Grazie Barbie, la "life in plastic" ci ha emancipate

Il prodotto di maggior fama della Mattel è molto più che una bambola. È la nostra infanzia, le interminabili ore passate a pettinarla, rivestirla, trascinarla ovunque . Il giocattolo americano dai lunghi capelli biondi e dal sorriso perenne ha ormai sviluppato il suo brand in tutte le direzioni. L’unico prodotto che mancava era un film che svelasse come e perché è nata una delle “donne”  più celebri del globo.
 
Barbie, nonostante l’aria algida e snob, prende vita in un garage. Lo stesso dove Elliot Handler e il suo amico Harold Mattson fondarono la Mattel, società destinata a diventare un colosso del mondo dei giocattoli. Non tutti sanno infatti che il nome dell’azienda deriva proprio dalla fusione di Mattson e Elliot. 
 
La bambola è “figlia” del fidanzamento di Handler con  Ruth Mosko, giovane studentessa che, appena finito il liceo, si trasferì a Los Angeles. La ragazza viene colpita dal fatto che sua figlia Barbara ( da qui Barbie) preferisca giocare con immagini di attrici ritagliate da riviste, piuttosto che con i classici svaghi femminili. Prima dell’invenzione della “fidanzatina d’America”, le bambole avevano infatti un corpo da bambina, così che le piccole potessero fare da mamme a loro volta.  Ruth comincia a immaginare  un giocattolo con corpo di donna adulta, che consenta alle giovani menti  di aspirare a qualcosa di più  dello stare tutto il giorno a accudire  pargoli e preparare pappe.
 
Nel 1956 , durante un viaggio in Svizzera, la signora Handler vede in un negozio la bambola Bild Lilli, tratta da un personaggio dei fumetti. Il giocattolo era molto simile a ciò che l’inventrice aveva immaginato. Così ne compra alcune copie e le porta in America, con l’intenzione di rielaborare il prototipo europeo e metterlo in produzione. Il 9 marzo del 1959 viene attaccato ufficialmente il fiocco rosa per la bellezza in plastica. Solo nel primo anno di vita vengono venduti 351.000 esemplari al prezzo di tre dollari ciascuna. Dopo la prima versione con costume da bagno a righe, l’intero guardaroba viene ispirato al look delle star.
 
Pochi sanno dunque che l’epiteto spesso affibbiato a donne tutta bellezza e niente cervello abbia in realtà origini opposte a tale etichetta. Barbie ha infatti scatenato la fantasia di tutte noi, che anche grazie a lei e alla sua evoluzione, abbiamo cominciato a sognare di diventare dottoresse, ballerine, esploratrici. LaSony ha dunque scelto di dedicarle una commedia live action, i cui dettagli in verità rimangono ancora piuttosto oscuri. Verrà inoltre realizzato un secondo film, prodotto da Reese Whiterspoon, che avrebbe di recente acquisito i diritti del libro di Robin Gerber Barbie And Ruth: The Story Of The World’s Most Famous Doll And The Woman Who Created Her. Ancora ignote le date d’uscita.
 
Ragazze ingoiamo il rospo (anche quelle fra di noi più invidiose del dorato capello). Da oggi dovremmo insultare le antipatiche stronzette chiamandole Winx o Bratz.
 
 
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