Cosa vuol dire soffrire di picacismo?

Il picacismo

picacismoNon si tratta di una malattia da Pokemon (si, l'ho pensato) quanto di un curioso disturbo del comportamento alimentare che deriva dal latino pica pica (gazza). L’animale ha infatti l' abitudine di mangiare sostanze insolite.

Gesso, tabacco, terra, colla, bicarbonato, ghiaccio, sapone. Anche detto allotriofagia, consiste nell’irrefrenabile desiderio da parte della persona di mangiare o leccare materiali nocivi per l’organismo, normalmente non considerati nutritivi.

Un disturbo diffuso

gazza

L'elemento curioso è che tale disturbo non è riconducibile ad un unico stile di vita ma presente in diversi paesi eculture. Risulta più comune fra i bambini, con un 32% compreso tra uno e sei anni, ma esistono anche casi fra gli adulti. 

 

È stato notato come sia un problema che a volte accomuna le donne incinta, che affermano di avvertire una maggior freschezza nell’organismo ( cosa, chiaramente, legata ad una percezione personale).

Tuttavia non esiste una prevenzione specifica, anche se i medici suggeriscono che una corretta alimentazione portata avanti fin da piccoli può certamente evitare l'insorgere di questo tipo di problemi.

Esiste una cura per il picacismo?

picacismo-2Il trattamento è di solito psicosociale, ambientale e familiare, portato avanti da una squadra di medici e psicologi, i quali valuteranno la reale presenza di questa sindrome e la necessità di assumere farmaci e integratori alimentari a causa delle conseguenze che ne possono derivare: problemi digestivi, denutrizione, obesità.

La terapia deve essere portata a termine da parte di psicologi che si incarichino di orientare il paziente verso il consumo di alimenti realmente commestibili.

 Il primo passo per risolvere il problema consiste nel cercare di capire le motivazioni che stanno alla base: a volte, si tratta di comportamenti ossessivamente ripetitivi.

La persona può non essere cosciente di aver acquisito una cattiva abitudine. Pertanto, il primo passo è sempre la consapevolezza. Nei casi più gravi, si possono fare corsi specifici in cui il paziente venga aiutato a distinguere tra ciò che è commestibile e ciò che non lo è.

Infine, come ultima spiaggia, si possono usare apparecchi di autoprotezione che impediscano al paziente di portarsi alla bocca determinati oggetti pericolosi.

Avete il dubbio che voi o qualcuno di vostra conoscenza possa soffrirne? È il momento giusto per consultare uno specialista.

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di Irene Caltabiano

 

 

 

 

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