La “cookie law”, una scomoda sconosciuta
01.07.2015 12:28
Smanettare sul pc a volte rilassa. Fare "zapping" da un sito all'altro in cerca di notizie interessanti può essere un'attività piacevole. Poco importa se a pubblicare articoli è la “housewife” più disperata oppure la quarantenne intenta a percorrere il cammino di Santiago in cerca della propria identità, la cosa essenziale è leggere subito ciò che ci incuriosisce. Il fatto è che negli ultimi giorni la ormai celebre legge sui cookies è diventata un'ossessione ricorrente per coloro che scrivono sui blog e hanno solo qualche idea vaga di internet e web.
Il cookie è un piccolo file che permette ai siti di svolgere diverse funzioni. Ci sono i cookies tecnici strettamente necessari all'erogazione del servizio e i cookies di profilazione che memorizzano e salvano le preferenze e alcune abitudini di chi si collega, in modo da avere una profilazione utile per realizzare campagne pubblicitarie estremamente personalizzate. I manager americani la chiamano "pubblicità comportamentale" e sono stati i primi a scagliarsi contro questa legge.
In Italia la norma di riferimento è l'art. 122 del codice della privacy, recepito da una direttiva comunitaria in vigore dal 2 giugno 2015. Secondo tale articolo è necessario che l'utente sia informato e presti esplicitamente il consenso prima che i dati vengano salvati.
Per adeguarsi al provvedimento è necessario inserire un banner informativo, possibilmente grande e ben visibile, non appena si accede a una qualsiasi pagina del sito, con la possibilità di cliccare su un link per visionare la descrizione dettagliata ed analitica delle caratteristiche e delle finalità dei cookies trasmessi.
Il tutto per non rischiare multe che oscillano tra i 6000 e i 120.000 euro.
La decisione dell'Unione Europea sta facendo molto discutere il resto del mondo e in America è stata ribattezzata "no cookie law" perché tacciata di essere contro l'innovazione e anti-business. Tra l'altro, essendo valida sono nei paesi UE, una piattaforma extra-comunitaria dovrebbe bloccare i propri cookies e implementare l'informativa mentre chiunque visiti un sito non europeo, magari per prenotare un albergo in Giappone, dovrebbe vedersi apparire il banner come previsto in Italia. Sembrerebbe una normativa dai buoni intenti ma troppo contorta perchè coinvolge milioni di siti, stressa il sistema, scoraggia i lavoratori del web e confonde i consumatori. Per alcuni sono operazioni così complicate, soprattutto se legislazione e informatica non sono le materie preferite, da decidere di chiudere tutto e trascorrere il tempo a passeggiare.