Gaslighting: perché devi allontanare chi ti sminuisce sistematicamente
“Non ho mai detto questo. Ricordi male. O forse mi hai frainteso”
È capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di sentirsi rispondere così, o pronunciare parole simili, che di per sé non hanno nulla di negativo o minaccioso. La comunicazione implica di default l’eventualità di malintesi determinati dalle cause più disparate: confusione del piano letterale con quello metaforico, proiezione di propri schemi mentali o paure sull’interlocutore. Si tratta quindi di un incidente fisiologico nelle relazioni interpersonali.
Si scivola però sul piano della patologia, della disfunzionalità nella comunicazione, quando questo tipo di frasi entrano a far parte della routine (pur con qualche piccola variazione), e spingono chi le riceve (o meglio, subisce) a mettere in discussione totalmente la propria persona. E se stessi esagerando? Forse a furia di immaginare cose che non esistono sto diventando pazza…La verità è che non valgo niente.
Questi rimuginii impregnati di autosabotaggio e senso di colpa hanno un nome: gaslighting (letteralmente: luci a gas); il termine indica la deliberata e sistematica manipolazione nel racconto dei propri e degli altrui comportamenti con il fine di minare e sgretolare la fiducia che l’interlocutore/interlocutrice ripone in se stesso/a. Si tratta quindi di un abuso a tutti gli effetti, una forma di violenza psicologica.
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Tradurre letteralmente gaslighting non avrebbe reso efficacemente il concetto retrostante, perché il termine inglese è stato mutuato dal titolo di un’opera teatrale di Patrick Hamilton (Gas light, 1938) che aveva per protagonista una coppia in cui la componente femminile era letteralmente sull’orlo del crollo nervoso. Il marito, infatti, alterava sistematicamente piccoli dettagli domestici (ad esempio, abbassava le luci a gas) per destabilizzarla, insinuando in lei il dubbio di essere stata risucchiata nel gorgo della follia. La storia è stata poi ripresa con grande successo dal film di Alfred Hitchcock Rebecca la prima moglie (1940) e dalla pellicola di George Cukor Angoscia (1944).
Perché non è semplice riconoscere il gaslighter?
Perché generalmente si tratta una persona molto vicina a chi subisce manipolazione; a fare gaslighting può essere un genitore ansiogeno, ipercritico e controllante, un sedicente amico…o il partner. Così, in virtù del legame affettivo, della consuetudine anche domestica, e/o del disfunzionale senso di gratitudine che il gaslighter instilla nella vittima ("se non ci fossi io, nessuno ti vorrebbe: non sei niente di che"), quest’ultima ha bisogno di tempo per prendere coscienza delle dinamiche in cui è coinvolta. E anche quando lo fa, non è detto che trovi la determinazione per affrancarsi dal rapporto vampirizzante.
Talvolta può capitare che chi subisce manipolazione emotiva carichi su di se la responsabilità di raddrizzare il rapporto, tentando di convincersi che, facendo tutto il possibile per comunicare in maniera ottimale, i problemi si risolveranno. In questo modo, invece, entrerà solo in un vicolo cieco che allontanerà ulteriormente la fine di un rapporto dannoso. Anche perché il gaslighter non ha ALCUNA intenzione di risolvere i problemi di comunicazione, né di rendere il dialogo fluido, in quanto è consapevole che l’unica forma di potere a sua disposizione sta proprio nella costante distorsione della realtà.
Lo scenario più probabile, a questo punto, sarà, per un crudele paradosso, il rinsaldarsi del rapporto con il gaslighter. Questo potrebbe addirittura essere idealizzato, perché considerato alla stregua di un magnanimo salvatore che ha strappato la vittima al suo destino di mediocrità e solitudine, mentre invece la sta consegnando nelle braccia della depressione…
Per sganciarci da una dinamica manipolatoria è fondamentale preservare il contatto con figure affettivamente significative, di cui sappiamo di poterci fidare anche – anzi soprattutto – quando hanno qualcosa di spiacevole da far notare. Ad esempio, che un genitore, il compagno o un altro amico, con il suo comportamento perennemente denigratorio e svalutante ci sta privando di energie vitali, allontanandoci dalle nostre passioni, e riducendo drasticamente il nostro raggio d’azione, le cose che sappiamo e vogliamo fare, e quelle nuove con cui ci piacerebbe misurarci.
Quando il nostro istinto è anestetizzato da un (fin troppo) astuto gaslighting, l’obiettività anche ruvida di chi ci è sempre stato accanto può essere provvidenziale, e aiutarci a ritrovare la strada di ciò che siamo.
Quando le cose non mi divertono, mi ammalo (H.B.)
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