«Con il coding insegno alle ragazze il coraggio di essere imperfette»
«Impariamo a sorridere, essere cordiali, stare al sicuro, prendere bei voti»
«I ragazzi, d’altra parte, vengono educati a giocare, sporcarsi, rotolarsi e buttarsi a terra. E quando diventano adulti, sia che stiano negoziando un aumento di stipendio sia che stiano invitando qualcuno a uscire con loro, sono abituati ad affrontare i rischi uno dopo l’altro »
Quanti danni hanno fatto le favole? Tutte quelle principesse sospiranti nell’attesa che arrivasse il principe azzurro a salvarle. Il coraggio: sostantivo maschile. L’attesa, la bellezza, la perfezione: nomi comuni femminili. Che sarebbe successo se nelle fiabe avessero insegnato alla principessa che poteva benissimo rompere da sola le mura della torre?
Girls who code, la rivincita delle ragazze
Per fortuna, mattone per mattone, questa fortezza di prudenza sta crollando, alimentando nelle gentil dame la fiducia in loro stesse. Niente gemme o diademi, ma un computer, tanta perseveranza e voglia di imparare. Quando Reshma Saujani , avvocatessa e politica di origini indiane, ha dato vita a Girls who code, si è posta essenzialmente una domanda. Durante una campagna elettorale girava per le classi di informatica di New York e si domandava :«Ma dove sono le ragazze?»
La questione non era certo che i ragazzi fossero più bravi. «Il problema è il deficit di coraggio» dice Reshma. «La stessa ragione per cui le donne sono poco rappresentate nei consigli di amministrazione, in politica, nelle forze dell’ordine».
Per spiegare i motivi di tale situazione viene spesso portata ad esempio una ricerca compiuta negli anni '80 dalla psicologa Carol Dweck. La dottoressa osservò il comportamento dei più piccoli quando veniva assegnato loro un compito difficile: le bambine si arrendevano prima, i bambini raddoppiavano gli sforzi per arrivare alla soluzione.
Un’altra ricerca svolta da HP ha evidenziato come gli uomini si candidino per una posizione lavorativa anche solo con il 60% dei requisiti. Le ragazze invece si propongono solo se il loro profilo corrisponde al 100% con quello richiesto.
Perché la programmazione è perfetta per aumentare l’autostima
Reshma decide così di far qualcosa per cambiare la situazione. Nell’estate del 2012 riunisce venti donne, di differente estrazione sociale, in una sala conferenze della compagnia AppNexus, per insegnare loro i fondamenti del coding. «Se fai vedere a una donna come programmare, lei andrà avanti per fare cose meravigliose».
Così è nato Girls who code. La programmazione richiede tentativi continui per arrivare alla soluzione definitva. Una parentesi può segnare la differenza tra successo e fallimento. L'informatica esige perseveranza, capelli scompigliati, occhiaie, imperfezioni e coraggio di sbagliare.
Le ragazze sono molto brave a programmare, ma la corazza di dubbi e incertezze è dura da scalfire. «Ogni insegnante di Girls who code mi racconta la stessa storia. Nella prima settimana, quando le alunne si stanno approcciando al codice, c’è sempre una studentessa che la chiama da parte per dirle “non so che codice scrivere”.
L’insegnante guarda il suo monitor e vede l’editor di testo totalmente bianco. Se non conoscesse a fondo la storia, potrebbe pensare che la studentessa ha passato gli ultimi 20 minuti a fissare lo schermo. Ma se preme il pulsante per annullare le modifiche un paio di volte si accorge che la ragazza ha scritto del codice per poi cancellarlo. Ci ha provato, ci è andata vicina, ma non ha azzeccato totalmente. Anziché mostrare all’insegnante i progressi fatti, preferisce non mostrare nulla. Perfezione o fallimento».
Il primo passo da fare dunque è trasformare quel "coraggioso" nel suo corrispettivo femminile. Insegnare alle principesse a sciogliere le trecce e rimboccarsi le maniche del vestito. Nel momento in cui ci riescono, i risultati sono straordinari .
Per esempio, due studentesse delle superiori hanno creato un gioco intitolato “Tampon Run” (la corsa degli assorbenti) per rompere il tabù delle mestruazioni nel mondo dei videogiochi. O la rifugiata siriana che ha voluto dimostrare l'amore per il suo nuovo Paese creando un’app per aiutare gli americani a votare.
«Ho bisogno che ognuno di voi dica ad ogni giovane donna che conosce – sorella, nipote, impiegata, collega – di essere a suo agio con le proprie imperfezioni, perché quando insegniamo loro ad essere imperfette e ad accettarlo, diamo vita a un movimento di giovani donne che costruiranno un mondo migliore per loro stesse e per ognuno di noi»