Gli animali non sono cose! Cosa dice la legge in caso di separazione
A chi vanno gli animali in caso di separazione? E se la coppia non è sposata?
Cani, gatti & co. non sono cose, per quanto scontata possa apparire tale affermazione. Quando due coniugi divorziano o si separano, a farne le spese non sono solo i figli, ma anche gli animaletti di casa. E se la coppia non è sposata la questione si fa davvero complicata.
A stabilire che gli animali non sono cose ma esseri senzienti non sono solo opinione pubblica, associazioni animaliste o una certa morale. La nona sezione Civile del Tribunale di Milano stabilisce, con il decreto 13 marzo 2013, che i quattro zampe non possono assolutamente essere inseriti nel novero degli "oggetti" in caso di separazione dei coniugi. Vanno dunque protetti e gestiti dalla legge.
Il cane? È come un figlio
Quasi una famiglia su due in Italia vive con un animale domestico. Nella vita quotidiana vi sono casi di separazione fra coniugi, nei quali cani, gatti ed altri animali diventano oggetto di contesa e il quadro normativo è attualmente carente.
È raro immaginare che a trascinare i coniugi in tribunale siano proprio i cuccioli di famiglia. Importante, per capire come muoversi, è sapere che il microchip, anche se intestato al maito o alla moglie, non determina in senso assoluto la proprietà dell’animale.
Il cane non è un bene mobile registrato e pertanto non significa che l'animale abbia necessariamente sviluppato una relazione affettiva con l'intestatario ufficiale.
In più va evidenziato che l’anagrafe canina o felina non dispone alcun controllo sulla veridicità di quanto affermato dal richiedente. Di solito ci si presenta dal veterinario autorizzato, si applica il microchip e questo determina l’immediata intestazione. La ratio del microchip è poter risalire all’identità del padrone che però, vivendo all'interno di un nucleo familiare, va inteso in senso ampio.
Se a separarsi sono due persone legate da matrimonio o unioni civili, allora l’affidamento dell’animale domestico viene regolato o con affido congiunto e con equa divisione delle spese. L'alternativa è la possibilità di uno degli ex coniugi di tenere l’animale prendendosi carico delle cure ordinarie. L'altro può comunque vederlo in modo stabilito tramite accordo tra le parti, partecipando alle spese straordinarie.
E se la coppia non è sposata?
Se però a separarsi sono due persone non unite da matrimonio la questione si fa più intricata. Se non si è provveduto prima a sottoscrivere accordi in tal senso, è facile finire di fronte al giudice. Spesso spetta a lui valutare se, a prescindere dall'intestatario del microchip, l’animale di casa possa essere affidato ad entrambe le parti o solo ad una.
Qualora non ci fossero possibilità di accordo, la persona non intestataria del microchip può dimostrare in vari modi di aver stabilito un legame affettivo duraturo nel tempo con l’animale. Fatto ciò il giudice può allora decidere un affido congiunto, o comunque la possibilità per il padrone di vederlo una o due volte alla settimana o per più periodi nel corso dell’anno.
Non importa che il microcihp sia intestato a uno dei due soltanto. Ciò che conta, così come per i figli, è l’interesse primario dell’animale, non il certificato di proprietà.
di Grazia Manna
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