Le ultime cose: se il Monte dei Pegni potesse parlare…
Quanto conserva di noi ciò che abbiamo posseduto?
Che succede quando diamo via qualcosa che ci è appartenuto? E soprattutto, dove va a finire quel qualcosa? La risposta è: in un luogo che potrebbe essere tranquillamente un obitorio. Si tratta del Monte dei Pegni, all’interno del quale vengono impegnati oggetti con un qualche valore economico in cambio di somme di denaro. La speranza è poter un giorno riscattare l’oggetto dato via, ma ovviamente non sempre ci si riesce. Qualche giorno fa sono andata a vedere un film che parla di questo, s’intitola Le ultime cose. Il racconto è impietoso e gelido nella sua crudezza.
Torino
La storia intreccia più vite che attraversano per vari motivi il Monte dei Pegni, tra queste c’è quella di Stefano, giovane perito che viene assunto per fare pratica imparando ad attribuire un valore alle cose.
Il suo capo è Sergio, implacabilmente efficiente e metodico. Poco importa che nello svolgimento del suo lavoro si trovi a svalutare oggetti preziosi non solo in termini affettivi, ma anche e soprattutto a livello economico. Tra le esistenze in cui si imbattono, quella di una donna madre di due bimbe, che inizialmente sfugge piena di pudore dagli “avvoltoi” che vogliono rilevare il suo debito, famelicamente appostati fuori dall’edificio; poi c’è Sandra, trans che è tornata in città dopo una storia finita male.
Michele è un nonno costretto a indebitarsi per comprare l’apparecchio acustico al nipotino. Per saldare il debito deve entrare nel girone infernale degli “avvoltoi”. Il suo sguardo pieno di vergogna, paura e pudore dice più di mille parole.
Il Monte dei Pegni
E' un’istituzione che, al pari delle varie catene di Compro Oro, ha avuto un notevole incremento con l’inizio della crisi economica. Centinaia di persone ne affollano ogni giorno i corridoi, chi per impegnare qualche oggetto e poter pagare le bollette, chi per rinnovare il proprio debito non rassegnandosi all’idea di perdere ciò a cui è profondamente legato. Chi arriva qui è lacerato da un contrasto tra bisogno e dignità. Non vorrebbe piegarsi, ma è costretto a farlo perché davanti a sé non ha altra via d’uscita.
Luoghi come questo finiscono per raccogliere tanti piccoli e grandi drammi
Storie che spesso scorrono in silenzio per tutta la vita, ma possono anche sfociare in vere e proprie tragedie. Chi si fa carico di concentrati tali di dolore? Nessuno, eppure un welfare degno di questo nome dovrebbe offrire supporto, psicologico e materiale, alle vittime dell’indigenza. E per farlo, tagliare altre voci del bilancio pubblico assai opinabili, come quelle legate a vitalizi e pensioni d’oro, sarebbe cosa assai gradita. Perché uno Stato sociale passa anche (e soprattutto) attraverso questo. Perché in uno Stato sociale, in un momento critico, i sacrifici vanno fatti in rapporto alle proprie possibilità.
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