Cos'è lo smart speaker, il robot intelligente ma un po' impiccione
Sempre più smart
Se a noi ragazzi degli anni '80 robe come Super Vicki, KITT di SuperCar o Hal 9000 ci sembravano iper-tecnologiche, beccatevi questa.
Il futuro è già qui. Ed è anche piuttosto invasivo. Non bastava lo smart-phone, la smart-box, la smart community. La sensazione, a volte, è che la diffusione della parola smart sia direttamente proporzionale alla riduzione delle nostre capacità pratiche e al dilagare della nostra pigrizia.
Ebbene, l’oggetto smart dell’anno 2018 è lo smart speaker. Il fantomatico aggeggio è stato portato alla consacrazione nel Natale 2017 e sembra essere l’accessorio di consumo più in crescita.
Cos’è?
Dispositivi piatti, cubici, sferici o cilindrici, in tutte le forme e per tutte le stagioni, qual è la loro funzione? Quella principale, l’assistenza all’utente nelle mansioni quotidiane.
L’intelligenza artificiale al suo interno infatti permette di recepire, analizzare e tradurre in bytes un comando vocale dell’utente, agendo di conseguenza.
Grazie a questo piccolo segretario robotico si potranno impostare appuntamenti sul calendario, fare chiamate, acquisti online, cercare definizioni su Internet o mail sulla posta elettronica.
Il nuovo diamante della Silicon Valley
Amazon, seguendo il motto get big fast ha battuto sul tempo i colleghi della valle californiana. Echo, il primo smart speaker è stato presentato dalla compagnia di Jeff Bezos nel 2015. Sundar Pichai è arrivato per secondo con Google Home che, al momento, è meno concorrenziale a livello di prezzo (i tre modelli Amazon vanno da 29, 99 a 149, 99 dollari e i tre Google Home da 29 a 399 dollari).
Apple, con il suo Homepod, arriva in terza posizione sul podio, posizionandosi su una fascia di prezzo alta (350 dollari). A seguire tutti i simili del mercato asiatico che sicuramente daranno presto del filo da torcere.
I “cervelli” del dispositivo saranno Alexa per Amazon, Google Assistant per Big G e la celebre Siri per Apple. Attorno al nucleo possono ruotare un mondo di applicazioni e servizi.
Amazon ad esempio continuerà a puntare su funzionalità legate all’e-commerce, mantenendo alta la connessione con l’utente.
Per Google invece il valore ruoterà attorno a prestazioni che semplifichino la vita e consentano la raccolta di dati utili per elaborare al meglio il profilo degli utenti, interagendo con i diversi device presenti in casa ed estrapolando informazioni sulle persone che lo utilizzano.
Per quanto riguarda Apple invece vince a mani basse su qualità del suono e sensibilità del dispositivo; il device si imposterà automaticamente per far arrivare forte e chiaro il suono in qualsiasi angolo della stanza lo speaker si trovi.
I rischi
Ok, fino ad ora tutto super figo, il luna park della domotica.
Ma ci sono ancora alcune cosette da migliorare. Ad esempio, essere sicuri che il dispositivo si accenda esclusivamente con la voce del proprietario, senza confonderla con quella del presentatore di un programma o di una pubblicità.
Le piccoli disfunzioni hanno già portato ad episodi tragicomici. Pare infatti che, con la tv accesa, quando diversi anchorman o commentatori hanno pronunciato la parola d’avvio degli speaker, ciò abbia provocato l’accensione immediata di miliardi di devices.
Oppure è capitato che un Homepod confuso abbia fatto acquisti inconsapevoli, scambiando la voce di una pubblicità per un ordine del suo proprietario. Ci sono persino i furbetti come quelli di Burger King che hanno sfruttato la funzione a proprio vantaggio: al suono del messaggio pubblicitario Connected whopper si attivavano tutti gli Amazon Echo a scopi pubblicitari.
La storia migliore riguarda però Oliver Haberstroh, tedesco che, tornato nel suo appartamento nei pressi di Amburgo dopouna vacanza, ha scoperto che la chiave non apriva più la serratura della porta.
Il suo Amazon Echo, attivato dall’altoparlante Alexa, aveva iniziato a suonare musica all’1 e 50 del mattino. Il volume era così alto che i vicini avevano chiamato la polizia; con grande stupore, gli agenti avevano scoperto che il colpevole altro non era che l'aggeggio elettronico.
Infine c’è anche la possibilità, remota seppur presente, che un hacker possa intercettare o assumere il controllo di uno smart speaker, nonostante richieda l’accesso fisico al dispositivo, almeno due ore di tempo a disposizione e conoscenza sui sistemi Linux superiori alla media.
Ma attenzione. Da grandi comodità derivano grandi…ficcanasate. Quindi, se certamente lo smart speaker renderà la nostra quotidianità ancora più agevole, il prezzo sarà una sempre maggior consegna delle nostre vite ai grandi colossi.