Atelier Ela Siromascenko: realizzare i propri sogni dalla Romania all'Italia
Oggetti feticcio
A volte mi interrogo sul reale valore di una cosa. Ci affezioniamo a persone, idee, gatti, cani. Ma ci sono invece oggetti di uso comune che diventano simboli. Cose che, fin da piccoli, esercitano su di noi un’attrazione irresistibile e, segretamente, segnano un destino.
Nel caso di Ela Siromascenko, la macchina da cucire a pedali di sua nonna. Uno strumento che aveva il potere di unire pezzi di tessuto in un oggetto unico e meraviglioso che qualcuno poteva indossare.
La stessa che adesso troneggia nell'atrio dell'omonimo atelier a Milano, in via Piero della Francesca 81. Ela ora fa la stilista di professione e il suo nome, tra punto vendita ed e-commerce, è diventato un brand. Tuttavia, fino al 2009, rendere la passione per vintage e sartoria un lavoro era un sogno nel cassetto. All’epoca infatti l’aspirante sarta svolgeva un dottorato in Scienze della comunicazione e lavorava nel web marketing.
Aprire un proprio atelier
Quando dalla Romania è arrivata in Italia, nel 2011, son però venuti con lei anche tutti i materiali e gli strumenti da cucito, fino a quel momento semplice hobby portato avanti con un account su Etsy, piattaforma per vendere articoli fatti a mano.
«Dopo mesi passati a cercare lavoro a Milano e l’ennesima risposta negativa per un posto per cui pensavo di essere super qualificata, a marzo 2013 ho deciso di sistemare il negozio online, curandone tutti gli aspetti (SEO, foto, descrizioni). Gli ordini sono iniziati ad arrivare proprio quel giorno!»
Così, dopo aver aperto la partita Iva, la sua attività ha cominciato a crescere. «È una cosa che da piccola sognavo di imparare, ma che per molto, molto tempo sospettavo di non essere in grado di fare perché, pensavo, chi mai si sognerebbe di comprare qualcosa fatto proprio da me?»
L’ostacolo più grande però non è stato superare le sue paure, bensì quelle degli altri. «Quella di mia madre che, quando aprii l'e-commerce, non poteva credere che sua figlia, che fino a due anni prima non aveva toccato una macchina da cucire, avrebbe mai venduto a qualcuno anche un solo abito. La sua paura però si è dissolta quando ha visto che ho iniziato a farcela. Ora è la mia più grande sostenitrice».
Un business in continua crescita
Oggi Ela vende in Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Canada, Francia, Svizzera e almeno altri dieci paesi. «I clienti internazionali mi trovano sia su Etsy che sul mio sito e ultimamente anche tramite il passaparola. Mi piace anche il fatto di potermi relazionare con gente di tutto il mondo e poter lasciare in qualche modo una traccia della mia presenza nel mondo e nelle vita delle persone. Mi piace anche poter continuare a fare marketing – solo che ora lo faccio per me, per la mia attività e non per quelle degli altri».
Questa giovane e dinamica ragazza è la dimostrazione che tutto serve nella vita: anche la formazione precedente inizialmente l’ha aiutata pubblicizzare il suo prodotto, con annessi e connessi: PR, networking, mantenere sempre i contatti, essere sempre presente sui social.
I difetti del business? Sicuramente l’impossibilità di vedere dal vivo e provare il capo, dato che l’abbigliamento su misura è tradizionalmente pensato e visto come una cosa che si fa di persona. Così Ela li ha risolti facendo foto chiarissime, che mettono in mostra tutti i dettagli.
«Uso un manichino regolabile e scrivo descrizioni molto precise dei prodotti, in cui do istruzioni su come prendersi le misure e faccio anche assistenza per aiutare a prendersele via mail, telefono, Skype video call, insomma in tutti i modi possibili. Infine, ho messo condizioni di vendita molto chiare su eventuali resi»
L’atelier a Milano invece è stato aperto proprio per quella parte di clienti che abitano in Lombardia e nel nord Italia, che possono venire di persona.
Tra il vintage e il trendy
Il target dei suoi modelli? «Penso ad una donna delicata e femminile, un po’ nostalgica dei tempi andati, quelli delle splendenti dive di Hollywood, dei pizzi e dei volant. Ma allo stesso tempo la vedo forte, sicura di se e disposta a fare insolite scelte di stile, come indossare una sottogonna in tulle per prendere, semplicemente, un caffè in città nel pomeriggio»
Insomma i sogni che rimangono nel cassetto continueranno a bussare perché finalmente, venga aperto. Ma, una volta liberati, vanno afferrati al volo e tenuti stretti, con volontà, sudore e lacrime.
«La mia non è una storia con finale felice, è la lotta per un sogno, e non è ancora finita. È dura e piango, in media, due-tre volte a settimana. Non sono ricca e non lo sarò presto, almeno non nei prossimi cinque anni. Ho un budget pure per la spesa al supermercato e non è per niente alto. L’INPS è quel che è, sia se vendi per 3000 euro al mese o zero, l’affitto pure. Devi ricoprire 2, 3, 5 ruoli alla volta. Ci saranno giorni in cui vorresti far fuori tutti. Ci saranno mattine in cui ti sveglierai alle 4 perché il pensiero di una consegna imminente non ti farà dormire».
Per questa la massima che guida Ela è: non esistono scorciatoie per i posti in cui vale la pena andare. L'importante è non smettere di camminare.
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