un percorso terapeutico, anche in casi meno complicati. Ogni pezzo è unico e racchiude qualcosa della personalità di chi lo crea. In questo contesto, magari storie di migrazioni difficili, che si mescolano a situazioni familiari e personali complesse.  

Le donne che lavorano in WAW hanno altri punti in comune, a parte la provenienza da paesi lontani. L’arte frequentemente le aiuta a sfogarsi, a sentirsi capite, protette e ascoltate. Probabilmente, perché spesso non c’è nessuno che riesca a farlo al di fuori. 

«Nel nostro laboratorio, cerchiamo di valorizzare ognuna di loro a seconda delle proprie capacità manuali e cognitive, monitorando gli stadi di apprendimento e la loro crescita» ha raccontato Francesca Rambaldi al giornale l’Italia che cambia.  

In questo modo si crea una sorta di catena di montaggio, che rende la filiera produttiva più sostenibile, potendo conciliare un alto numero di pezzi a dei tempi di realizzazione contenuti. 

Tornare a brillare

I colloqui avvengono alla presenza della direttrice e di un mediatore culturale, per facilitare la comunicazione emotiva. La cosa più incredibile è che, anche in tempi relativamente brevi, queste donne ritrovano la loro centralità, uno scopo. E questo si riflette su tutto il resto. Tornano libere di brillare, consapevoli del loro valore.  

Accanto al laboratorio, lo Spazio WAW ospita i manufatti realizzati dalle Women A(r)t Work. Il sogno dell’Associazione Terra Verde è di creare un giorno un’impresa di artigianato sociale per continuare a offrire a queste donne un’occasione di riscatto. Magari diventando un luogo di accoglienza e incontro, nel pieno centro della città di Bologna. L’associazione vorrebbe che il laboratorio si trasformasse sempre di più in uno spazio polivalente, a beneficio della comunità. 

Intanto, le Women A(r)t Work continuano a portare avanti i loro obiettivi, sostenendo e contribuendo a creare i sogni di molte donne. «A volte – conclude Francesca – quando arrivano al mattino sono preoccupate, agitate: scuola, bambini, circolari da decifrare, visite mediche. Vederle andar via con un sorriso e leggerglielo negli occhi racchiude tutto il senso del nostro lavoro». 

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

 

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Risacca, il laboratorio siciliano che ricicla le reti da pesca

L'invasione della plastica

risaccaSimbolo dell’estate, delle giornate di sole, ancora di salvezza dallo stress e dal traffico quotidiano. Il mare è spesso generoso con noi, e non si può certo dire che lo ripaghiamo con la stessa moneta.

I rifiuti di plastica presenti negli oceani equivalgono a otto miliardi di tonnellate, ovvero il doppio del peso totale degli animali terrestri e marini messi insieme (Report WWF).

Questo significa che il 90% delle specie sono entrate in contatto con questo materiale di scarto che, infine, torna come veleno per l’organismo direttamente sulle nostre tavole. 

Per questo motivo, quando sento parlare di progetti come Risacca, torna la speranza in mondo migliore. 

Risacca, creare per resistere

Non tutti sanno che nel 1997 è stata scoperta nell’Oceano Atlantico un’isola di plastica grande quanto un continente. Immaginate solo quanto possa essere cresciuta in 25 anni. 

Inoltre, dato il movimento continuo delle correnti, non avrebbe senso pensare a quella marea inquinante come a qualcosa di lontano da noi, di cui non è necessario curarsi.

È proprio da questa emergenza che prende il via Risacca, laboratorio di recupero e riciclo delle reti da plastica abbandonate o inutilizzabili, che costituiscono uno dei rifiuti di plastica più frequenti. 

Carlo Roccafiorita, Federica Ditta e Cristiano Pesca sono tre professionisti under 35 che risiedono a Mazara del Vallo, storico porto peschereccio che vive fondalmente di commercio ittico. Ormai da diversi anni Mazara vive una brutta crisi, tra disoccupazione e mancato ricambio generazionale. Come se non bastasse, gli oneri di smaltimento dei rifiuti sono purtroppo a carico dei pescatori, che, privi di tutele, finiscono per liberarsene illegalmente.

I tre giovani hanno deciso di non arrendersi all’attuale situazione ma di creare lavoro e tutelare l’ambiente grazie all’innovazione. Nasce quindi l’idea si recuperare la plastica delle reti e trasformarla in altri oggetti, così da creare posti di lavoro sostenibili.

Un crowdfunding per la comunità mazarese

Il laboratorio si è voluto specializzare nel riciclo delle reti da pesca, a generare un impatto positivo per la comunità. In pochi mesi infatti sono state riciclate una tonnellata di reti, trasformati in nuovi oggetti, attività che ha portato questo trio di giovani sognatori a vincere il premio europeo Green Impact MED.

Con una tonnellata di plastica, infatti, si possono ottenere 200 sedie, 2mila cover, 10mila bottoni e tanti altri oggetti, da quelli di uso quotidiano fino all’arredo urbano. 

Il crowdfunding su Produzioni dal basso si è appena concluso, con un ammontare pari a 35mila euro. Un importo che, grazie all’associazione con il progetto Impatto +, progetto di Banca Etica che promuove bandi ad alto impatto sociale, ha consentito un ulteriore finanziamento al progetto. 

Più plastica recuperata significa generare più lavoro e avere un impatto economico e ambientale positivo sulla comunità. Il primo laboratorio avrà sede a Periferica, parco culturale mazarese, ma i tre creativi siciliani vorrebbero diventasse un progetto attuabile in ogni porto italiano.

Chiaramente, come è tipico di tutti i progetti di “Produzioni dal basso”, a ogni donazione corrisponde un regalo, cha va dal coupon sconto per l’acquisto dei prodotti, fino alla partecipazione al workshop di tre giorni sul riuso delle reti da pesca e del tessuto recuperato, con annesso oggetto creato dalle mani dello stesso partecipante.

U’idea originale, creativa ed ecosostenibile che ci auguriamo possa prendere piede anche in altre città di mare, creando "reti" tutt'altro che tossiche. Anzi. 

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

 

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