Lavorare 2.0

Job Stations: l’inclusione dei disabili psichici è una missione possibile

“Il lavoro nobilita l’uomo” è molto più che un modo di dire

Rappresenta una constatazione, un dato di fatto le cui conseguenze si manifestano chiaramente, e con una certa rapidità. Essere disoccupati induce sconforto e abbassa l’autostima, in quanto priva di un elemento fondamentale per imprimere senso e direzione alla quotidianità. D’altra parte, confrontarsi con un ambiente professionale arido, se non proprio ostile, scatena un circolo vizioso di frustrazione, emarginazione e ineluttabilità.

A volte, per alzarti dal letto, hai bisogno di sapere che puoi essere utile 

Disoccupazione e mobbing mettono spesso a dura prova le risorse emotive di persone equilibrate e appagate, perciò gli effetti su chi convive già con un malessere psicologico non possono che essere amplificati. Si innesca una perversa spirale per rompere la quale non basta avvalersi del supporto di specialisti. Un ruolo fondamentale giocano stimoli e opportunità provenienti dall’esterno, una ciambella di salvataggio che, purtroppo non è ancora la “normalità”. 

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Al netto del buonismo e del politicamente corretto, infatti, la disabilità – in particolar modo quella psichica –è pervasa da una nube fatta di tabù, ignoranza e luoghi comuni. Ciò rende particolarmente significativa l’esperienza delle Job Stations, centri che ospitano persone con problemi mentali impegnate in attività di smart working.

Come funzionano le Job Stations?

L’iniziativa offre a persone affette da disabilità mentale l’opportunità di reinserirsi gradualmente nel mondo del lavoro.

Tale specifica declinazione dello smart working si svolge in ambienti dedicati, e quindi protetti, in grado di minimizzare l’esposizione a fattori stressanti. Chi opera presso le Job Stations effettua compiti caratterizzati da procedure ripetibili e standardizzate, che non implicano un significativo margine di discrezionalità. Attività quali la gestione degli archivi, lo sviluppo software e lo smistamento di fatture e documenti di spesa, generalmente poco gratificanti, assolvono una funzione complementare rispetto ai settori direzionali e creativi, e costituiscono il campo più congeniale per soggetti costretti a confrontarsi con problemi psichici.

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Le Job Stations si avvalgono del supporto di tutor, e, grazie a strumenti quali la posta elettronica e Skype, offrono ai lavoratori un contatto costante con i colleghi operanti nella sede aziendale. L’inserimento presso quest’ultima avviene in fase successiva.

Un progetto come Job Stations merita di essere replicato non solo per il suo valore etico, nell’ottica della concreta promozione de principio di inclusione, ma anche per ragioni economiche. Infatti le patologie psichiche incidono profondamente sia in termini di assenze dal luogo di lavoro, sia in riferimento al pensionamento precoce. E lo scenario, secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è destinato ad aggravarsi, in quanto tale genere di disabilità potrebbe essere, da qui a 20 anni, il più diffuso. Dunque, è necessario non farsi cogliere impreparati da quello che potrebbe essere il preludio del collasso, umano e materiale, della comunità.

Francesca Garrisi   

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)

 

 

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Portare a casa la pagnotta? Prova con un distributore automatico

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Distributori di pane fresco

Ai puristi dei prodotti da forno e della chiacchierata con il panettiere probabilmente l’idea non piacerà. 

Tuttavia potrebbe essere uno spunto di business remunerativo e con un investimento iniziale relativamente basso (che varia dai 5000 ai 10.000 euro, a seconda del prodotto venduto).

 

Al di là degli scettiscismi, i distributori di pane fresco hanno già attecchito in Italia. Ecco i motivi per cui, chi ha intenzione di aprire una nuova attività, potrebbe risultare positivamente stupito dall'apertura di una simile attività.

A chi conviene aprire un distributore di pane fresco?

pane-frescoUn distributore in franchising risulta utile per chi ha già un panificio o un negozio di generi alimentari e vuole ampliare la propria clientela .

 Il vantaggio dell’investimento sta nel fatto che, certamente, non viene richiesto impiego di personale, se non per sporadiche operazioni  Dunque, si abbattono di molto i costi relativi alla gestione dell’attività.

Ulteriori vantaggi? Il distributore è attivo continuamente, quindi si può vendere pane a qualsiasi orario, evitando inconvenienti quali file e negozi chiusi.

I prodotti costano meno. Si stima infatti una riduzione del 20% del prezzo del pane, con un vantaggio competitivo interessante. Inoltre  può essere sfruttata un’estensione territoriale in più zone della città.

Inoltre il distributore è efficacemente coibentato perchè il pane risulti come appena sfornato. I prodotti vengono correttamente conservati per mantenere la fragranza grazie a un meccanismo per mantenere la giusta temperatura e un efficace sistema antibatterico.

Business simili?

let's pizzaUn’idea quella dei distributori automatici che può prendere piede anche in altri campi. Ad esempio un business andato per la maggiore, in Europa e negli States, è il distributore automatico di pizza:,

Dalla mente dell’italiano Claudio Torghel, il marchio Let’s pizza si è diffuso rapidamente arrivando in molte città d’Europa. Solo tre minuti di attesa ed ecco un cartone  fumante con la bontà della tradizione italiana appena sfornata.

