Creare i veri lavori 2.0? Uscite fuori dalla prigione dei ruoli
«L’autista è il lavoro più diffuso negli Stati Uniti d’America, poi ci sono i cuochi e i medici. Cosa succederà quando non guideremo, non cucineremo o nessuno ci curerá?»
Così inizia il Ted Talk ( brevi interventi di esperti su numerosi argomenti) di David Lee.
David costruisce robot. O, quantomeno, crea i software che danno loro vita, realizzando piattaforme lavorative sempre più elaborate. Insomma dovrebbe, banalmente, essere pro- tecnologia e intelligenza artificiale.
Ma come non esserlo? Non si tratta di scenari inquietanti o distopici, quanto piuttosto di essere lungimiranti e concreti. Non importa il tipo di lavoro: con il passare del tempo, tutti verremo in parte sostituiti dalle macchine.
La questione non è relativa solo ai lavori manuali. Anche per professionalità come quelli ricoperte in Silicon Valley o Wall Street saranno sempre più presenti algoritmi e apprendimento automatico.
I ruoli diventano etichette
Si tratta di riconoscere il cambiamento che si ha di fronte e accettarlo, cominciando a costruire nuove tipologie lavorative.
Prevenire un futuro senza lavoro significa creare una nuova generazione di professioni incentrate sull'immaginazione, che ci permetta di sbloccare talenti nascosti e passioni che portiamo con noi ogni giorno.
Peraltro si deve pensare che le macchine sono comunque frutto dell'intelligenza umana. David Lee dice a riguardo:
«Prima di tutto, penso sia importante capire che siamo stati noi a portare questo problema. E non solo perché siamo noi a costruire robot, ma anche se molti lavori sono scomparsi dalle fabbriche anni fa. Siamo ancorati alla mentalità di standardizzare e dequalificare».
«Definiamo ancora i lavori a seconda dei compiti e paghiamo le persone per le ore in cui hanno eseguito questi ultimi. Abbiamo creato brevi definizioni come cassiere, responsabile crediti o autista di taxi e poi chiesto alle persone di formare carriere attorno a questi compiti».
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Dunque per ostacolare tutto questo, si deve uscire dagli schemi e puntare sulle abilità. Per esempio i robot sono bravi nei lavori ripetitivi ma non avranno mai la stessa capacità risolutiva di fronte a problemi mai affrontati prima.
È nella natura di molte aziende e organizzazioni chiedere alle persone di andare a lavoro e fare sempre il loro compito, tutti i giorni, ogni giorno. Ma se il tuo lavoro lo facesse oggettivamente meglio un robot o le decisioni dell’Intelligenza artificiale fossero migliori, cosa dovresti fare?
L'esperimento
«Cominciamo a dare a loro i compiti più noiosi, più idioti. Sposta quella scatola, controlla quella relazione» dice David.
Uno dei punti più interessanti è quando Lee mette in evidenza quanto le persone si trasformino nei weekend e quanto spesso siano diverse rispetto alla settimana lavorativa. Magari coltivano hobbies impensabili, che arricchiscono la loro persona e gli fanno acquisire skills che potrebbero tornare utili anche in ufficio.
«Alcuni anni fa, lavoravo in una grande banca e cercavo di portare più innovazione nella cultura aziendale» afferma Lee. «Abbiamo inaugurato un periodo in cui ciascuno usciva fuori dal proprio ruolo lavorativo. Stavamo cercando di capire se il limite alle innovazioni dipendeva dalla mancanza di idee o di talento. Nessuna delle due».
Dall'esperimento è risultato come piuttosto fosse un problema di responsabilità, di variazione, di cambio di percorso. «I risultati del programma sono stati fantastici. Quando le persone non erano più limitate dai titoli del loro lavoro, si sono sentite libere di contribuire con abilità e talenti ai problemi che dovevano risolvere. Abbiamo visto informatici diventare designer, quelli del marketing diventare architetti e persone della finanza molto abili a scrivere battute».
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La chiave? Per quelle poche settimane tutti si sono messi in gioco con forza creativa e innovatrice. Hanno sognato soluzioni ai problemi ed è stata un'opportunità concreta per migliorare. E i sogni sono una parte importante di ciò che ci separa dalle macchine.
Si deve uscire dalla mentalità di dire alle persone cosa fare e cominciare a chiedere quali problemi vogliono riuscire a risolvere e che talenti vogliono portare al lavoro.
«Quando incoraggi le persone a dare di più, possono davvero stupirti riguardo a ciò che possono diventare».
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