Autosufficienza alimentare, vuoi risparmiare? Preparati a sudare
29.09.2015 17:28
Stai lì ed innaffi diligentemente, come un bravo genitore, il frutto delle tue «maratone agricole».
Risi molto, tutt’ora rido quando ci penso, ma sostanzialmente il suo consiglio è stato d’aiuto quanto quello della
nonna quando le chiedi quanto sale devi mettere nello sformato e ti risponde: «Vai a occhio!». Ahahah. No, non vado a occhio, perché sono negata con gli sformati e odio il sale.
Autosufficienza alimentare, è possibile? Beh, mi piace rispondermi di sì. Anche se so che una completa autosufficienza non è possibile.
Il caffè, come lo produci? «Si può vivere senza caffè».
Voi potete, io no. Mi serve quello sprint dalle quattro alle otto volte al giorno.
Le banane? Dovete andare al supermercato per averle, non so quanto il clima italiano sia adatto per quel tipo di piantagioni.
Ma, bando alle ciance, è possibile come cosa?
Potrebbe, ma è un lavoro duro.
Qualche stima: volete un maiale per produrvi la carne? Dieci metri quadrati, come minimo, sono necessari.
Per avere piante tutto l’anno, che producano ogni sorta di ortaggio, potrebbero servire 100 mq a persona, quindi un totale di 400 mq se la famiglia è composta da quattro persone.
Perché così tanto spazio?
Beh, ci sono alcune piante che hanno sviluppo verticale e richiedono poco spazio e altre che ne richiedono molto. Un esempio: i pomodori e le patate.
I primi possono anche avere sia sviluppo verticale che orizzontale, dipende tutto dall’uomo, e possono essere posizionate a una piccola distanza gli uni dagli altri, le patate invece sono tutta un’altra storia. Quelle richiedono tantissimo spazio. E anche tanta pazienza.
Di questi ipotetici 400 mq, almeno 20 se ne andranno in vialetti, fossette di scolo e rialzi.
Quindi il bilancio sale a 430 mq.
E non pensate di aver ridotto completamente i costi: dovrete comprare i semi o le piantine.
Dovrete vendere il vostro sudore e l’acido lattico a madre Natura, e pregare che vi mandi la manna delle buona raccolta, sennò dovrete essere pronti a rifare tutto daccapo. Magari, anche ammettere il fallimento.
È di questo che si parla, del fatto che alla prima potresti non farcela.
E allora rifai tutto da capo, dissoda nuovamente la terra, massacra le tue braccia a furia di zappate, prega che qualche animale non decida di mangiare i semini appena piantati. Poi aspetta. Giorni, settimane, anche mesi.
Stai lì ed innaffi diligentemente, come un bravo genitore, il frutto delle tue «maratone agricole».
Ci vorrà tanto tempo e chissà, anche fortuna.
Per non parlare dello studio che dovrai fare prima, perché anche l’orto non puoi farlo così, con uno schiocco di dita.
Ti ci devi impegnare e non sempre riuscirai a capire. Mi ricordo che quando a mia madre venne l’idea di cominciare a fare l’orto, chiese a un vecchio contadino delle nostre zone di darle qualche consiglio. Non fu molto d’aiuto. «Che ci vuole, mimma. Dissodi, semini e aspetti che il sole e l’acqua ti aiutino», sono state queste le sue parole in uno strascicato accento senese.
Risi molto, tutt’ora rido quando ci penso, ma sostanzialmente il suo consiglio è stato d’aiuto quanto quello della
nonna quando le chiedi quanto sale devi mettere nello sformato e ti risponde: «Vai a occhio!». Ahahah. No, non vado a occhio, perché sono negata con gli sformati e odio il sale.
Mia mamma ha fatto diversamente: ha cominciato a studiare. Ha comprato libri, mio nonno gliene ha regalato uno, da cui poi è partita la filosofia dell’orto sinergico.
Continua a studiare, a migliorare, ad applicarsi e non sempre tutto è facile. Ma se ce l’ha fatta lei, potete farcela anche voi.
Proviamo?
Di Ginevra Dragoni
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