Covid19: perché informarsi su FB fa male alla salute (mentale)
“Hai fatto il vaccino? Ma lo sai cosa c’è dentro? Altro che Covid, si rischiano un sacco di malattie gravi, e per giunta ci controlleranno con il 5G”
Molti di noi, almeno una volta da quando si è cominciato a parlare di vaccini, si saranno sorbiti un sermone complottista di questo tipo da amici, conoscenti o colleghi. E l’inconsistenza dell’ipotizzata equazione vaccino = grafene = 5G = controllo & morte è facilmente desumibile anche dalla risposta alla domanda: ah sì? E chi lo dice?. “Eh io mi informo, cara mia! L’ho letto su Facebook: il cugino del cognato di mio fratello ha pubblicato un post su una ricerca inglese”.
Basta “grattare” lievemente la superficie di questa notizia per convincersi che non è niente di più e di diverso da una fake news,. Se proviamo a chiedere al sedicente cittadino informato chi abbia svolto esattamente lo studio, probabilmente cominceremo a sentirlo balbettare, fino, magari a pronunciare a mezza voce nomi di città universitarie di dubbia esistenza. Per tacere del misto di imbarazzo e panico che lo pervaderebbe qualora tentassimo di saperne di più sulla metodologia con cui lo studio è stato condotto.
La ricerca in questione risale al 2018 ed ha analizzato le possibili applicazioni del grafene nell’ambito biomedico e delle neuroscienze. Tuttavia, gli stessi autori hanno evidenziato non solo gli elementi di criticità dello studio (l’impiego di un UNICO campione del materiale, di cui peraltro non è nota l’origine), ma anche il fatto che da questo non fosse stato possibile trarre considerazioni conclusive.
Ultimo ma certamente NON meno importante, non c’è alcuna prova scientifica che i vaccini contengano grafene.
Effetti collaterali & sperimentazione: impossibile avere botte piena e moglie ubriaca
I novax ricorrono ad altri due cavalli di battaglia per accelerare la galoppata complottista via social. Le gravi/mortali conseguenze (taciute) dell’inoculazione dei sieri anti-Covid19, ed il mancato passaggio attraverso un testing rigoroso. Di nuovo, la parola d’ordine è: condividere a man bassa i contenuti offerti (in gran quantità) da Facebook (su un piatto d’argento). L’algoritmo del social, infatti, propone massivamente post simili a quelli che abbiamo già dimostrato di apprezzare con like e commenti.
Arresti cardiaci, trombosi, decessi…ogni vita persa o irreparabilmente compromessa provoca a cascata un dramma nella rete relazionale in cui è inserita. E neanche società ed opinione pubblica possono gioirne, ma bisogna ricordare che ogni farmaco, ogni intervento a carattere medico è – in potenza – rischioso per il corpo umano. Perfino una banale appendicite esplosa ed operata nel giro di una settimana, perché potrebbe, nel frattempo, essere degenerata in setticemia. O perché la persona sotto ai ferri subisce uno shock anafilattico a seguito della somministrazione dell’anestetico. Perfino un parto può prendere una piega amara e crudele.
Per quanto possa angosciarci e destabilizzarci, dobbiamo accettare che la scienza NON è come la matematica. Non può garantirci che due più due faccia quattro sempre e comunque, in quanto entrano in gioco innumerevoli variabili che, essendo eterogenee, risultano impossibili da prevedere e controllare in toto. Ma questo, ovviamente, non impedisce a milioni di persone ogni giorno di mettere al mondo un figlio, di sottoporsi ad un’operazione di appendicite, o di assumere farmaci. Eppure, se dovessimo farci indirizzare dagli effetti avversi riportati nel foglietto illustrativo di uno qualunque di questi (antipiretici, cortisone, anticoncezionali, anticoagulanti…), non dovremmo assumere nulla. Andando incontro a scenari di varia gravità e talvolta mortali.
Si tratta, insomma, di scegliere di volta in volta quello che reputiamo essere meno dannoso per noi, e contemplare un pizzico di fatalismo.
Ogni giorno siamo chiamati a valutare in tempi stretti il rapporto costi/benefici delle nostre scelte, e non solo. Tenendo sempre a mente che l’umanità non è stata ancora dotata dell’agognata sfera di cristallo che prevede il futuro.
Cinismo? No, semplice realismo con un pizzico di disincanto. Che vale anche quando si levano gli scudi dei novax sul tema della mancata (e adeguata) sperimentazione dei vaccini. E via con i confronti con i virus che hanno falcidiato l’umanità in passato.
La domanda, a questo punto, sorge spontanea: anche ammettendo che il vaccino non serva a nulla, anzi che faccia più male che bene, quali alternative mediche possiamo utilizzare contro il Covid19?. Perché ovviamente NON possiamo pensare di cavarcela con un’alzata di spalle. Lockdown e zone rosse a oltranza hanno avuto effetti devastanti non solo sull’economia, ma anche sulla tenuta psicologica, relazionale e formativa della collettività. Ne hanno fatto le spese NON solo le attività rivolte al pubblico, ma anche anziani, disabili, persone con fragilità emotive, adolescenti e bambini.
Difendere il dubbio brandendo certezze (di sabbia)
Gli ultras novax dimostrano un curioso paradosso. Si oppongono al dilagare della cieca fede nella scienza, ma lo fanno propugnando con la graniticità di un dogma tesi provenienti da oscure/inconsistenti fonti. Quando invece, per spirito di coerenza, dovrebbero praticare il (sacrosanto) diritto ad una quota fisiologica di dubbio, e riconoscere questa facoltà anche a chi si è vaccinato ed ha un’opinione opposta alla loro.
Coltivare il sano scetticismo significherebbe infatti liberarsi dall’illusione che il SOLO vaccino impedisca di contagiarsi sconfiggendo definitivamente il virus.
Coltivare il sano scetticismo significherebbe mettere in conto che, pur essendo sani, non si possono escludere totalmente effetti collaterali. Ma non per questo rinunciare ad un farmaco che certamente ha ridotto l’ospedalizzazione ed il ricorso alle terapie intensive.
Coltivare il sano scetticismo significherebbe, non spacciare per oro colato la visione complottista, anche in considerazione del boom di ricoveri dei non vaccinati.
Coltivare il sano scetticismo significa tenere insieme l’utilità del vaccino, delle mascherine, dell’igienizzazione frequente delle mani, e l’importanza di fornire cure domiciliari ai pazienti Covid19.
I social operano invece in direzione opposta. Soffiando sul fuoco della polarizzazione delle visioni, che, a cascata, determina un incremento di hater (virtuali e non solo), e la rottura turbolenta perfino di legami reali preesistenti a Facebook & Co.
Quando le cose non mi divertono, mi ammalo (H.B.)
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