La vita comincia quando smetti di preoccuparti (troppo)
Quanto può essere snervante pensare di rinunciare a un viaggio?
In una scala da 1 a 10, certamente 15, se la decisione non ha a che fare né con salute, né con tracolli finanziari imprevisti e neppure con improcrastinabili impegni lavorativi.
Lo confesso: ci stavo per cascare anch’io. Solo pochi giorni fa ho rischiato di mandare all’aria il mio primo weekend a Barcellona e, per quanto possiate faticare a crederlo, non per follia manifesta. La mania del controllo, infatti, produce frutti avvelenati, se non la riconosci e decidi, con fatica, di provare a sottrarti al suo monopolio.
Ascolta i pareri altrui, “pesali”… e riservati di verificare con i tuoi occhi
Mesi fa, scorrendo la homepage di Facebook, si materializza davanti ai miei occhi il post pubblicato da un utente in uno dei gruppi di viaggiatori a cui sono iscritta. Al quesito “Barcellona è una città sicura?” erano seguite decine di risposte, in cui si alternavano rassicurazioni più o meno circostanziate, e racconti di episodi decisamente sgradevoli (truffe, scippi, tentate rapine).
La prima reazione che ho avuto è stata una sensazione fisica di panico mista a disorientamento. Come fare a capire quale versione, tra le due, fosse statisticamente più rilevante e quindi attendibile? Questo genere di dubbi può mandare letteralmente in tilt la facoltà di scelta di chi è ossessionato dal bisogno di controllare le cose.
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D’altra parte, la pretesa di pianificare tutto in dettaglio e con congruo anticipo è un vampiro che succhia energie e tempo, riducendo al lumicino la capacità di “stare sul pezzo”, vivere il presente, e perché no, godere del buono che questo può offrire.
Essere maniaci del controllo significa subire il fascino patologicamente ipnotico dei dettagli - spesso del tutto irrilevanti – e quindi perdere di vista l’insieme. Così, quando realizzi di non poter, materialmente, gestire ogni aspetto di un evento, la sola idea di dover fronteggiare incognite e incidenti di percorso ti paralizza, senti di non essere all’altezza … e per tagliare conto, arrivi a privarti del tutto dell’opportunità di vivere quella situazione.
Per quanto a uno sguardo esterno, e quindi non coinvolto, possa apparire illogico, finisci per identificare e sovrapporre il senso e il significato di qualunque cosa ti appresti a fare, con il bisogno di dimostrare a te stesso di essere capace di pianificarla in toto. Così, perfino viaggiare si trasforma in un’attività che ha valore non per il piacere che potrebbe regalarti, ma in quanto ennesima occasione utile a “esercitare” la tua abilità anticipatoria.
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Tornando al viaggio a Barcellona, se poi ho scelto di partire “nonostante tutto” è stato grazie al fatto che, ogni volta che cercavo risposte definitive alle mie angosce, il caso si ostinava a mettermi davanti il fattore incertezza.
Infatti, i pareri di amici e parenti che hanno vissuto in città o che l’hanno visitata hanno rispecchiato fedelmente la “spaccatura” delle opinioni degli utenti Facebook che tanto mi aveva sconcertata.
Insomma, nessuna soluzione in vista. O meglio, l’unica soluzione possibile era accettare l’imponderabile, e quindi fare i conti con la mia vulnerabilità di straniera che avrebbe visitato la città per la prima volta.
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Pensieri, questi, che in prima battuta non riuscivo neanche a formulare compiutamente. Specularmente, però, essere, in un certo senso, con le spalle al muro, e cioè costretta a sopportare che qualcosa non fosse in mio potere, per sfinimento mi ha portata a rilassarmi, a lasciar andare.
Così, il viaggio in Spagna mi ha regalato un sapore quasi completamente sconosciuto, quello della felicità che sgorga spontanea quando non hai niente da perdere a parte le tue nevrosi. Accettare la propria fragilità è incredibilmente liberatorio … e ti ringiovanisce di almeno dieci anni.
Quando le cose non mi divertono, mi ammalo (H.B.)
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