Confessions, il sito per rivelare segreti oscuri (senza conseguenze)
Nessuno mi può giudicare
«Ieri ho scritto una lettera per spiegare il mio suicidio». «Soffro di depressione».«Ho fatto l’amore con la ragazza del mio migliore amico». Piccole (e innocue?) confessioni, pesi che ci si porta dentro e non si ha il coraggio di rivelare ai diretti interessati. Meglio parlare con una comunità di perfetti sconosciuti anzichè affrontare la realtà delle cose.
Si chiama Confessions, ed è una sorta di forum su Reddit, piattaforma americana per condividere e votare link, in cui le persone diffondono anonimamente segreti, pensieri scomodi, errori alla ricerca di consigli e comprensione. Si va dai post meno rilevanti come "Credo non mi piacciano più i videogames" a "Oggi marinerò la scuola" ad arrivare a turbamenti più significativi, quali dubbi sulla propria identità sessuale o rivelazioni di gravi tradimenti.
Ma le azioni confessate non sono la cosa più sconvolgente del forum; spesso colpiscono l’asprezza e l’odio che si scatenano nei commenti. La possibilità di esprimere la propria opinione su argomenti delicati si trasforma in inevitabili condanne, insulti, giudizi che pesano come ghigliottine sulle teste del “condannato” volontario. Si crea perciò un incastro perfetto tra masochismo e sadismo, dando un benestare alla pubblica accusa e allo scatenarsi degli istinti umani più bassi.
Ti svelo un segreto
Confessions non è certo l’unica app di questo tipo. Esiste infatti una lunga lista di siti e “ambienti protetti” che garantiscono l’anonimato. Wut, Whispero, Anonymous confessions, Awkard. Alcune piattaforme sono state addirittura soppresse perchè accusate di cyberbullismo. Ma perché si sente il bisogno di questi sfogatoi assolutamente spersonalizzanti?
La socializzazione della colpa
Più che un bisogno, è la maniera più rapida per scaricarsi la coscienza. Si prova sempre un certo senso di colpa quando si fa o si dice qualcosa di sbagliato e, se non si riesce a confessare il proprio disagio ai diretti interessati, scrivere o parlare con sconosciuti diventa uno strumento catartico. Una volta i detentori dei segreti erano i confessori religiosi, oggi sono più frequenti gli psicologi. Ma cosa c’è di meglio della rete, luogo in cui indossare una maschera e confessare l’inconfessabile in maniera anonima senza subire conseguenze reali?
Lato commenti, vale più o meno lo stesso meccanismo. In rete emerge il nostro lato oscuro che stimola linguaggi violenti, scurrili, irrispettosi.
L’identikit dell’hater
Purtroppo l’atteggiamento da hater è transculturale e transgenerazionale e spesso non è possibile farne una descrizione precisa. Tuttavia una ricerca americana del 2014 ha individuato alcune caratteristiche psicologiche frequenti in chi ha atteggiamenti aggressivi sui sociali: la presenza di un certo sadismo, il godere nel mettere gli altri in difficoltà, mancanza di empatia, desiderio di manipolare le persone.
Quale soluzione?
La rete è uno strumento assolutamente libero e democratico. Forse troppo. Siamo sicuri che, arrivati a un certo livello di violenza verbale, non sia necessario mettere degli argini? Non solo si dovrebbero elaborare progetti educativi già in età scolare ma anche creare meccanismi di controllo sulla reputation online dell’hater. Ad esempio un sistema a punti entro il quale, se si supera un certo limite, si viene bannati definitivamente dal social o dall’app.
Se una volta tali problemi erano considerati relativi, queste sono le disfunzioni della comunicazione odierna. E dobbiamo regolarla prima che sia troppo tardi, sia a livello virtuale che emozionale.