La tristezza ha qualcosa di interessante da dire, a chi la sa ascoltare
Ci si può sentire vuoti pur vivendo una vita piena?
La tristezza è un sottofondo impalpabile ma inconfondibile, capace di insinuarsi tra le pieghe del quotidiano anche in assenza di (eclatanti) cause scatenanti. Spesso la percepisci come un fulmine a ciel sereno, e questo innesca rimugii, sensi di colpa e ansie da prestazione. Altre volte si materializza dopo una separazione, un lutto, o se ci sono problemi di salute o di lavoro.
Il confronto è per la tristezza come sale sulla ferita
Se chi ti circonda ostenta una vita edulcorata, senza ombre né zone grigie, in cui sembra essersi compiuta l’utopia di una felicità perfettamente incasellata, accettare e mettere a frutto un’inafferrabile malinconia diventa inconcepibile. Al contrario, sarai inconsciamente tentato di alzare bruscamente l’asticella delle aspettative, se non addirittura mettere in discussione e stravolgere le tue priorità. La conseguenza? Verrai investito da sensazioni tossiche come rabbia, frustrazione e vittimismo.
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dagli Ismi. Salutismo, efficientismo, presenzialismo 2.0 e ottimismo di plastica. Non insegui la perfezione? Sei un perdente, e meriti di essere messo in un angolo; i limiti insiti in questa visione distorta non tardano a manifestarsi. L’ossessione del successo, l’illusione di poter annientare ciò che ha a che fare con l’ombra, richiede un incredibile dispendio di energie, rende stressante la quotidianità…e allontana la felicità.
Ti sei mai chiesto perché l’umore improvvisamente si rabbuia, ti porta a guardare il “rovescio” delle cose e interrogarti sulla loro provvisorietà? Quasi certamente a parlare è quella parte di te che hai “parcheggiato”, che non metti in gioco da (troppo) tempo. La tristezza è come la bassa marea: in entrambi i casi qualcosa si ritira, facendo emergere ciò che era nascosto.
Accettare la malinconia, concederle spazio e tempo definiti per esprimersi, è utile a individuare le risorse interiori a cui devi dare voce. Hai bisogno di piangere o semplicemente ascoltare in loop una certa canzone? Dai a te stesso la possibilità di sfogarti per mezz’ora, un’ora, ma non crogiolarti in questo stato d’animo. Altrimenti, infatti, rischi di entrare in un circolo vizioso convincendoti che non ci sono margini di cambiamento/miglioramento, e preparando il terreno alla depressione.
Dare ascolto alla malinconia innesca un lavoro di introspezione che spesso ha risvolti creativi. Quante poesie, canzoni e opere d’arte sono nate da uno stato d’animo “nuvoloso”?
La tristezza è un amplificatore di profondità. Ti spinge a setacciare le cose con un’attenzione speciale, acuisce simultaneamente la capacità di interrogarti e di osservare. Insomma, ti rende più consapevole, meno esposto rispetto a luoghi comuni e tentativi di manipolazione. Concentrazione e intensità implicano maggiore cura e impegno in ciò che fai. Essere centrato su te stesso incanala spontaneamente le energie verso le cose che ti fanno stare bene, spazzando via il superfluo. Lo avresti mai detto? Accogliere la tristezza, sfruttarla come punto di (ri) partenza, irrobustisce l’autostima e ti rende più flessibile alle fluttuazioni degli eventi, qualcosa che pochi degli adepti dell’ottimismo di plastica sanno fare.
Quando le cose non mi divertono, mi ammalo (H.B.)
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