Caro rifugiato, quanto mi costi?
10.11.2015 18:05
Ogni giorno un italiano si sveglia e sa che dovrà spendere. Più di ieri e meno di domani, sperando nel SuperEnalotto.
«In questa giostra continua in cui il portafoglio langue, dobbiamo addirittura preoccuparci dei migranti. Anche noi dobbiamo combattere la nostra guerra quotidiana». Abbiamo appena trasmesso il pensiero dell’italiano medio riguardo all’emergenza che ormai da anni dilaga nel Paese. Quanto paghiamo quotidianamente per i rifugiati? E qual è il costo reale del sistema di integrazione nazionale?
Condizioni del 2014
A rispondere è il primo Rapporto sull’economia dell’accoglienza, firmato da un gruppo di studio del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno. L’anno scorso si chiudeva con 17mila profughi arrivati via mare, quasi il triplo rispetto al 2011. La gestione dei centri governativi (Cara, Cda, Cpsa, Cie) è costata 139 milioni di euro, mentre le strutture temporanee circa 300. A tali cifre sono da aggiungere le spese di trasporto dei migranti verso i centri, i contributi erogati ai Comuni per la cura dei minori e le quote relative agli interventi straordinari per un ammontare complessivo di circa 20 milioni.
Spesa totale?
436 milioni ! Con un costo medio giornaliero per persona di circa 30 euro. «Aiuto: i migranti vogliono anche il nostro sangue!» Calma. I costi in realtà sono molto minori rispetto all’emergenza Nord Africa di cinque anni fa, in cui erano quotidianamente necessari 46 euro per gli adulti e 75 per i bambini.
Qual è la situazione oggi?
Il Ministero dell’Interno ha stimato a oggi 918, 5 milioni per costi relativi alle strutture governative, 242.5 per lo SPRAR (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati).
Totale? 1.162 milioni.
Dati che spaventano.
L’ammontare però viene in parte riversato sul territorio sotto forma di stipendi a operatori, affitti e consumi. E, in ogni caso, rappresenta una piccola percentuale quantificabile nello 0, 14% della spesa pubblica nazionale complessiva.
Quale formula si ricava da tale operazione?
Il fine giustifica i mezzi. Da questa prospettiva, i profughi non sono altro che numeri, cifre che si perdono nel mare magnum della politica mondiale. Quando cominciamo a vedere cadaveri di bambini sulle nostre spiagge o leggere di madri che partoriscono in balìa delle onde, soffermarci un attimo è più che doveroso. O perlomeno chiederci se al posto loro non saremmo comunque scappati dall’inferno.