La forza gentile di fiori e farfalle contro gli abusi domestici
Una cicatrice smette di essere qualcosa da nascondere quando si smaterializza la vergogna e il senso di colpa a cui è associata. Il vero e proprio paradosso si innesca quando la ferita ha una causa esterna (ad esempio una violenza subita), e chi la porta addosso si sente indelebilmente marchiato. Il bisogno di riscatto e rinascita diventa spesso insopprimibile, eppure non sempre si ha la fortuna di incontrare chi riesce a canalizzare e dare espressione a tutto questo.
Quando da un dramma nasce una meraviglia
In Russia si è compiuto un piccolo prodigio: Yevgeniya Zakhar, giovane tattoo artist, ha deciso di mettersi a disposizione delle donne che hanno subito violenza domestica. Così, realizza gratuitamente tatuaggi in grado di coprire le cicatrici provocate dagli abusi. L’inchiostro che compone fiori e farfalle rappresenta il tentativo di dare nuovo senso e significato alla lacerante esperienza, aiutando le vittime a esorcizzare il dolore vissuto, e prepararsi a voltare pagina.
«Quando ho saputo che in Brasile questo servizio veniva messo a disposizione gratuitamente, è stato naturale, per me, pensare di portarlo in Russia». Così Yevgeniya Zakhar. L’annuncio ha visto un’adesione massiccia e istantanea. In un anno la tatuatrice ha realizzato circa mille tatuaggi; inizialmente riceveva nel suo laboratorio di Ufa quattro donne al giorno, poi ha dovuto abbassare il ritmo di lavoro in quanto la pressione psicologica iniziava a farsi sentire.
«Ho capito che assorbivo come una spugna i sentimenti di cui mi parlavano. Frustrazione, disperazione, solitudine. Ciononostante, l’aspetto positivo è che, realizzando un tatuaggio in corrispondenza dei segni di violenza, si rafforza l’autostima. Io rappresento l’ultima persona con cui devono condividere il fardello di quell’esperienza. In seguito hanno ‘solo’ un bel disegno sulla pelle da sfoggiare».
Le donne per cui Yevgeniya Zakhar ha lavorato lo testimoniano: l’umiliazione per le domande subite, la ritrosia a raccontare cosa c’era dietro quelle cicatrici, ha lasciato il posto a un ritrovato senso di orgoglio, a una nuova percezione di sé, contribuendo, quasi naturalmente, a far posto a un approccio più fiducioso e combattivo verso il futuro.
La “legge dello schiaffo”: un ceffone a donne e bambini
Gioire, in Russia, è comunque praticamente impossibile. La Duma ha infatti varato una norma che depenalizza le violenze domestiche episodiche e senza lesioni, equiparate a un illecito amministrativo. Così, i responsabili se la caveranno con una multa compresa tra 5mila e trentamila rubli, l’eventuale arresto da 10 a 15 giorni, e fino a 120 ore di servizio civile. Il reato sarà punibile con due anni di carcere solo nel caso di reiterazione, o qualora la motivazione sia riconducibile a odio o teppismo. Tra i promotori della legge, la parlamentare cristiano ortodossa Yelena Mizulin che già si era occupata di una legge contro i gay.
La “legge dello schiaffo” rappresenta un macroscopico salto indietro nel tempo, in quanto la violenza domestica torna nell’ambito delle azioni giudiziarie private, per cui l’onere di raccolta delle prove spetta alla vittima.
«La famiglia è un ambiente caratterizzato da un equilibrio fragile e vulnerabile. Meglio, quindi, che i problemi al suo interno vengano risolti senza troppo clamore». Queste le incredibili dichiarazioni di Maria Mamikonian, a capo di un movimento di genitori che ha sostenuto la nuova legge.
Impietosi, i numeri che descrivono la situazione in Russia: il 40% dei crimini violenti si svolge in casa e, secondo stime risalenti al 2015, una donna su cinque ha subito abusi; appena il 12% di loro, però, chiede aiuto alla polizia. In 40 al giorno e in 14mila l’anno vengono assassinate da mariti o compagni.
Ce n’è abbastanza per parlare di un vero e proprio capovolgimento culturale, per fortuna però, anche all’interno della società russa, non mancano le voci fuori dal coro. «Subire botte in famiglia non è un modo per rispettare la tradizione: significa, al contrario, essere vittima di un crimine». A parlare è Irina Matvienko, presidente del Centro Anna, la sola linea telefonica russa impegnata nella lotta alle violenze domestiche.
Il sovvertimento dell’immaginario, quindi, è affidato a una tatuatrice, e ai suoi fiori e farfalle...
Quando le cose non mi divertono, mi ammalo (H.B.)
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