Confessioni di una quasi trentenne (ovvero perché il 30 è solo un numero)

Chi ricorda il programma Avere vent'anni?

RAGAZZA-RICCIALa serie di servizi trasmessi da Mtv che parlava di drammi e problemi di quell'età, analizzata sotto numerosi punti di vista.

Ebbene, dalla prima puntata di quel programma sono passati esattamente quindici anni. All'incirca l'età in cui IO ero una ventenne dall'indomabile chioma riccia piena di voglia di evadere e scoprire il mondo.  

Questo fine settimana una delle mie migliori amiche è giunta ai fatidici trenta. E la stessa testa riccioluta ha elaborato una combo di pensieri dall'effetto bomba.

 

Il flusso di coscienza è partito da lontano: da un format del canale più in voga dell'epoca, mixato accuratamente con una festa per il terzo decennio di vita il cui tema erano gli anni '90.

Saranno perciò stati i bicchieri di plastica con il nome scritto con il pennarello nero, i tramezzini al prosciutto e formaggio e le patatine ad anello gusto pizza accuratamente posizionati nei piatti a scatenare in me sentimenti contrastanti: la gioia dello stare insieme, rivivere per una sera disagi e sensazioni da festa delle medie e infine l'ansia di quel tre, che, anche nel mio caso, pende sulla testa come una spada di Damocle.

Caro fuori sede, ecco il prezzo della libertà

 Il numero perfetto, dicono. 

famiglia-mulino-biancoMa quel tre non è mica solo un numero; è un bilancio, un piccolo giudice che costringe a mettere te stesso sotto processo e realizzare cosa, davvero, hai ottenuto fino a questo momento.

Non che mi consideri una donna fatta e finita, per carità. Ma c’è sempre un ideale a cui far riferimento. Un te diciottenne che a trent’anni si vedeva come una persona con un buon stipendio, responsabile, scrittrice o illustratrice affermata.

Rossella O' Hara

Perciò, con 29 anni e 5 mesi, sei diviso tra la tua visione del trentenne ideale e la pressione sociale che ti prospetta un quadretto stile Mulino Bianco.

 Lui, con la sua ventiquattro ore, imboccato dalla moglie di una qualsiasi merendina. Quantomeno, rispetto a vent'anni fa, sta uscendo anche lei dalla sua splendida villa in campagna per andare a lavorare, accompagnata da bambini curati e sorridenti.

Essere professionisti, avere una splendida prole, il marito che ti mostra i trentadue denti con il suo bianchissimo sorriso. Poi ti guardi intorno: magari l'uomo con il bianchissimo sorriso c'è.
 

Ma forse è il tuo capo che, candidamente, cerca di appiopparti l'ennesimo documento da terminare nell'ultima mezz'ora. Peccato che tu abbia un contratto part time, che non prevederebbe affatto che tu stia lì fino alle 19.

Tuttavia, qualcuno ti ha insegnato che le cose fatte con passione da qualche parte condurranno. Quindi ingoi l'ennesimo, amaro boccone. Perchè, come diceva uno dei tuoi personaggi preferiti della storia del cinema "Dopo tutto, domani è un altro giorno".

Oppure l'uomo dal bianchissimo sorriso può anche essere il principe azzurro: il vostro compagno, ragazzo, fidanzato, con cui state progettando il matrimonio. Ma il lieto evento può attendere, dal momento che sul comodino si erge una pila di bollette non pagate e ce la fai a malapena ad arrivare a fine mese con affitto, spesa e qualche sfizio.

Con il pensiero ricorrente che i tuoi, a trent’anni, erano già sposati con un figlio. E magari c'è anche qualche zia che, ogni volta che torni a casa dalla Capitale, ti fa notare che la cugina Mariangela, felicemente convolata a nozze lo scorso Luglio, sia in attesa di un bel pargolo.

La stabilità, insomma, ti sembra un miraggio. 

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viaggio-bambiniMa ti chiedi  anche se, in fondo in fondo, quella stabilità la vuoi davvero. Ancora scissa tra la voglia di prendere uno zaino e partire per scoprire il mondo o mettere su famiglia, accogliendo pargolo con urla, pannolini, pappine e annessi e connessi. 

 Sognando marito e figli con cui non devi rinunciare al tuo nomadismo e vivere nuove  avventure con un fagotto da portare in braccio a vedere le meraviglie del mondo.

Affitti, stringere denti e metri quadrati

Infine ti fermi, respiri e capisci che il trenta è solo un numero. 

E che è sempre meglio guardare il bicchiere mezzo pieno che quello mezzo vuoto. Che se nasci sognatore è molto difficile rimanere con i piedi per terra, accettando una vita che non ti appartiene. Sognare è ciò che ci rende vivi e se i sogni li metti a tacere, reclamano il loro spazio con insistenza.

Che il mare di incertezze e dubbi ti travolgerà sempre, a giorni alterni, come le targhe. Ma che basta una parola del tuo uomo, della tua famiglia, dei tuoi amici, per far tornare la grinta. E, anche se concretamente non possono far nulla, il loro credere in te è meglio di qualsiasi bevanda energizzante.

Che trent’anni vuol dire anche essere più libero dalle opinioni e dai giudizi. 

sorridereAver raggiunto un buon 50%, grazie alla tua saccoccia di esperienze, di capacità di scindere a cosa dare più peso e cosa lasciare andare. Avere un fiuto migliore per le storie sbagliate, e anche se continuerai a caderci, riuscirai a liberartene nel minor tempo possibile.

Che hai imparato ad essere indipendente all’80%. Infatti, se magari non lo sei ancora al 100% economicamente, riesci a sopravvivere tra lavoro, faccende casalinghe, amore, amici, obiettivi.

Che i piani, sono fatti per essere stravolti. E che, anche se ti sembra che i tuoi dadi ti abbiano spesso costretto a ripassare dal via, l’importante è non smettere di camminare e guardare avanti. Per quanto possa sembrare banale.

irene-caltabiano

di Irene Caltabiano

 

 
 

 

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