La linea d’ombra tra recupero crediti legittimo e molestie al consumatore
Per le persone perbene avere un debito significa angoscia quotidiana
Notti insonni, sacrifici continui e speranze per il futuro praticamente azzerate. Il dramma si raddoppia se non si può pagare: l’altra faccia del senso del dovere e dell’onestà è vergogna mista a umiliazione, conseguenza inevitabile per chi è stato educato a onorare i propri impegni. L’ingresso nella vita del consumatore del recupero crediti può segnare un punto di non ritorno, perché il confine tra ciò che è possibile e ciò che non è possibile fare per riscuotere una somma di denaro è molto labile. E spesso viene superato – o cancellato – senza stare a pensarci.
Gli addetti al recupero crediti devono avere precisi requisiti, come il rilascio di un’apposita licenza dal Questore. Inoltre, nell’esercizio del loro compito, devono attenersi alla tabella emanata da quest’ultimo, come spiega Marco Recchi, vicepresidente di Konsumer Italia.
Quali sono le azioni consentite?
Chi viene incaricato di recuperare un credito può chiederne il pagamento, in modo informale ma educato, anche se i termini previsti non sono ancora scaduti. Il problema si manifesta nel caso in cui si agisca in maniera petulante e molesta.
Quali sono gli obblighi del debitore?
«Il dovere di chi contrae un'obbligazione è quello di adempierla e cercare di farlo nel tempo previsto dal contratto. Se non ci si riesce si subiscono ovviamente le richieste di colui che deve avere il denaro». Così Marco Recchi. «Il sistema capitalistico funziona in questo modo e, se non pago, qualora successivamente io venga citato in giudizio, pagherò sicuramente di più di quanto dovevo originariamente». Dunque eventuali ritardi determinano il sollecito anche estragiudiziale tramite terzi, che consente di saldare l’insoluto prima di un contenzioso giudiziario, e quindi pagando meno. «Il limite insomma, sta tra chi non può pagare e chi non vuol pagare ma anche tra chi non riesce a pagare e chi si».
A fare la differenza è il modus operandi del recupero crediti
Se ci si attiene alla tabella emessa dal Questore, «questa può essere una opportunità per il consumatore e non necessariamente qualcosa da temere». Il discorso cambia se si viene tempestati di telefonate (anche più di una al giorno) e/o in caso di richieste domiciliari, dopo che si è chiaramente fatto presente che al momento non si può pagare.
«Sono importanti sopratutto i toni e le parole usate dal recuperatore per configurare l'eventuale reato o l'eventuale minaccia (ad esempio non è un reato, se ci dicono che il creditore ci potrebbe fare causa e trascinare in tribunale con aumento dei costi a nostro carico o l'eventuale iscrizione in un sistema di informazione creditizia come CRIF). Non solo. C'è un codice deontologico per il recupero stragiudiziale, realizzato dall'associazione di categoria di queste società con alcune associazioni dei consumatori che indica anche quante telefonate si possono fare nell'arco di una settimana. Ma è una norma deontologica e non prevede una sanzione amministrativa in caso di violazione e non è vincolistica per tutte le aziende, lo è solo per quelle che hanno aderito al Forum Unirec/Consumatori».
Bisogna inoltre precisare una cosa che non tutti sanno: il recupero domiciliare non è vietato, quindi non si configura come reato il fatto che qualcuno bussi alla porta o si presenti sul posto di lavoro. Tuttavia, è certamente illecito un comportamento intimidatorio e/o finalizzato a violare lo spazio di casa.
Insomma, nel caso in cui si sia materialmente impossibilitati a saldare il debito, è bene mantenere la calma ed illustrare chiaramente la situazione al proprio interlocutore. In questo modo non si lascerà spazio all’equivoco e al malinteso. Contestualmente, è consigliabile verificare se, per chiudere la pendenza, si può ricorrere alla legge sul sovraindebitamento. In caso contrario non resta molto altro da fare che osservare con lucidità il modo in cui si pone l’addetto al recupero credito. Evitare di farsi dominare da emotività e suggestionabilità è l’unico modo per valutare criticamente se - e in che occasione - viene superata la linea di confine di cui abbiamo parlato, per poi affidarsi a un’associazione dei consumatori e veder tutelare i propri diritti.
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