Fail fast: accettare il fallimento è il più grande successo
10.05.2016 14:52
«Se vuoi avere successo devi proiettare costantemente un’immagine di successo».
Dopo la ripetuta visione di American beauty, uno dei miei film preferiti, la battuta ha continuato a girarmi in testa. Ho sempre riflettuto su quest' affermazione, chiedendomi se non fosse nient'altro la verità.
Stamattina Johannes Haushofers, professore di psicologia a Princeton, mi ha dato la risposta. Un po’ per gioco, un po’ per testare le reazioni di colleghi e studenti, ha scritto un curriculum dei propri fallimenti. Corsi ai quali non ha partecipato, cattedre che non ha ottenuto, premi che non ha vinto. Scrivere un resoconto della nostra formazione scolastica e professionale vuol dire mettere in evidenza esperienze significative, pregi, posizioni prestigiose occupate. Mai a mostrare una défaillance: potrebbe costarci caro.
Una stupidaggine quella di Haushofers, direte voi. Invece sembra che il pensiero che sta dietro all’azione vada al di là della semplice goliardia. La filosofia del fail fast infatti è la chiave del successo di molti big della Silicon valley. Il fallimento è una costante della vita, l’importante è non farsi abbattere e ripartire subito.
Walt Disney? Fu licenziato da un giornale per “ mancanza di immaginazione e buone idee”. J.K. Rowling? Prima di diventare la scrittrice più ricca del mondo era divorziata, disoccupata e con una figlia a carico. Lincoln? Perse le elezioni ben otto volte prima di diventare presidente degli Stati Uniti.
Le persone sono convinte che i fallimenti siano sinonimo di mancanze individuali e perciò si addossano la colpa, provando vergogna e disprezzo di sé. Il mondo si basa sulle probabilità ed è scientificamente provato che gli errori superano di gran lunga i successi. Anzi , sbagliare è necessario perchè aiuta ad apprendere più in fretta.
D’altronde, anche Il viaggio dell’eroe di Cristoper Vaugler, bibbia di psicologi, sceneggiatori e scrittori, prevede una serie di fasi pericolose per giungere alla realizzazione dell’io. È proprio la discesa negli inferi che svela il percorso verso il tesoro.
Tutti noi siamo sempre stati affascinati dal pathos, da chi, dopo tante difficoltà, giunge al traguardo. Haushofers lo dimostra: «Questa versione del curriculum, piena di fallimenti, ha ricevuto molta più attenzione del mio lavoro accademico di una vita».
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