Una variante molto difficile da far attecchire in Italia, ma che ha fruttato al suo inventore migliaia di euro. I distributori sono stati infatti installati in Croazia, Russia, Corea e Kazakistan. Il vantaggio è certamente la rapidità unita alla media qualità del prodotto.

Insomma, i distributori automatici rappresentano una buona idea di business da sviluppare in tembi brevi e con risultati interessanti. 

Provare per credere.  

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di Irene Caltabiano

 

 

 

 

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Tutto ciò che devi sapere su un assaggiatore di caffè

La più grande scoperta del globo dopo la lasagna.

caffè-tazzinaChi, come me, è caffeina-dipendente, sa che almeno una tazzina al giorno di questa meravigliosa bevanda non è solo un piacere, ma un rito. E chi, fra noi aficionados, non ha mai fantasticato una volta nella vita di fare l’assaggiatore di caffè?

Vita da degustatore

L’assaggiatore di caffè, nell’immaginario comune, è un uomo qualunque (sicuramente più nervoso della media) che scrocca alle aziende ingenti quantità di prodotti millantando conoscenze specifiche.

Sono qui per smentirvi. Fare questo mestiere non significa basarsi solo sul gusto personale. Certamente occorrono due doti naturali: un buon naso e un palato fine. Ma non basta.

Servono nozioni di chimica per individuare le sostanze che determinano il sapore degli alimenti, matematica e statistica per rimandare giudizi individuali a criteri oggettivi e conoscenza del funzionamento degli organi sensoriali.

Come diventare assaggiatori di caffè?

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Va da sé che in Italia il mestiere di assaggiatore di caffè, tra i corsi di maggior richiesta in campo degustazione, è la tradizione più antica.

La maggiore autorità nostrana nel campo è l’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè, con sede a Brescia, che nasce per mettere a punto e diffondere metodi scientifici per la valutazione sensoriale dell’espresso.

L’Iliac lavora su due binari: l’assaggiatore basic, per gli amatori che vogliono diventare consumatori consapevoli e il giudice sensoriale, figura capace di certificare l’espresso italiano.

«Il primo imparerà a fare uso degli organi di senso, conoscere determinate logiche sull’elaborazione degli stimoli, avere ottime conoscenze della merceologia specifica» sottolinea Luigi Odello, presidente dell’associazione.

Il secondo invece è una specie di super eroe delle papille gustative, che deve incrementare la propria percezione  e la conoscenza delle tecniche di analisi che gli permetteranno di far parte di un panel, incontro di più assaggiatori che, sulla base di criteri condivisi, elaboreranno un parere il più possibile oggettivo.

Leggi anche: La pausa caffè e i suoi eroi

Infine, con il Master in analisi sensoriale e Scienza del Caffè, in cui si approfondisce l’arte della miscela e della tostatura, si ottiene il titolo di Espresso Italiano Trainer, futuro insegnante di assaggiatori professionisti.

La valutazione sensoriale del caffè avviene in Italia secondo canoni dettati dall’ICO (International Coffee Organization) differenziandola tra caffè grezzo tostato ( polveri di caffè) e bevanda estratta con vari sistemi (moka, espresso o cialda). Le valutazioni non sono solo legate al gusto, ma anche olfattive, visive, tattili, uditive. Il degustatore deve essere capace di esprimere in maniera esaustiva e con lessico corretto le proprie percezioni.

Il caso Pelliccia

Gennaro-PellicciaSe la maggioranza ottiene un titolo per passione o perché lavora già nella torrefazione, in aziende produttrici o in bar e ristoranti, un ristretto numero di professionisti fa il degustatore puro

Un percorso che richiede grande esperienza , alto grado di professionalità e conoscenze del mercato. Tuttavia ne vale la pena. Arrivare ad alti livelli significa essere straricchi. 

Gli assaggiatori 2.0 sono così rari che il successo o il fallimento di un’azienda può dipendere…dalla loro lingua. Proprio per questo Gennaro Pelliccia, professione assaggiatore di caffè, ha assicurato la sua per 10 milioni di sterline (pari a 11 milioni di euro) alla Lloyd’s Bank di Londra. Il signor Pelliccia assaggia e classifica in media cinquemila tipi di caffè ogni anno.

La regola del caffè perfetto

caffè-perfettoVolete stupire gli ospiti o esercitarvi nel raggiungimento dell’eccellenza? L’Istituto nazionale ha rivelato la formula di una miscela senza pari: "una tazzina con circa 25 millilitri di caffè, ornato da una crema consistente e di finissima tessitura, di color nocciola tendente al testa di moro, resa viva da riflessi fulvi. L’aroma deve essere intenso e ricco di note di fiori, frutta, cioccolato e pan tostato. In bocca l’espresso deve essere corposo e vellutato, giustamente amaro e mai astringente".

 

 

di Irene Caltabiano

 

 

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