Contro lo spettro della guerra, meno TV e più conversazioni faccia a faccia
Ne usciremo migliori
Questa frase è stata il mantra (o meglio, il tormentone) dei primi mesi di pandemia. Molti di noi l’hanno considerata un’ancora di salvezza a cui aggrapparsi per non farsi risucchiare dalle spire di un doppio terrore: contrarre il Covid19, e perdere una vita normale, fatta di lavoro, vita sociale, famiglia…
Il protrarsi dell’emergenza (sanitaria e non solo) ha sgretolato rapidamente la presa di quella frase sull’opinione pubblica e l’immaginario collettivo. Dimostrandoci, contestualmente, che NON è affatto scontato che una tragedia su vasta scala stimoli e potenzi, per reazione, sentimenti quali empatia, solidarietà e genuino desiderio di ascoltare l’altro. Basti pensare alle innumerevoli speculazioni sulle mascherine, diventate un vero e proprio business, all’infinita querelle su vaccino e Green Pass…e all’esplosione della guerra in Ucraina. Decisamente l’ultima delle cose di cui la popolazione mondiale avrebbe avuto bisogno.
Morale della favola: non siamo usciti dalla pandemia, e tantomeno dal generalizzato, profondo ed insidioso malessere emotivo innescatosi ormai due anni. Che fare, allora? Dobbiamo rassegnarci e consegnarci ad una vita impastata con l’incertezza e la plastica paura per la propria incolumità fisica e quella dei propri cari? Accettare senza opporre resistenza la tempesta di notizie e bufale che alimenta i salotti televisivi tritacarne, e garantisce dirette h24 ai canali all news?
La risposta che arriva dagli psicologi è di tutt’altro segno. Per spezzare il circolo vizioso dell’ansia che si autoalimenta consumando compulsivamente contenuti (pseudo) informativi è necessario, in primis, riprendere il controllo di tempi e tipologia di programmi fruiti. Insomma, modificare la propria dieta mediatica per disintossicarsi dal sovraccarico della mente esattamente, come una dieta alimentare mira a combattere il sovraccarico dello stomaco; in caso contrario, il rischio di diventare vittima di doomscrolling/doomsurfing (l’abitudine di restare a lungo davanti a Tv o cellulare per seguire eventi negativi) potrebbe concretizzarsi.
Non dobbiamo poi vergognarci delle emozioni che proviamo. Destabilizzazione, tristezza, pensieri intrusivi sono stati d’animo comprensibili, e condivisi da tantissime persone. Per questo è importante parlarne con persone care: confrontarsi e ri-vedere il proprio vissuto nell’altro ci aiuta ad essere più compassionevoli verso noi stessi, e ci libera dalla conflittualità con cui viviamo il nostro bisogno inconscio di ritrovare un frammento di normalità.
Riequilibrare il nostro panorama interiore può trasformare in energia ed azioni la nostra inquietudine. Svolgere attività di volontariato e donazioni ai civili colpiti dalla guerra è un antidoto efficacissimo al velenoso senso di impotenza a cui, in situazioni del genere, è difficile sottrarsi.
Quando le cose non mi divertono, mi ammalo (H.B.)
Seguici anche su Google Edicola »