Quando il dolore per un lutto diventa patologia?
L’esperienza di un lutto familiare è uno dei dolori più grandi che possano esistere.
Un evento con cui tutti prima o poi ci dovremo confrontare. Tuttavia, quando accade, nessuno è mai pronto e la nostra mente può giocare brutti scherzi.
Quanto pesa accettare una perdita? La sofferenza per la morte di una persona va attentamente considerata se persiste per un lungo periodo e si rivela sempre più angosciante giorno per giorno. La linea di confine tra dolore e patologia è infatti molto sottile.
L'elemento più importante è l’accettazione. Quando però non si riesce a raggiungere questa fase in maniera sana, dal dolore dell’anima si passa ad un problema psicologico che va esplorato con l'aiuto di uno psicoterapeuta. Quali sono i principali segnali?
Il tempo
Se il malessere si protrae per più di un anno si può cominciare a parlare di disturbo mentale. Questo non significa che la sofferenza deve sparire all’istante dimenticando la persona che è venuta a mancare. Piuttosto significa avere accettato il lutto come parte della vita e, nonostante il ricordo faccia sentire il suo peso, non lasciare che influenzi il quotidiano.
Pensieri
Quando si ricorda una persona, bisogna fare attenzione a ciò che viene detto. In genere chi tende ad assumersi le colpe oppure pensa costantemente al defunto e rivive la sofferenza del lutto, ha maggiori probabilità di sviluppare un disturbo più grave .
I simboli
È normale tenere tra le mani un oggetto caro o entrare nella casa della persona defunta, come è comprensibile evitarlo. Quando però, ad esempio, si cerca di non incontrare gli amici in comune col defunto perché il ricordo è troppo doloroso, bisogna ricorrere alla terapia.
Sentirsi soli e isolati
Un disorientamento iniziale è più che lecito ma quando, nonostante sia passato del tempo, non si riesce più ad uscire di casa o ad avere relazioni sociali è un problema. Non accettare la morte significa andare incontro a depressione e angoscia. Ci si scontra con dilemmi esistenziali ai quali non si possono dare risposte, se non la propria, personalissima. accetazione.
La mia esperienza
C’è un momento nella vita in cui la paura della morte bussa alla porta.
È un tema delicato, si fatica persino a scriverne. Quando ti colpisce da vicino inizi a farti un’idea ma è solo con il passare degli anni, quando la coscienza è più formata, che la paura ti assale in modo consapevole.
Temi di perdere tutto quanto, quando magari è così meravigliosamente bello e sai che un giorno non ci sarà più.
Ma, in fondo, che cos’è la morte? C'è chi ha dedicato parte della propria vita a interrogarsi su questo. In particolare vorrei citare due filosofi a me cari, Epicuro e Platone.
Il primo dice che non dobbiamo assolutamente preoccuparci di nulla; fin tanto che siamo vivi la morte non ci sarà e quando verrà il momento, semplicemente, non saremo più.
Nell’apologia di Socrate, invece, nelle ultime pagine, poco prima che il filosofo venga condannato a bere la cicuta, sostiene che la morte sia o un lungo e beato sonno senza sogni oppure un viaggio dove abbiamo la possibilità di incontrare tutte le persone che non sono più, nel più bello dei mondi possibili.
Perché, allora, temerla?
Blogger filosofo
Seguici anche su Google Edicola »